Si chiama Paolo Romani, è vice-ministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, e porta il nome del recente decreto riguardante la normativa di recepimento della direttiva europea sui media audiovisivi (2007/65/CE). Emanato dal Governo come regalo natalizio durante il mese di dicembre, il provvedimento attende ora il parere delle commissioni competenti della Camera, tra attacchi e polemiche.
Le male lingue che parlano dell’ennesimo provvedimento “ad personam” puntano il dito contro un decreto che appare cucito su misura per avvantaggiare l’azienda dell’attuale Presidente del Consiglio. A discapito di Sky, la principale concorrente di Mediaset, il decreto prevede infatti la limitazione degli affollamenti pubblicitari per tutti i canali a pagamento, sia satellitari che terrestri: una quota che dal 20% scenderebbe al 16% nel 2010, al 14% nel 2011, e al 12% dal 2012. Da parte sua il vice-ministro Romani difende il decreto spiegando che è “pienamente conforme con la disciplina comunitaria” e che la riduzione degli spazi pubblicitari servirebbe a tutelare il consumatore-utente della pay tv, il quale già paga per la fruizione di quel contenuto e non dovrebbe quindi subire l’onere delle frequenti interruzioni pubblicitarie. Un principio indiscutibile, se non fosse per il fatto che l’attuale capo di Governo è anche il principale proprietario dell’azienda che ricaverà i maggiori profitti da questa modifica. La grossa quota di introiti pubblicitari a cui il magnate Murdoch dovrà rinunciare, infatti, andrà con molta probabilità a riversarsi sulle “free tv”, e quindi principalmente su Mediaset.
A rimarcare ulteriormente il già discusso conflitto d’interessi del Premier si prodiga Alessandro Gilioli nel suo spazio sull’ “Espresso blog”, aggiungendo che: “siccome Mediaset si sta buttando sull’Iptv [Internet protocol television, per la diffusione di contenuti audiovisivi attraverso il Web] ispirandosi ad Hulu, occorre ridurre il numero di video circolanti in Rete e prodotti dal basso, che possono costituire potenzialmente una significativa concorrenza alla Iptv di Mediaset”. Da qui una serie di norme ampiamente criticate, che sembrano avanzare un subdolo tentativo di controllo della Rete. Come infatti spiega il quotidiano on-line dell’associazione Articolo 21, “il decreto include la fornitura delle immagini via internet tra le attività che necessitano di un’autorizzazione del Governo, e poi estende la rigida disciplina del diritto d’autore ai fornitori di servizi via internet”.
Si dimostra molto scettico anche il dirigente di Google Italia, Marco Pancini, il quale afferma che “alcune norme del decreto Romani mettono in crisi il funzionamento dei siti web che forniscono servizi tipo You Tube”, giacché si equiparano i canali tv tradizionali ad un sito internet che permette di caricare contenuti audiovisivi.
Rimane da chiedersi se un sito che ospita contenuti generati da terzi possa essere accomunato ad un qualunque canale tv, che sceglie cosa trasmettere… “Sarebbe come ritenere l’azienda che si occupa della manutenzione delle autostrade responsabile per quello che fanno coloro che guidano le automobili” spiega in un’intervista de La Repubblica il segretario generale dell’Associazione italiana Internet Provider, Dario Denni.
Tra sanzioni per chi vìola il diritto d’autore e l’obbligo di registrare le testate giornalistiche, sembra dunque che anche internet rischi di perdere la sua tanto celebrata rappresentazione di LIBERO SPAZIO per LIBERI CITTADINI…