Gentili lettori, intanto volevo ringraziare la redazione di questa blogzine che, offrendomi la possibilità di dar voce al problema “scuola”, mi permette di aprire uno spiraglio sulla cappa di disinformazione che la opprime; ringrazio chiunque avrà la bontà di soffermarsi a leggere i miei brevi spaccati di vita, interviste, denunce, le quali, benché spesso autobiografiche, vi riguardano molto più di quanto crediate.
Già guardando le categorie di questa blogzine, trovo difficile trovare un collocazione per l’argomento Scuola. Ma che cos’è la Scuola?
La scuola è scienza, società, cultura, attualità; ma è anche un problema generale. Quello su cui vorrei soffermarmi oggi è che la scuola sta diventando sempre più spettacolo!
Uno spettacolo particolare che ha due tipi di spettatori: il pubblico di nicchia -amante dei palcoscenici- e quello di massa.
In quello d’elite gli attori siamo noi, i precari della scuola, che dai nostri “palcoscenici improvvisati” (tetti, provveditorati, strade, piazze) raccontiamo ogni giorno la realtà della scuola.
Parliamo della scuola vera, quella che noi conosciamo, perché la facciamo e la viviamo; quella che anche voi conoscete, perché frequentata dai vostri figli, o da voi stessi fino a qualche anno fa.
Questa è una scuola fatiscente, senza carta igienica e saponi, in cui ci sono poche risorse e, tra queste, gli insegnanti e la loro voglia di fare.
E’ una scuola che necessita di essere cambiata, ma non mutilata o stravolta. Una scuola in cui l’insegnante lavora di mattina e spesso anche di pomeriggio (per riunioni e progetti), e quasi sempre a casa, per preparare le lezioni e correggere i compiti. Ben diverso da come raccontano: mezza giornata e nove mesi l’anno. In verità sono dieci di lavoro effettivo, uno di ferie e, a differenza di moltissimi lavori soprattutto statali, c’è riconosciuta una mensilità in meno! L’insegnante è un impiegato di quarto livello (già da qualche anno, infatti, il titiolo d’accesso minimo per accedere ai concorsi è la Laurea), pagato come un usciere e considerato da molti genitori come un servo o un baby sitter.
Dall’altra parte c’è la scuola raccontata, quella televenduta, in super promozione: quella in cui non investi una lira, tagli i soldi, tagli il personale, tagli ore e ottieni quel prodotto in offerta speciale (L’Italia è al penultimo posto dopo Grecia e Portogallo per quota di Pil destinata alla scuola). Quella che io definisco fiction o “sola“.
E’ una scuola nella quale l’unico problema esistente sembrano essere gli insegnanti: fannulloni, fancazzisti, ignoranti, all’occorrenza pornostar, o aguzzini che tagliano lingue e orecchie, “comunisti” sessantottini, figli dei fiori, assenteisti, sindacalizzati, bugiardi, allarmisti, politicizzati, ipermobili, e chi più ne ha più ne metta. A sentir parlare loro, tolti gli insegnanti la scuola diventa perfetta. Perfetta lo sarebbe davvero, se il loro obiettivo fosse quello di lasciare quattro pastori per allevare i ragazzi come capre. Certo, perché questo sembrerebbe il piano del nostro governo: creare generazioni di capre, con il minor numero possibile di gente pensante, di gente colta, di gente critica.
Quando sento parlare, ad esempio, della suggestione del ritorno al passato, evocata dalla maestra unica in classi di quaranta alunni, da classi senza extracomunitari e con un numero ridotto di insegnanti di sostegno, mi si materializza un’immagine: un grande imbuto, o meglio un setaccio. Mi viene in mente la canzone “Uno su mille ce la fa”. Mi viene in mente la scuola selettiva raccontata da Don Milani, nel suo celebre libro “Lettera ad una professoressa”.
Molti si chiederanno “che c’è di male, anche io ho avuto un’insegnante e sono cresciuto benissimo”. Ma cosa si intende per “benissimo”, che ti hanno incollato quattro nozioni, che però ricordi ancora? O sarà forse più importante avere gli strumenti per adattarti ai velocissimi cambiamenti culturali che la società ci propone? O ancora, per “benissimo” si intende che saresti capace di dire a memoria gli affluenti di destra e di sinistra del Po? Ma non sarebbe forse più utile avere gli strumenti per farti un’idea critica di fatti e persone riuscendo a mettere a frutto le tue potenzialità?
Se la Scuola di quarant’anni fa avesse funzionato così bene come descrivono, la generazione passata sarebbe una generazione di gente colta, una generazione che non demanda ad un “messia politico” la gestione del nostro paese.
Una generazione che non vede nella televisione un “oracolo”.
Per carità, è una generazione alla quale va tutto il mio rispetto, è la generazione protagonista del boom economico, della restaurazione del dopoguerra, che con duro lavoro ci ha consegnato una bell’Italia, oggi ridotta all’ombra di quello che i nostri genitori hanno faticosamente costruito.
Ma se i nostri genitori sono stati artefici e motori di un cambiamento, di una società diversa, è credibile pensare che basti rimettere le lancette indietro per operare un nuovo sviluppo?
La scuola deve partire dalla società attuale, dai ragazzi che abbiamo oggi, dalle conoscenze che abbiamo adesso, e dal modello di scuola e didattica costruito faticosamente dalla Montessori, da Bruner, Dewey, fino a Pontecorvo, Visalberghi, Cannevaro.
Chi sono costoro?
Sono studiosi dell’educazione, sono pedagogisti, gente che costruito con anni di studi ed esperimenti un modello pedagogico credibile, che reggesse con le sue criticità, sicuramente migliorabile, ma comunque a misura di questa società complessa. Magari sembrerà strano pensare a degli “studiosi” di scuola.
Sembra che tutti abbiano l’autorità per parlare di scuola, tutti ne sanno, tutti ne capiscono, tutti scrivono libri senza preoccuparsi di entrarci mai, e a tutti si da ascolto.
A tutti tranne a chi la scuola l’ha studiata partendo dai ragazzi, entrando nelle scuole, elaborando teorie che ancora si studiano nelle Università e con le quali gli insegnanti sono formati; non basate su numeri e dati riportati sui “libri bianchi” o interpretazioni libere e a volte faziose delle indagini OCSE.
Sì, perché questo governo ha riciclato un vecchio modello di scuola, senza cambiare la formazione, senza uno straccio di supporto teorico credibile che non fosse la nostalgia e il luogo comune. E’ strano, infatti, formare gli insegnanti alla “pluralità docente” per fare i maestri unici: è un modello obsoleto ed inadeguato.
Faccio l’esempio di chi, diplomato cinquant’anni fa, magari con un corso di 150 ore, deve insegnare inglese ai nostri bimbi, che grazie a tv e videogiochi lo masticano meglio di loro.
Per non parlare dell’Informatica, quando spesso quegli stessi insegnanti hanno difficoltà ad accendere un pc. A questo servivano tre insegnanti, a specializzarsi, a dare insegnamenti efficaci e non superficiali.
All’Università ci parlano di integrazione e multiculturalità, quando nei fatti si taglia sul sostegno o si parla classi speciali o tetto massimo per gli extracomunitari. Insomma, c’è un gap enorme tra quello che ti insegnano e come nella pratica puoi farlo. E non credete per favore alle barzellette dell’Ocse e dell’Europa, è il gioco delle tre carte, questo vince e questo perde, una mistificazione, in cui viene fatta un’insalata mista tra scuola pubblica e privata, personale scolastico e personale sanitario, e soprattutto diversi gradi di scuola.
Un altro elemento della fiction, e dello spot: per chi ama avere un’idea preconfezionata e non tenta di sforzarsi di voler vedere una scuola che sia veramente riformata e non sfregiata. “Ma i soldi non ci sono? Sarebbe uno spreco!” Il futuro non è uno spreco, è un investimento! Gli sprechi, per me, sono quelli in cui si potrebbe spendere 1 ed in realtà si spende 1200! O, ancora, quando un servizio ha un costo di 1000 e qualcuno non lo paga proprio, gravando sullo Stato!
Tutti questi -e molti altri-sono abusi e sprechi, ad esempio gli inutili privilegi, le attribuzioni senza concorsi e senza meriti dimostrati di cariche pubbliche.
Per intenderci “Il bue che dice all’asino cornuto!”. E’ divertente sentire parlare Brunetta di “consulenze milionarie”, quando lui per primo ne ha beneficiato a piene mani. O quando parla di “lotta ai condoni, nella pubblica amministrazione, da oggi si entra per concorso e merito”, quando lui per primo all’università ha lavorato senza essere vincitore di concorso, e dunque “condonato”.
In contemporanea vogliono mandare a casa insegnanti abilitati e reclutati con concorsi, per far posto alla “chiamata diretta”. Per non parlare poi di assenteismo e fannulloni, raccontati da chi ha un brutto primato di assenze nel parlamento europeo. Potrei infierire con i privilegi per gli acquisti immobiliari, o l’uso del sito del ministero per fatti privati, ma preferisco passare alla “paladina del merito”!
Mariastella Gelmini, dalla carriera scolastica non brillante, che ha sostenuto a Reggio Calabria gli esami di abilitazione “perché più facili e doveva lavorare” (poverina), sfiduciata per inoperosità dal consiglio comunale di Desenzano, di cui faceva parte, grazie a questo curricolone, a 35 anni è Ministro dell’istruzione, così come furono Tullio de Mauro, Giovanni Gentile e Benedetto Croce.
Ricordo a tutti che, per avere questi signori al governo (sorvolo sul Ministro Carfagna o sul figlio tre volte bocciato alla maturità di Bossi, portaborse a 12000 euro al mese), paghiamo tra i più alti stipendi d’Europa e per un numero di politici quanto quelli utilizzati per governare tutta l’America!
Diventa lecito chiedersi: ma non c’era di meglio?
Sono davvero gli insegnanti comunque abilitati e dunque vincitori di concorso, laureati, con anni di servizio, in continuo aggiornamento, spesso con master, e lo stipendio netto di 1200 euro lo spreco d’Italia?
A voi le conclusioni..
[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate. Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]
Sono uno di quelli che parla di scuola, di rado e senza competenze specifiche. I miei giudizi si basano su un punto fermo: le riforme scolastiche sono quelle che più di tutte hanno bisogno di tempo per capirne gli effetti. Per capire quanto la riforma Gelmini sia così dannosa dobbiamo per forza aspettare che termini un ciclo scolastico.
Altrimenti a forza di riforme e controriforme otterremo sempre SOMMA ZERO. Ed io, francamente, inizio a stufarmi di questa immobilità tutta Italiana. Hanno scommesso sulla mia pelle e continuano a farlo (sono un classe 82, forse l’annata più coinvolta da riforme in tutti i campi) adesso voglio che questo RISCHIO sia portato avanti con molta più convinzione. All’immobilità preferisco l’azione. Per rimediare agli errori c’è sempre tempo.
E dico questo consapevole del fatto che i miei due nipoti (7 e 5 anni) sono in piena EPOCA Gelmini.
io sono una maestra classe 1953, mi spiace ma il ragionamento di pascqualoo non fila, la scuola primaria è stata riformata nel 1990 con la legge 148 quando nacque l’assetto modulare con 3 docenti su 2 classi e si passò da 24 ore di lezione a 30 ore minimo (fino a 40.
Quella legge di riforma fu varata dopo i nuovi programmi del 1985 (i precedenti erano del 1955)e dopo una sperimentazione durata 5 anni e attentamente valutata con ripetute ispezioni e confronto con le classi che continuavano a funzionare con il vecchio ordinamento.
La scuola primaria tra l’altro risultava tra le prime d’Europa per risultati e competenze perchè stravolgerla? per risparmiare! ERRORE imperdonabile, il Paese che non investe sul sapere, sulla conoscenza, sulla ricerca non ha futuro.
Il buon Pas ha ragione quando dice che l’azione è preferibile all’immobilità. La riforma Gelimini a me non piace per niente al momento, ma forse meglio esprimere giudizi più avanti. Sul fatto che noi classe ’82 siamo quelli che han subito più riforme in assoluto credo non ci sia dubbio. I voti stile Stati Uniti alle medie ci son stati giusto per il triennio fatto da noi ad esempio. Per non parlare della riforma universitaria del mitico 3+2, dove noi alla Sapienza ad esempio abbiam fatto 42 esami alla triennale. Momenti di gloria.
Concorderei come linea di principio sul fatto che l’immobilismo è controproducente e che la scuola dovrebbe essere “riformata”.
La grossa pecca dei disegni Gelmonti, è il fatto che mancano di progettualità di “metodo”.
Non sono tati fatti entrando nelle scuole, parlando con ragazzi, insegnanti, familie, partendo dalle strutture esistenti, ma guardando risultati che andavano “capiti” di osservazioni di altri.
Mancano di un’ipotesi scentifica (che ad esempio esisteva nella riforma dei moduli),un appiglio teorico più credibile di “i ragazzi hanno bisogno di un punto di riferimento…..o ritorno al rigore e al merito”.
Mancano di giusta sperimentazione.
Sempre tornando ai moduli, furono fatti 2 anni di sperimentazione prima di applicare la riforma.
E ciò che è più dolente mancheranno di una verifica, soprattutto intermedia che potrebbe correggere il tiro.
Come lo so?
Dopo che mandano a casa i precari con anni e anni di servizio ad esempio, che fanno tra 2/3 anni se li riprendono?
Dunque dobbiamo tenere presente che NON E’ UNA RIFORMA, è un pizzo alla cultura.
E’ un battere cassa, in un settore in cui gli effetti si vdranno così a lungo termine da sembrare quasi a inpatto zero.
come se una persona non paga i contributitutta la vita, e dunque non ne ha grossi danni durante, ma quando poi i nodi vegono al pettine, gli effetti sono devastanti.
Una riforma implica sempre un investimento: di energie, di studio, di sperimentazione E DI SOLDI!
E’ un po’ da ingenui pensare di spendere meno per avere effetti migliori.
Da insegnante concordo abbastanza largamente con questa analisi.
Mi chiedo però cosa significhi il rilievo sui dati OCSE: perchè si tratterebbe del gioco delle tre carte? L’OCSE mette sotto gli occhi di tutti una situazione che agli addetti era nota da tempo: in primis in Italia (e solo in Italia) le scuole private ottengono risultati peggiori rispetto alle pubbliche, evidentemente perchè solo in Italia l’utenza desidera comprare un titolo di studio infischiandosene di avere delle competenze spendibili sul mercato del lavoro; in secundis in Italia c’è un gap allucinante tra nord e sud, e negare l’evidenza non ha senso. Il nord Italia (anche nelle regioni non autonome) ha risultati equiparabili alla Finlandia, il sud è dietro alla Turchia. Davvero si tratta del gioco delle tre carte?
E’ il gioco delle 3 carte per vari motivi.
Il primo come giustamente hai ricordato tu perchè hanno preso a campione ragazzi di scuola privata e scuola pubblica, che per i motivi da te descritti sono molto diversi.
Del divario esistente tra nord e sud, possiamo anche discutere, perchè considerate le risorse destinate alle scuole del sud il divario IN PROPORZIONE è minore di quello che si potrebbe pensare.
Inoltre ad esempio nel rapporto alunno/docenti, che indicano sempre come troppo basso, vengono considerati nel conto insegnanti di sostegno (in altri paesi considerati come personale parasanitario, appartenenti ad altro ministero), insegnanti di religione cattolica (in molti paesi non esistenti, in altri come insegnanti di Etica etc), e addirittura in altri paesi persino gli insegnanti di scienze motorie a volte sono riconducibili ad altri ministeri.
Inoltre i bidelli, spesso sono impiegati municipali.
Infine si mescolano risultati di ordini di scuola differenti: la scuola primaria era con l’organizzazione dei moduli al 5° posto della classifica, la scuola secondaria di primo grado tra gli ultimi.
Anche la nostra scelta d’integrazione del disabile, non solo è stata apprezzata, ma è stata primato da eguagliare, tanto che viene sperimentata in molti paesi.
Infine sempre a riguardo rapporto alunni docenti, bisogna considerare che in altri paesi hannno classi più numerose perchè hanno strutture che lo consentono.
Per la legge 626, noi non possiamo sovraffollare le spesso fatiscenti classi (al sud è spesso così).
Ciò viene aggirato faclmente utilizzando strutture non classificate come “edifici scolastici” che hanno regole più severe, a volte i ragazzi infatti fanno lezione in magazzini, ma il problema rimane.
“Del divario esistente tra nord e sud, possiamo anche discutere, perchè considerate le risorse destinate alle scuole del sud il divario IN PROPORZIONE è minore di quello che si potrebbe pensare.”
Alle scuole del sud sono destinate, in proporzione, le stesse identiche risorse che sono destinate a quelle del nord.
Inoltre le scuole del nord si fanno carico delle difficoltà – in primo luogo linguistiche – degli allievi immigrati. Malgrado tale svantaggio (mi riferisco alle difficoltà, poi per il resto considero gli immigrati una risorsa è una fonte di arricchimento culturale), le scuole del nord conseguono risultati di standard europeo, mentre le scuole del sud mediamente conseguono risultati avvilenti e preoccupanti. A tali risultati si contrappongono, contribuendo a definire il quadro, le generosissime valutazioni elargite al sud agli esami di stato. Sorvolo per carità di patria sui comportamenti deprecabili in occasione della somministrazione dell’Invalsi.
Se si vuole rimediare bisogna partire dal dato, non dalla sua elusione o dalla sua manipolazione tendenziosa.
Perché i dati vengono considerati attendibili quando confermano il divario, ampiamente risaputo, tra scuola pubblica e scuola privata in Italia e non quando confermano il divario, altrettanto percepito, tra scola nel nord e scuola nel sud?
Gentile signor Armando (fa bene a tenere le ditanze di questi tempi non si sa mai;-)), il suo commento è così simile a quei centinaia a cui rispondo ogni giorno, che giurerei di conoscerla.
Ciò che dispiace in questi commenti, è la leggera “percezione di colpa”, come se l’evidente gap tra nord e sud quasi ce lo meritassimo o ne fossimo colpevole.
La percezione di responsabilità di tipo “antropologico” più che storico politico-politico.
Per carità, la Sicilia la fanno i siciliani, ma può dire con assoluta convinzione e onestà intellettuale, che non esista STORICAMENTE, una questione meridionale, mai trattata e mai risolta anche per isinteresse?
E’ davvero tutta e solo colpa notra?
Per smontare questa tesi basterebbe chiederle da dove vengono gli insegnanti del nord, ma le dirò di più.
Quando io parlo di PROPORZIONE intendo dire che per le scuole del nord vengono stanziati budget infinitamente superiori, basti pensare al fatto che al nord c’è l tempo pieno e al sud no (mezza scuola in più che non è poco), o guardare la tabella degli organici di quest’anno che dimostra come in 3 regioni del sud sono stati fatti un terzo dei tagli di tutta italia.
Eppure la differenza di errore dai dati invalsi si colloca a circa 3%, che è significativa soprattutto nelle isole, arrivando al paragone con paesi in via di sviluppo, ma con i soldi E LE STRUTTURE che abbiamo è assolutamente giustificata e non esagerata.
Malgrado tutto al sud ci sono più laureati, e come dice lei voti più alti.
Però lei sottende che sono tutti regalati, per la verità la colpa non solo solo sua, ma della campagna denigratoria in atto contro le scuole del sud.
Io le posso assicurare che non è così, ma non per sentito dire, ma perchè io quà ci vivo e l’ho vissuto sulla mia pelle.
C’è il fonomeno di malcostume a cui lei accenna, soprattutto sui diplomifici, ma non è così generalizzato e “a tappeto” (nelle private E’ MOLTO DIFFUSO).
Le posso per assicurare che al sud sulla cultura DA PARTE DEL CITTADINO s’investe molto, non perchè siamo più bravi, a semplicemente perchè non essendoci possibilità lavorative, cerchiamo di acquisire competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Ciò ce è triste è la consapevolezza che dovremo spenderle non nelle nostre terre, ma in altre che poi, grazie ance al nostro contributo, diventano eccellenti e ci criticano pure.
Si ricordi dunque parlando di scuola che per il 42%, le eccellenze del nord, sono formate da docenti del sud.
Detto questo desiderei che l’italia fosse considerata una e che non si parlasse più di nord e sud, e soprattutto che quella parte svantaggiata dell’Italia non fosse considerato un cancro da estirpare, ne tanto meno una croce da portae, ma un’area potenziale che se ben sfruttata porterebbe ricchezza e prestigio a tutto il paese.
E’ tutto falso.
Mi limito alle repliche più rapide fondate su dati numerici inoppugnabili:
1-è falso che i tagli nella scuola abbiano colpito il sud proporzionalmente in misura maggiore;
2-è falso che al sud ci siano più laureati;
3-è falso che il nerbo della classe docente nel centro-nord sia costituita da docenti meridionali;
4-è falso che non ci sia una distorsione docimologica nel sud.
1-Tagli. I tagli al personale scolastico sono stati compiuti nella stessa identica misura in tutta Italia.
La domanda di personale scolastico risente ovviamente delle dinamiche demografiche della popolazione scolastica: la popolazione scolastica ha conosciuto un INcremento del 12% nel nord, del 4% nel centro; mentre ha conosciuto un DEcremento del 9% nel sud.
2- Percentuali di laureati. Non è vero che al sud ci sono più laureati. Al sud ci sono meno laureati che nel centro-nord sia in termini percentuali sia in termini assoluti. Basta consultare i dati Istat invece di ripetere come una filastrocca i soliti triti luoghi comuni. La percentuale dei laureati al nord è dell’11% (valore assoluto: 5468), mentre la percentuale dei laureati al sud è del 9% (valore assoluto: 1600) su una popolazione. Quindi, non solo percentuale dei laureati al sud è inferiore, ma lo è nettamente il numero assoluto dei laureati.
3- Docenti di ruolo nel nord. Altro dato falso: la classe docente meridionale al nord non è affatto costituita da meridionali: la percentuale meridionale dei docenti di ruolo è del 19,8%. Il nerbo della classe docente nel nord è settentrionale. Per completezza: la componente meridionale tra i docenti di ruolo nel centro è del 20,1%; mentre la componente meridionale tra i docenti di ruolo nel sud è del 97%.
Assai più elevate le percentuali di meridionali nel centro-nord tra i docenti precari (le cause sono note a tutti gli addetti ai lavori): la percentuale più alta di docenti meridionali precari in una regione settentrionale è del 44,4%.
Quindi, confrontando i dati relativi alla distribuzione geografica dei laureati (sia quelli in percentuale sia soprattutto quelli assoluti) e quelli relativi agli occupati nella scuola ( il discorso si può estendere a tutti i settori statali e in generale pubblici) si può dire che al sud è spropositata l’aspirazione ad un posto nella scuola (ma più in generale, anche al di fuori della scuola ad un posto statale/pubblico). I dati ci dicono che i laureati nel sud sono meno che nel centro-nord e che quelli che ci sono vanno a caccia del posto statale in tutta Italia (occupano tutti i propri e si adoperano con vari mezzi per occupare anche quelli altrui). Questa peculiare attitudine culturale perpetua il sottosviluppo del sud.
4- Il confronto tra rilevazioni esterne e voti assegnati nel sud evidenzia un enorme problema docimologico che, ove non fosse imputabile a malafede, si dovrebbe ricondurre ad un contesto culturale da riformare radicalmente. La classe docente meridionale deve interrogarsi, sforzandosi per una volta di non imputare le proprie mancanze ad altri soggetti: soltanto così potrà contribuire al progresso della propria terra.
egregio sig. Armando, mi piacerebbe sapere dove vive attualmente e dove ha vissuto la sua vita.
“Alle scuole del sud sono destinate, in proporzione, le stesse identiche risorse che sono destinate a quelle del nord.”
Ma chi le ha dato questa bella notizia!
La Lombardia e l’Emilia Romagna, le regioni le province i comuni,(tanto per citare destra e sinistra)assegnano risorse alle scuole per spese di funzionamento in quantità non paragonabile a quelle della Regione Sicilia; il Comune di Palermo non assegna neppure il buono libro, le scuole dell’infanzia non garantiscono la frequenza neppure ai bambini di 5 anni, non ci sono asili nido, non esiste quasi per nulla il tempo pieno (3%)….. potrei continuare ma non ne vale la pena
“Se si vuole rimediare bisogna partire dal dato, non dalla sua elusione o dalla sua manipolazione tendenziosa.” e poi in Sicilia c’è maggior commercio di titoli perchè la legge di parità qui si applica senza troppo rigore e sempre la preziosa Regione non effettua i controlli dovuti e i diplomifici proliferano e se i dati mettono insieme scuola pubblica e scuola privata la media “del pollo” determina un abbassamentio del livello.
Complimenti per le certezze che ritiene di avere
“1-è falso che i tagli nella scuola abbiano colpito il sud proporzionalmente in misura maggiore;”
le assicuro che purtroppo è indiscutibilmente così proprio perchè qui il tempo pieno ed il tempo prolungato (per carenza di strutture e per mancata assunzione degli oneri da parte dei comuni)sono marginali (quindi gli alunni siciliani hanno meno tempo scuola)e questo determina un maggior taglio
“Assai più elevate le percentuali di meridionali nel centro-nord tra i docenti precari (le cause sono note a tutti gli addetti ai lavori)”
“si può dire che al sud è spropositata l’aspirazione ad un posto nella scuola (ma più in generale, anche al di fuori della scuola ad un posto statale/pubblico).”
Certo, è vero un meridionale cerca un posto pubblico (scuola o altro) ma non perchè è tanto stupido o stupida da volere uno stipendio da miseria piuttosto perchè sa (tutti i meridionali abbiamo parenti emigrati all’estero o al nord) che se va a lavorare in una fabbrica o in una ditta non potrà tornare alla sua dannata e amata terra.
Un invito: mai generalizzare, la generalizzazione è razzismo!
Replico qui, perché in calce al post della signora Marisa non era possibile.
Mi riferivo agli organici fissati dallo stato, tagliati ovunque nella stessa misura e stabiliti in base all’andamento demografico della popolazione studentesca che si è sviluppato come ho indicato sopra. Invito io lei a farsi un giro a latitudini più elevate, per verificare il degrado dei servizi in regioni che, se non fossero spogliate dallo Stato di ricchezze, che vengono trasferite altrove per alimentare il sistema clientelare, potrebbero offrire ai loro cittadini-contribuenti dei servizi degni delle tasse che essi pagano (peraltro le pagherebbero assai più volentieri). Se tali servizi fossero anche gestiti autonomamente, sarebbero di livello scandinavo. Ma così non è.
Mi convoca sul terreno degli enti locali, accetto l’invito: lo sa, lei, signora Marisa, che la spesa pubblica pro capite della Sicilia è seconda solo a quella della Valle d’Aosta (quest’ultima tuttavia complessivamente almeno rappresenta una frazione minima della spesa pubblica complessiva della Sicilia); immagino che sappia anche che per gran parte, circa i ¾, essa non è autofinanziata. Essa, fra l’altro, finanzia la smisurata dilatazione degli organici pubblici pletorici al di là del concepibile in Sicilia e caratterizzati peraltro da un’abnorme frequenza di dirigenti. Si tratta di sussidi parassitari, non di lavoro produttivo. Essi sostanziano il voto di scambio che sigla l’accordo clientelare. Pensa che sia colpa mia? Perché devo pagarne io i costi? L’attitudine alla ricerca del posto pubblico da una parte condanna il sud a perpetuare il sottosviluppo (finché sarà foraggiato questo sistema, non vi sarà incentivo da uscirne), oltre ad insidiare coloro che in altre parti del Paese aspirano legittimamente a ricoprire dei ruoli (almeno una parte dei propri!) nel proprio settore pubblico, e invece rischiano di esserne scalzati; dall’altra parte ne scarica i costi su soggetti lontani sempre più insofferenti. Troppo comodo parlare di razzismo quando si presentano i conti agli altri
concordo con le cose che dici in relazione ai dati dell’italia confrontati coi dati europei (non so però se anche altre scuole europee possano avere specificità analoghe alle nostre, dato che vanificherebbe in parte i distinguo). a me però interessa la validità interna, ovvero nazionale, dei dati OCSE.
io sono ben felice che scuola pubblica e scuola privata siano state messe a confronto: per una volta è possibile vedere l’evidenza, dato che i voti (gonfiati) non permettono di farlo. sarei felicesoprattutto di poter fare un’analisi seria e onesta sui risultati del sud che sono oggettivamente sconvolgenti.
Credo che frequentare la scuola sia un passaggio molto importante e necessario per la formazione di noi tutti. Come ho già detto, in un mio precedente commento, bisognerebbe cercare di non cadere nel tranello di chi è al potere che ci vorrebbe tutti ignoranti per governarci a proprio piacimento. Agli insegnanti (quelli veri), che veramente svolgono la loro professione con impegno ed amore, mi sento di manifestare tutta la mia modesta ammirazione. Anch’io, indirettamente ho frequentato per un periodo il mondo della scuola; quando seguivo i miei figli e presiedevo i Consigli di Circolo e di Istituto.
Quello, per me, era un mondo di lavoro diverso dal mio e ricordo le molteplici difficoltà che si dovevano affrontare per risolvere svariati problemi, anche quelli più semplici. Però ricordo gli sforzi che facevano Maria, Lavinia, Tina per trasmettere ai ragazzi il loro sapere, le loro esperienze, fare capire loro l’importanza di conoscere, di comunicare. Ancora oggi, quando capita di incontrarci, ci si ricorda di quei periodi vissuti in collaborazione con vero piacere ( non dico queste cose per un ricordo nostalgico, ma lo voglio raccontare per ribadire il concetto che le cose fatte bene rimangono il segno e per questo vorrei ancora ringraziare loro per l’aiuto che mi hanno dato per la formazione scolastica dei miei figli).
Purtroppo, credo, che chi è preposto a decidere su di un nuovo provvedimento non lo faccia con responsabilità (ed amore), ma cerchi di adottare una soluzione che miri esclusivamente ad un fine politico-economico. Così si cancella tutto il vecchio ( ma vecchio non era sinonimo di saggezza? ), si licenzia, si tagliano risorse e via tutti a casa a vedere grande fratello. Proprio oggi ad un corso ECM, che frequento, il docente ci illustrava, a proposito di una lezione sull’ambiente, che tutte le Leggi ed i Decreti di una Normativa erano stati abrogati e raccolti in un unico Regolamento. Ma ci sottolineava anche che da tutte quelle Norme abrogate era stato preso il meglio e quindi le stesse Norme migliorate. Ecco come si dovrebe riformare la scuola, appunto apportando dei miglioramenti, mantenendo tutte le cose buone e non cambiare tutto ad ogni cambio di legislazione.
Per quanto riguarda “il merito” che dire; ottimo strumento per premiare i soliti ignoti, o meglio i soliti noti.
Sul sessantotto credo sia stato scritto e detto tutto. Io che l’ho vissuto lo ricordo come un periodo importante della mia vita a prescindere da quello che si voleva chiedere o si voleva avere. Era un momento in cui si chiedeva di non essere trattati come soldatini pronti a dire signorsì. Era un momento in cui si voleva dire: la scuola è degli alunni, degli insegnanti, la scuola è nostra. Gli altri, per favore, se dovete arrecare danno, restatene fuori.
Carissimo, hai descritto la scuola ed i suoi problemi con competenza; con la competenza e la conoscenza di chi, solo con la frequenza di un settore lavorativo, può apprezzare. Talvolta, si lavora in condizioni davvero difficili e, credetemi, nesuno ci ha mai dato il premio nobel. A Casa, lavoriamo tanto, poichè insegnare oggi, non sono solo quelle quattro nozioni presto dimenticate che, venivano impartite una volta. Oggi, insegnare è frutto di ricerca e di continuo aggiornamento. Il mondo è cambiato, le conoscenze si sono evolute, siamo in un’era di continua e profonda trasformazione. Internet, questo strumento tanto lodato, amato dalle nuove generazioni, nasconde tante insidie, la più pericolosa è di certo la pedofilia. Noi docenti, ci aggiorniamo di continuo per dare ai ragazzi gli strumenti mentali per non cadere in trappole simili; quindi la scuola è anche prevenzione. E’ impensabile che, unmaestro unico possa insegnare tutto. La realtà è questa, ci stiamo avviando verso il declino del pensiero. Avere persone, sudditi, non in grado di cogliere queste piccole sfumature del mondo, significa anche renderli schiavi non pensanti. Dare loro un mondo, fatto solo di luci della ribalta, senza valori, è molto semplice; questi cittadini sono facilmente domabili e governabili, senza che si acorgano di essere in dittatura. Questo sarà il risultato del degrado della scuola del pensiero, della democrazia e della libertà qual è la scuola statale.
http://insegnantiprecaricaserta.blogspot.com/
http://goccediattualit.blogspot.com
Sono una docente precaria da sette anni. Ho iniziato questa carriera per passione, nonostante i consigli contrari dei miei genitori. Laureata in lettere a 23 anni,ho superato il concorso ordinario del 2000 in Sicilia, la mia regione; pur avendo conseguito l’abilitazione per le scuole medie e superiori non mi hanno chiam nemmeno per un giorno!! Così ho fatto la valigia e sono partita… ho iniziato a lavorare in Piemonte, con tutte le difficoltà che comporta lasciare la propria città e senza conoscere nessuno al nord.. Ma era troppa forte la voglia di realizzare il mio sogno di insegnare che ho affrontato tutto. Dopo le prime supplenze brevi, che non ti permettevano di pagare nemmeno l’affitto, sono arrivati gli incarichi annuali con grande gioia! Da quest anno sono tornata alle supplenze brevi, ai tempi in cui i miei genitori devono mandarmi i soldi dell’affitto da giù… nessun incarico nè immissione in ruolo!!! Sono molto delusa e la mia iniziale passione sta diventando rabbia. Temo che quell’entusiasmo che avevo nel mio lavoro possa abbandonarmi per sempre e di non poter più lavorare come prima. non trovo giusto vedere insegnanti senza nemmeno un giorno di esperienza passare prima di me nelle graduatorie o passare di ruolo solo perchè hanno fatto dei corsi a pagamento! chi lavora fuori e ha molte spese non può permettersi tante cose! Però abbiamo anni e anni di esperienza che ti formano come insegnante! Ma questo evidentemente non conta per la Gelmini….
trovo comunque molto triste, deludente e sconcertante constatare, come oggi più che mai, dopo che per molti anni c’è stato quantomeno il pudore di nascondere certi pensieri, si possa affermare con tanta tranquillità che il sud è un peso, una zavorra, un cancro del quale molti volentieri farebbero a meno.
INVESTIRE IN CULTURA E’ STATO SEMPRE UNA PRIORITA’ DI OGNI PAESE CIVILE. NON INVESTENDO, SI IMPEDISCE LA FOMAZIONE CRITICA DEL PENSIERO. NON INVESTENDO LE MENTI DELLE PERSONE SI RIMPICCIOLISCONO E NASCONO, ALLONTANANDOSI DAL FILO DEL DISCORSO,CONFRONTI NORD-SUD. DA ANNI SENTIAMO I SOLITI DISCORSI DI CHI ALZANDOSI LA MATTINA, INVECE DI PRENDERSELA CON IL TEMPO UGGIOSO, SE LA PRENDE CON IL SUD TUTTO E CON I DOCENTI. NON E’ CHE CON POLEMICHE STERILI SI POTRANNO RISOLVERE I PROBLEMI, NE’ ALLARGARE GLI AORIZZONTI MENTALI DELLE PERSONE. IN ITALIA ESISTE UN PROBLEMA ED E’ QUELLO DEL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI,CHE NON AVRANNO UNA BUONA ISTRUZIONE E SPERO CHE TUTTI SI RENDERANNO CONTO PRIMA DI SPUTARE VELENO E SENTENZE, CHE ABBIAMO TOLTO LORO UN’OCCASIONE; GLI ABBIAMO TOLTO IL PENSIERO.
http://insegnantiprecaricaserta.blogspot.com