Ricerca ed ipocrisia nel sistema Italia

Ha destato clamore ed un acceso dibattito la lettera di Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss, pubblicata giorni fa su “La Repubblica”. I Tg ci bombardano quotidianamente con notizie di scontri e intrighi politici, processi e leggi ad personam riguardanti Berlusconi, conflitti tra le istituzioni, manifestazioni di piazza, arresti per corruzione… ma la lettera di Celli apre uno squarcio tra la mediocrità di tutti i giorni, capta repentinamente la nostra attenzione, colpisce i nostri umori penetrando nelle nostre speranze. Che sembrano affossarsi definitivamente.

“Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.”

(lettera integrale | via Repubblica)

Non vorrei in questa sede affrontare eventuali speculazioni di pensiero sull’autore e sui motivi che lo hanno spinto a scrivere, ma aprire un dibattito sul tema da lui lanciato.

Quale futuro spetta ai giovani laureati?

Le previsioni non sono per nulla rosee: l’Italia è un paese che paga dazio per l’enorme debito pubblico ereditato dalle generazioni precedenti, per gli sperperi e la corruzione che hanno contraddistinto tutte le politiche economiche di questo paese. Siamo un paese anziano, la spesa pensionistica incide profondamente sul bilancio della previdenza sociale. Risulta evidente che i margini per investire sullo sviluppo siano piuttosto esigui, impegniamo risorse per la ricerca meno di tutti in Europa, lo 0,9% del Pil. Il tetto minimo fissato nel vecchio continente è del 3%.  Oltre alla scarsa sensibilità istituzionale nel reperire fondi c’è da sommare il grado di affiliazione come criterio selettivo per lavorare nelle università (ma non solo). Allo stato attuale, alla luce di tutto, possiamo dedurre tre possibilità d’inserimento nel lavoro per i neo-laureati attinenti al titolo di studio:

–       Nessuna possibilità

–       Precarietà maggiore rispetto ai “notabili”

–       Fuga all’estero

Dopo tanti anni di studi e sacrifici, la terza ipotesi è concretamente allettante. Il presidente della Repubblica Napolitano ha invitato i giovani a non andare via dall’Italia.

“Non andatevene, l’Italia può crescere”

(link | via Repubblica)

Perché il posto lo offre Lei? Perché i baroni dell’università senza giovani si ritroverebbero disoccupati? Caro Presidente, ma Le pare il modo di umiliare la Ricerca con l’elemosina mediatica, con programmi come Telethon? Ci ritroviamo al solito modo di fare le cose all’italiana: ricordando che le chiacchiere stanno a zero, finché non si aumenteranno risorse e non si provvederà a scardinare il clientelismo in nome di un principio virtuoso di meritocrazia, gli inviti a restare sono proposte di una vita di umiliazioni e di stenti e tanti ancora emigreranno, tantomeno pochi arriveranno dall’estero.

I giovani potrebbero concretamente far ripartire l’Italia mettendosi a lavorare in proprio, le risorse umane non mancano, il mondo ci invidia, ma poi finireste per prendervi voi i meriti, politici di una casta come tante altre in Italia. Allora tenetevi questo (bel) Paese.

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29 pensieri su “Ricerca ed ipocrisia nel sistema Italia

  1. sul tema mi sono espresso più volte. finchè l’università, in particolare la specialistica, non sarà selettiva, non cambierà mai niente. in troppi per pochi posti di lavoro.
    per non parlare dell’infinità di master fondati sulla sola e semplice filosofia del “siccome ti ho pagato fior di quattrini, adesso tu mi trovi lavoro”.
    evviva il parroco!

  2. @pascqualoo: e quindi come renderesti l’università più selettiva?? Imponendo il numero chiuso per ogni corso di laurea?

    Il problema di questo Paese è la semplice totale mancanza di meritocrazia, e basta guardarsi attorno per accorgersi che qualunque categoria professionale si ritrova impelagata in tale questione.

    La drammaticità del caso è inoltre testimoniata dal fatto che “la nostra generazione” è la prima ad avere una prospettiva di vita PEGGIORE dei propri genitori. Siamo passati da “il figlio del contadino farà il contadino” a “anche l’operaio vuole il figlio dottore” per concludere in bellezza con una schiera di laueati che lavoreranno nei call center o che, pur con un buon lavoro, dovranno accontentarsi di un contrattino di merda che non gli permetterà neppure di fare progetti per l’anno seguente. E non credo che basterebbe più selettività nelle università per risolvere il problema!

  3. se il laureato lavora nel call center è anche perchè la sua professione è satura! quindi si, numeo rigorosamente chiuso alle università.
    il diritto allo studio è tutelato fino al liceo. l’università E’ un lavoro.
    per me chiunque può fare il dottore. ma se le università sono intasate da gente che vuole fare il dottore e il mondo del lavoro è già abbastanza pieno di dottori… qull’aspirante dottore purtroppo deve fare un altro lavoro. meritocrazia = far vedere di meritare una laurea. sennò come lo dimostri il merito?????

  4. totalmente d’accordo con l’autore dell’articolo, e pure con te Erika. Vi dirò,parlando da prossimo (eufemismo eh…) laureato in Fisica a milano, certe facoltà, quelle scientifiche, non hanno assolutamente bisogno di essere ulteriormente selettive. Voglio dire, nel mio corso di laurea (Fisica dei plasmi) nel mio anno eravamo in 5….fichissimo fare lezione così per carità, ma in italia manca totalmente la cultura scientifica tout court….uno parla di matematica, fisica, chimica o biologia e la gente ti guarda storto o con facce allucinanti. Di ragazzi veramente brillanti ne ho conosciuti e ne conosco tanti, e quasi tutti per il proprio futuro hanno in mente di scappare all’estero. è anche facile per gli altri fare il discorso del tipo “andarsene significa mollare, è una scelta vigliacca”. poi scopri che gli stessi che fanno questo discorso sono quelli che hanno il culo parato, o che comunque non devono affrontare determinati tipi di decisioni. perchè andarsene all’estero, “scappare” non è mica una decisiona facile: magari uno qua ha affetti, amici, ragazza, genitori etc. andarsene all’estero significa resettare, dover ricostruire da capo tutta una parte della propria vita, doversi fare mille sbattimenti. Mia sorella, laureata in fisica nucleare con 110 e lode, 4 anni di dottorato in Germania, 4 anni di lavoro in America (laboratorio di Oak Ridge, uno dei massimi centri mondiali per la fisica nucleare), torna in italia da assistente di laboratorio, con il contratto che le scade quest’anno e senza soldi nell’università per pagare non dico l strumentazione, ma gli stipendi. insomma c’è poco da fare gli amanti della patria, quando la “patria” non si preoccupa minimamente di tutelare i diritti dei suoi giovanni e anzi, tenta di arricchirsi proprio a loro discapito.

  5. si ok francesco. ma la tua storia c’entra poco con quello che dico io! perchè te apri la discussione su un problema atavico, cioè quello della ricerca e di persone brillanti come te che non riescono a lavorare.
    io parlo di altre facoltà, di altri settori STRACOLMI di gente nelle aule!!
    @ anonimo: se magari mi spieghi anche perchè il numero chiuso non è meritocratico forse capisco qualcosa e possiamo discutere!

    • mi replico da solo… ma solo per puntualizzare una cosa: quando ho detto “ricerca e di persone brillanti come te che non riescono a lavorare”, intendevo ed intendo i settori scientifici più complessi.
      quelli per cui lo stato non investe. quelli di cui abbiamo fortemente bisogno.
      e che già di per sè sono selettivi (non tutti hanno le capacità per affrontarle).
      io mi riferisco a tutto il resto: giurisprudenza, medicina, COMUNICAZIONE (aaaaa, me tapino… il secchio dell’immondizia dell’università italiana. gli scarti tutti lì!! poi dicono “ma che ci andate a fare…”, e grazie al ……….. ! metti il numero chiuso, poi vedi se serve!). economia, beni culturali, agraria, lingue… diventare professore poi?? ma chi te lo fa fare?? quando lavori?? insomma… ragazzi… l’università non può essere un parcheggio. l’università non può continuare ad essere quallc he ho vissuto per 7 anni! 3 facoltà, 2 città… sempre uguale: tantissima gente, molti che lasciano, altri che tirano lungo fino a chissà quando. poi si esce, con la laurea…e ti ritrovi immerso in un mercato del lavoro in cui se anche hai preso 108 già rischi! con titoli svalutati… ed un investimento economico per sostenere gli studi (oltre alle ore di lavoro perse) che ammortizzerai vincendo soltanto a win for life!! YEPPA!

    • bhe si, è anche vero che se guardi le aule dei corsi di scienze della formazione, psicologia o compagnia bella ti ritrovi con 200 cristiani a seguire lezione seduti anche sugli appendiabiti. Dico che da una parte è positivo veder tanta gente all’università, un popolo maggiormente acculturato è un popolo più libero…in linea teorica. d’altra parte io alla fine del liceo ero uno dei pochi che fosse VERAMENTE sicuro di quel che volesse fare…ho sentito mille volte discorsi del tipo “beato te chesai cosa andare a fare, io mi iscriverò a caso in una facoltà magari facile facile”. Per carità, è importante farsi una cultura, a prescindere dalle difficoltà innate in una determinata facoltà, ma l’atteggiamento del “mi scelgo qualcos di facile facile giusto per avere in mano un pezzo di carta” secondo me è sbagliato, in primis perchè (IMHO) uno dovrebbe scegliere la propria strada in funzione di quel che gli piace o lo affascina, e secondo perchè alcune facoltà veramente sono semplicemente una fucina all’ingrosso di diplomi e riconoscimenti che, sempre IMHO, lasciano un po’ il tempo che trovano (e sottraggono preziosi fondi a quelle facoltà che producono un sacco di ricchezza in termini di conoscienza e di “brevetti”)

  6. la differenza + grande è che in italia un ricercatore è uno stipendio da pagare per i singoli lavori, in funzione di massimizzare il guadagno minimizzando le spese nell’immediato. In america il ricercatore è un investimento per il futuro, da mantenere nello sviluppo delle sue capacità e del suo lavoro. inutile che vi dica quale delle due mentalità vinca. anche perchè un lavoro di ricerca fatto seriamente, è una cosa che deve essere continuativa, in quanto figlia delle idee di una o più persone. dev’esserci un sviluppo continuo, eventualmente INTEGRATO da altri cervelli nel corso del tempo. non SOSTITUITO.

  7. perciò steppenwolf convieni con me che il sistema universitario così non funziona! certo, la cultura è importante… eccetera eccetera. ma qui 200 seduti sulle scale, oltre a stare scomodi, non dovrebbero starci 1) per motivi di sicurezza… 2) perchè sono troppi! magari proprio in quei 200 ci sarà il migliore… ma facciamolo studiare per bene! tanto se è bravo, entra! (ho superato io il test d’ingresso alla specialistica… ho detto tutto!)

  8. ah certo che ora come ora il sistema universitario non funziona. poi per carità, io ho la fortuna di essermi empre trovato a lavorare, per la tesi o i laboratori, con gente giovane, se non addirittura giovanissima, disponibile e con un sacco di contatti all’estero (l’hanno scorso mi volevano mandare 6 mesi a lavorare in india…appena uscito fresco fresco dalla laurea triennale. mio malgrado ho dovuto rifiutare, o non mi sarei + laureato. Ma è innegabile che io sono fortunato, anche perchè la fisica dei plasmi è una disciplina relativamente recente. Però li vedo i miei amici che fanno il dottorato, che si vedono scavalcati nelle graduatorie da gente che prende il minimo allo scritto e poi magicamente all’orale (presidente di commissione il loro relatore) scala magicamente le classifiche…all’estero non ti fanno l’esame: si leggono la tua tesi, ti chiamano, ti dicono di fargli una presentazione e di discutere con loro un piano di ricerca, dopodichè se ti accettano tu hai in mano il tuo progetto con i tuoi soldini, e lavori. qua sarai il più delle volte lo schiavetto del capoccia 70enne di turno, che va bene che ha esperienza…ma vorrei ricordare che il massimo della freschezza mentale uno ce l’ha a tra i 25 e i 40 anni, e di progetti che affossano per idee obsolete di che li dovrebbe gestire ce ne sono fin troppi.

  9. Eccomi qui! Credo di essere l’esatto esempio di ciò che non va in questo Paese… Ho una laurea in Comunicazione pubblica (che, per la cronaca, è a numero chiuso) e ho un master in Comunicazione e media (anch’esso a numero chiuso) e ho scelto questo percorso formativo NON perché era facile e NON perché cercavo una laurea del cazzo per poter dire di essere laureata, ma perché in V liceo il mio sogno era quello di diventare giornalista, e mi SCUSO col mio fantastico Paese se continuo a volerlo diventare, e mi SCUSO ulteriormente se non mi sono iscritta alla facoltà di ingegneria nucleare pensando alle mie aspirazioni e non a quelle della mia “patria”! Tuttavia posso dire che la situazione non è catastrofica solo per quelli come me, usciti da quella che secondo Pascqualoo sarebbe “il secchio dell’immondizia dell’università italiana. gli scarti tutti lì!!. Oggi la situazione è gravissima anche per le facoltà come INFORMATICA O INGEGNERIA, e purtroppo conosco una sfilza di persone che sarebbero pronte a testimoniarlo…

    • e mi SCUSO ulteriormente se non mi sono iscritta alla facoltà di ingegneria nucleare pensando alle mie aspirazioni e non a quelle della mia “patria”! –> uhm se fai riferimento ad uno dei miei commenti,non è esattamente quello che dicevo io. fermo restando che il mio discorso era incentrato sulla ricerca perchè è di ricerca che si parla nell’articolo, per scelta di “patria” intendevo restare in italia nonostante all’estero ci siano moooooooooolte + possibilità.

      se la scelta che hai fatto è dettata da un sogno….bhe non posso che darti la mia ammirazione. se poi non hai scelto ingenieria, TANTO MEGLIO (vecchia faida tra fisice e ingenieri, scusate :D). Quello che vorrei fosse chiaro è che nei miei interventi non mi permetto di giudicare le scelte di altri…ho solo esposto quella che è stata la mia esperienza negli anni passati a proposito delle scelte fatte….e ti parlo di scelte che hanno portato persone a fare ingenieria al poli così come economia in bocconi, lingue in bicocca, biologia da qualche altra parte etc.

      poi sarò anche di parte…ma di giornalisti in italia c’è proprio bisogno secondo me 😉

      lunga vita e prosperità \//_

  10. Tranquillo Steppenwolf… avevo capito benissimo cosa intendevi nei tuoi commenti. La mia risposta, infatti, era rivolta ad altri commentatori, e sono certa che sarà abbastanza facile capire di chi sto parlando. 😉

    • erika guarda che sono laureato in comunicazione anche io! triennale, specialistica più un attestato ifts. se parlo così un motivo c’è!
      la domanda è una: stai facendo la giornalista? e nel caso non la stai facendo, quali sono state per ora le motivazioni?
      io anticipo la mia risposta solo nel caso in cui la motivazione è “non ci sono posti dipsonibili”. bene, la mia risposta è: 1) oltre alla tua ci sono facoltà a numero aperto, che sono un sechhio dell’immondizia. 2) la professione di giornalista, allo stato attuale, richiede lavoro di campo (non è quindi necessaria una laurea). conta cioè quello che hai fatto, fai e farai. 3 (che poi è la somma esatta di 1 + 2) il sistema così non funziona. quindi non sto dicendo baggianate.
      guarda che con il idscorso che faccio io non che in un anno si risolvono i problemi. ma se te chiudi e selezioni TUTTO oggi, almeno fra 5 anni vedi che scrematura.

  11. Sei laureato in Comunicazione e parli così delle persone che hanno le tua stessa laurea?? Vedi Pascqualoo, il motivo per cui non condivido il numero chiuso è molto semplice. Al test d’ingresso non ho totalizzato un grosso punteggio, e si potrebbe quasi dire che ci sono entrata per il cosiddetto “rotto della cuffia”. Ma conosco persone che, entrate a pieni voti e magari anche uscite a pieni voti, non avevano neppure mai aperto un giornale… E adesso dimmi: pensi che quelle persone meritassero più di me di passare quel test??
    Vorrei inoltre precisare che per fare il giornalista potrebbe non servire la laurea, è vero, perché concretamente si tratta di descrivere un fatto… Ma tu sei proprio sicuro che un diplomato e un laureato abbiano la stessa capacità di comprendere ed analizzare quello stesso fatto?? Io penso di no.

    Detto questo, io non riesco a fare la giornalista perché per esercitare questa professione devi accettare di farlo gratuitamente e “alla maniera” del 90% dei giornali italiani, dove si continua a credere che il boom del gelato nel mese d’agosto sia una notizia degna di nota…

    p.s. Il sistema non funziona no! Ho fatto degli stage in alcune testate giornalistiche locali, e non hai idea di quanti redattori siano lì perché appoggiati da qualche GROSSO politicante che, all’occorrenza, non disdegna di chiamare in redazione e definire l’agenda dei temi da pubblicare…

  12. ne ho idea eccome! pensa che viterbo fa 60000 abitanti, e abbiamo 3 quotidiani cartacei più 4 online! ho collaborato con varie testate. Al momento (e non vedo segnali di cambiamento) la professione giornalistica non prevede titoli o attestati. se non quelli derivanti dalla pratica. è una spirale perversa. ed un mercato saturo. Proprio perchè ti trovi a concorere ogni anno con migliaia di persone. Parliamoci chiaro: preferisci soltanto competere con quelli che hanno superato il test con te (e alla lunga si vede se hanno mai aperto un giornale o no), o preferisci continuare a competere con TUTTI??
    poi ragazzi… diciamo le cose come stanno. Nel mercato del lavoro bisogna mettere in preventivo raccomandazioni e spintarelle. Università o non università, scuola o non scuola, è una variabile che c’è (in tutto il mondo). è giusto? no. Cosa si può fare? un lavaggio del cervello MONDIALE. io non accetto e non giustifico questo sistema, ma vorrei combatterlo: e secondo me rendere la stessa università un lavoro sarebbe un passo importante.
    “Sei laureato in Comunicazione e parli così delle persone che hanno le tua stessa laurea??” –> proprio perchè ho girato due facoltà (viterbo e Roma) dico questo. Viterbo è un’Università pietosa, nonostante questo nel 2008 (addirittura 2009) ha scalato le classifiche degli Atenei. La Sapienza è una gradissima università, in tutti i sensi. L’ho girata in lungo e in largo in tutti i suoi distaccamenti. Propio per questo dico che bisogna iniziare a selezionare. quello che mi sembra strano è che ti stupisci se io ne parlo male… salvo poi piazzarmi un commento in cui dici che i tuoi colleghi non hanno mai aperto un giornale!! e mi sembra strano per questo motivo: siamo d’accordo, ma non lo vuoi ammettere! 😀
    Come metodo di selezione al momento vedo il test. Magari specifico per quella facoltà. Se avete altre idee, possiamo lavorarci su e fare una proposta.

  13. @ Carlo: grazie! Visto che ci sono ci metto pure il link http://isterika.ilcannocchiale.it/?TAG=giornalismo

    @ Pascqualoo: Non fraintendere, criticare l’organizzazione e alcune delle persone che ci studiano è una cosa, ma dal tuo commento precedente sembrava che tu criticassi tuot court questo Corso di laurea e chiunque ci si iscrivesse… come fanno tantissime persone. Evidentemente avevo mal interpretato!

    E adesso passiamo al prossimo post… sembra interessante!! 🙂

  14. Ho letto in questo dibattito che il motivo per cui i neolaureati non trovano posto è perchè sono in troppi. Numero chiuso o stop delle università.

    Non sono per niente d’accordo perchè si dovrebbe arrestare la cultura di un paese per chissà quanto tempo (e già siamo un paese ridicolo), ma il fatto che i giovani non trovino spazio sta a significare che non c’è stato l’adeguato sviluppo economico! Questo è il principale motivo… che vuol dire che ci sono troppi laureati? Vuol dire che la classe dirigente precedente non ha fatto niente in previsione di quest’ottica, nè tantomeno sta facendo qualcosa quella attuale… vi ricordo che c’è Telethon.

    Il numero chiuso è una brutalità alle aspirazioni e ai diritti di chi vuol studiare/lavorare, nonchè in un paese come il nostro è totalmente distorto a fini clientelari e non meritocratici. Riflette un potere occulto, quello dei baroni dell’università, e purtroppo ce ne sono tanti del genere in Italia.

  15. uno può aspirare quanto vuole. ma deve mettere in preventivo di non farcela. un paese mediocre è un paese in cui ad ognuno viene concesso di fare ciò che vuole, anche se non è in grado di farlo.
    meritare vuol dire dimostrare di essere in grado. non bastano le aspirazioni.
    e la cultura, grazie a dio, esiste anche al di fuori delle università. anzi, in alcuni casi è anche meglio. l’univesrità deve preparare ad un mestiere. non continuare nella preparazione liceale. così non si va da nessuna parte.
    io sono profondamente deluso dal mio percorso di studi. vorrei non accadesse lo stesso a chi verrà dopo di me.
    basta parlare di diritti, è il momento di parlare dei doveri degli studenti e di chi insegna loro. e nell’università io sento parlare molto di diritti, ma mai di doveri. guardate che la cultura e la crescita personale deve essere una conquista, non un regalo.

  16. La cultura e la crescita personali dovrebbero essere un dato di fatto, altro che una conquista. E’ con la cultura che cresce un paese. E infatti guarda noi come siamo combinati. Spintarelle, calci in culo, raccomandazioni, e gente che vale tantissimo che sta a lavorare nella migliore delle ipotesi in un inutile Call Center a contratto determinato.

    La politica dovrebbe promuovere la cultura, non affossarla. Ma siamo sempre ai soliti discorsi triti e ri-triti. E’ più importante trovare stratagemmi per uscire dalle situazioni piuttosto che soluzioni concrete.

    E grazie che poi la gente se ne va all’estero. Investire nella ricerca, nelle università, permettere a tutti di avere un livello elevato di cultura, è il compito di ogni governo. E’ così che si va avanti, è così che si migliora la qualità di un Paese.

    Sul fatto che l’Università non ti prepari ad un futuro lavoro, sono assolutamente d’accordo. Ma questa è una conseguenza di una situazione in cui conta chi conosci, conta per chi voti, conta di chi hai i favori, e non certo quanto vali.

  17. quoto il grisaccio per quanto riguarda la prima parte del commento: credo che in una democrazia il diritto allo studio e alla cultura siano sacrosanti, non una conquista dda dover effettuare. facendo questo ragionamento, con l’attuale sistema che vige in italia le facoltà universitario sarebbero esclusivo appannaggio di chi può. e chi non può? non voglio credere che davvero valga sempre e comunque la logica del “io sono io e voi non siete un cazzo” di sordiana memoria….

  18. ??? ragazzi ma stiamo scherzando??? ma chi ha detto che “conquistare” significa negare? ma dove sta scritto? chi ha parlato di diritti negati? io dico solo che l’università deve far rima con qulità. e si sa che qualità e quantità sono due concetti difficilmente coniugabili.
    se vogliamo utopie, beh.. mi unisco al coro. ma la realtà dei fatti ci parla di genete che si autoparcheggia in facoltà. a scapito loro, e di chi vuole realmente imparare qualcosa. i veri fannulloni esistono acnor prima di lavorare. e mi dispiace, ma sentir parlare di diritti di fronte a questo mi preoccupa molto di più del “pericolo che l’istruzione sia riservata solo a chi se lo può permettere”. MA DOVE? in italia, in quelle tre o quattro di cui sappiamo benissimo i nomi. ma se permettete, a me vedere lo stato in cui La Sapienza (un’università DA PAURA) è ridotta per sovraffollamento… beh… preoccupa, e parecchio.
    la filosfia di tutti i rettori d’Italia è questa: una capoccia= tasse. Più capocce = un sacco di tasse. e allora, via!!! tutti dentro con la pala!! yeppa!
    beh a me fa schifo questo sistema. bisognerebbe imparare ad essere drastici, e dare una bella sterzata in tutto quello che non funziona. altro che…
    la cultura esiste anche al di fuori delle università. ed è quella che maggiormente stimolata! mostre, concerti. snellire le pratiche burocratiche e le concessioni per chi vuole organizzare eventi di qualsiasi tipo, che invece vengono stroncate sul nascere. stimolare il cittadino a prenedere inizative senza aspettare che lo faccia o stato. altro che…

  19. Secondo me qui si parla troppo di diritti. Va bene il diritto allo studio il diritto alla scelta della facoltà, sono contrario al numero chiuso, perchè non lo reputo un criterio valido di selezione, piuttosto ritengo utile parlare di doveri degli studenti.
    Lo studente universitario ha il dovere di studiare e rimanere in corso, sennò via dall’università è inutile che scaldi il banco. O sei in paro con gli esami o vai a lavorare secondo me questo dovrebbe essere il criterio di selezione, se volete equiparare lo studente a un lavoratore ragionate x obiettivi. Se per esempio in una facolta si devono sostenere 7 esami in un anno chi non riesce a superarli tutti è giusto che venga scartato, perchè non ha raggiunto l’obiettivo, vedrai che così la scrematura si fa da sola.

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