Intro
Di recente hanno fatto un sacco di scalpore le nuove tecnologie 3D cinematografiche, che ci permettono di gustare come mai prima d’ora film come Avatar. Quello che la maggior parte delle persone ignora è che in effetti si tratta di un 3D percepito, ma non effettivo. Le immagini rimangono bidimensionali, e l’effetto 3D è ottenuto tramite la sovrapposizione di due differenti set di fotogrammi “sfalsati” tra loro, che se visualizzati con gli opportuni occhialini, restituiscono la sensazione di profondità al nostro occhio. In pratica si gioca sulle capacità interpretative del nostro cervello in fatto di immagini, tant’è che alla fine della visione, e anche durante la stessa, le sensazioni che si provano possono anche provocare fastidio negli osservatori più sensibili. Tuttavia la teoria per creare delle immagini che siano effettivamente volumetriche e tridimensionali esiste… Benvenuti nel mondo della olografia…
Onda Su Onda

Il termine olografia deriva dal greco hólos, “tutto”, e grafē, “disegnare”. Sin dal nome si intuisce che, differentemente da quanto accade nella fotografia, un ologramma è in grado di riprodurre un oggetto da tutti i possibili punti di vista. Premetto subito che siamo ben lontani dall’aver sviluppato un sistema di display volumetrici in grado di generare immagini olografiche arbitrarie, e per ora siamo vincolati a riprodurre esclusivamente immagini statiche registrate in precedenza. È anche vero che ora come ora l’interesse principale per l’olografia risiede nella capacità di queste tecniche di incrementare incredibilmente la capacità di immagazzinamento dei supporti di memorizzazione ottica: una memoria olografica potrebbe sfruttare letteralmente una dimensione spaziale in più per immagazzinare i dati, essendo in grado di utilizzare l’intero volume della cella di memoria anziché la sola superficie.
I principi che stanno dietro alle tecniche olografiche sono fondamentalmente due. Il primo, l’interferenza delle onde elettromagnetiche, stabilisce che la sovrapposizione di due o più onde elettromagnetiche dà origine ad una terza onda, somma delle prime due. Il secondo è la diffrazione, che stabilisce le regole secondo le quali la luce curva o meno incontrando ostacoli sul proprio cammino. Mentre in una fotografia si registra una mappa di intensità della luce (tot punti di tal colore e intensità) da un unico punto di vista (quello della macchina fotografica), l’ologramma registra quello che viene definito speckle pattern di interferenza. All’atto pratico, un fascio di luce coerente (ovvero in cui tutte le onde elettromagnetiche hanno all’incirca tutte la stessa frequenza e quindi differenza di fase costante, come in un laser) viene diviso in due parti separate. Una di queste (il fascio di illuminazione) incide sull’oggetto che si vorrà poi riprodurre, e rimbalzando da esso impressiona il mezzo di registrazione (che può essere anche una lastra fotografica).

Nello stesso momento, la lastra viene impressionata anche dal secondo fascio, detto “di riferimento”, cosicché in effetti a venir registrata è l’interferenza risultante dall’interazione dei due fasci. L’ologramma consiste nel pattern di interferenza apparentemente casuale che rimane impresso sulla lastra fotografica. Se l’ologramma viene a sua volta reilluminato con una sorgente di luce uguale a quella usata per registrarlo, un osservatore osserverà l’immagine dell’oggetto come se esso fosse effettivamente ancora presente, e il suo punto di vista varierà a seconda della posizione di osservazione. Quindi in un ologramma, piuttosto che registrare la luce che viene diffusa da un oggetto, si memorizzano le informazioni riguardo a come la luce viene diffusa dall’oggetto stesso, in modo tale da poter ricreare la luce come se venisse effettivamente diffusa dall’oggetto in questione. Sotto questo punto di vista l’olografia è effettivamente l’analogo ottico della registrazione dei suoni: le registrazioni acustiche (compresi i file digitali) non contengono altro che l’onda sonora derivante dall’interferenza delle varie onde che compongono il suono di una canzone, e che potete anche osservare tranquillamente tramite qualsiasi programma di riproduzione musicale, tipo WinAMP o iTunes.
Visto ad occhio nudo, un ologramma non è altro che un insieme di punti più chiari e punti più scuri, del tutto analogo ad esempio a quel che potete vedere quando illuminate una parete bianca con un laser: quel che si vede non è un illuminazione uniforme, bensì un pattern (lo speckle) analogo a quello che potete osservare in una delle immagini qua attorno. Una delle proprietà particolari dell’ologramma consiste fondamentalmente nel fatto che ogni punto dello stesso contiene le informazioni sulla luce proveniente dall’intero oggetto, per cui è in linea teorica possibile rompere l’ologramma ed osservare l’oggetto riprodotto interamente da ogni singolo pezzo, non importa quanto grande esso sia. Se immaginiamo che l’ologramma sia una finestra sull’oggetto, allora ogni singolo pezzo consiste in una parte della finestra, dalla quale è ancora possibile osservare tutto anche se il resto dell’apertura viene oscurato. Per contro, al diminuire delle dimensioni dell’ologramma si perde in risoluzione (la capacità di un sistema di distinguere due punti vicini tra loro) a causa della diffrazione, che provoca l’allargamento del fascio di luce ed è tanto più intensa quanto le dimensioni dell’ostacolo che la luce incontra approssimano la lunghezza d’onda della luce stessa. Immaginate di dover misurare una strada lunga 10 chilometri e una lunga 10 metri utilizzando come unità di misura il metro: nel primo caso avrete una precisione di una parte su diecimila, nel secondo di una parte su dieci, anche se la vostra unità di misura (che equivale alla luce che utilizzate nel riprodurre l’ologramma) non cambia.
Gli Utilizzi
Gli ologrammi hanno attualmente trovato una grande varietà di utilizzi, tutti molto meno fantascientifici (purtroppo) di quel che si può pensare. Le batterie dei cellulari e in generale gli oggetti che richiedono un bollino che ne certifichi l’originalità (compresa la cartamoneta) oramai impiegano tutti piccoli ologrammi, che rappresentano la parte più difficile da riprodurre da parte di un eventuale falsario, in quanto vengono replicati a partire da una matrice master che per la realizzazione richiede macchinari costosi, non in commercio e tecniche particolari.
L’uso che sicuramente sta assorbendo la maggior parte delle risorse in termini di ricerca è sicuramente l’olografia applicata ai dispositivi di memorizzazione di massa: il dispositivo di memorizzazione ottica finora più capiente, il blu-ray, ha raggiunto il massimo teorico dovuto alla diffrazione, per cui l’holographic data storage si candida per la prossima generazione di dischi ottici multimediali (commercializzato con il nome poco fantasioso di Holographic Versatile Disc). In pratica non si sarà più limitati all’utilizzo della sola superficie di un disco, ma dell’intero suo volume. Con le opportune ricerche nel campo dei materiali tipo fotocristalli e fotopolimeri, si pensa di raggiungere velocità di scrittura nell’ordine del gigabit al secondo, e di lettura attorno al terabit, con un disco delle dimensioni analoghe ad un CD/DVD/Blu-Ray dalla capacità di circa 4 Terabyte. In un mondo in cui si ragiona ancora in termini di gigabyte, un balzo di ben tre ordini di grandezza nelle capacità di lettura, scrittura e immagazzinamento è decisamente notevole, specie se si pensa che la tecnologia per realizzare tutto questo, sebbene acerba, è già presente nel mondo. Lo sviluppo dell’olografia dinamica, in cui le immagini non vengono registrate permanentemente ma possono essere sovrascritte, permette inoltre di trasferire alle memorie tipo ram e cache gli analoghi vantaggi in termini di velocità e capienza che l’olografia statica garantisce ai supporti ottici. Insomma, non siamo ancora ai livelli trekkiani, con gli holodecks in grado di riprodurre fedelmente qualsiasi paesaggio si desideri (anche se devo ancora capire come si possa camminare per chilometri e chilometri in una stanza grossa come una palestra… Alla faccia del jogging), ma non manca molto al momento in cui potremo andare a prendere l’HVD ad alta risoluzione dell’ultimo blockbuster di Cameron o di Scott e godercelo dal nostro display volumetrico spaparanzati in poltrona.
Alla prossima!
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Questa sì che è la tecnologia del futuro, anche nel cinema, altro che quella mezza schifezza del 3D di Cameron, costato 400 milioni di dollari. 😛
Bravo Steppen!
La mezza schifezza di 3D che tu non hai guardato tra l’altro…
Puoi dire che quel film è orribile, ma non che la tecnologia usata sia una “mezza schifezza”, considerato il livello di eccellenza e di fotorealismo raggiunto.
Senza considerare che con una visione olografica mi chiedo dove vada a finire il ruolo del regista, visto e considerato che il film potremmo decidere noi da dove e come guardarlo… non mi sembra una tecnologia funzionale per il cinema, non per il cinema come siamo abituati a conoscerlo, e mi sembra una roba sinceramente troppo fantascientifica per poterla vedere in quest’ottica. Ma è una discussione lunga ed un OT fondamentalmente inutile.
Bravo Steppen che invece ci spiega come questo cambierà il sistema di mass storage, quello sì che è un’innovazione interessante… penso anche alla possibilità di sposare il tutto con le memorie a stato solido, significherebbe mass storage spaziosissimi, muti e a consumo bassissimo.
bhe calma….allora per avere una visione REALMENTE a 360 servono come minimo 2 fonti di illuminazione / registrazione, meglio se 3 o più. con una sola sorgente puoi prendere al massimo un angolo solido equivalente ad una semisfera. come applicazione nel cinema, bhe, potrebbe essere un’occasione buona per riconvertire tutti i magnifici anfiteatri che abbiamo in italia XD. no seriamente, dal punto di vista cinematografico, anche con una sola camera olografica otterresti un effetto di profondità reale irraggiungibile altrimenti, ma siamo BEN LONTANI dal raggiungere un risultato simile.
per quanto riguarda le memorie…bhe oltre all’incrementata capacità, parliamo di fondamentale indifferenza nei confronti di quasi tutti i tipi di radiazioni, e soprattutto, nei confronti di TUTTI gli impulsi elettromagnetici. hai detto poco.
Mamma mia, certo che cadi proprio in ogni tranello, Grisuccio 😛
Su, meno dente avvelenato e più rilassamento, che tanto Cameron di certo non ti paga per parlar bene dei suoi lavori.
E che palle con la storia dei tranelli… una volta ogni tanto puoi pure ammettere di aver detto una cazzata eh, non succede nulla. Non sei perfetto.
E a me di Cameron poco importa. Ho solo fatto un appunto su una cosa che hai detto che era una grossa stronzata.
Non pagano neanche te per parlarne male in fondo.
Non ne “parlo male”, mi limito ad evidenziare quanto sia farlocca questa tecnologia che tutti osannano con poco motivo.
Vedrai il tempo se non mi darà ragione 😛
Ah, quando sbaglio lo ammetto sempre… Io. Non capisco cosa vi faccia pensare di avere sicuramente ragione, con sta storia del 3D.
/fine OT
[…] del cinema. Il futuro del cinema immersivo saranno al limite le proiezioni olografiche (leggetevi questo articolo di Francesco Mazzocchi, al riguardo), idea classica che si ritrova in tutta la narrativa […]
Forse ci stiamo riferendo a due cose diverse, tu alla tecnologia 3D di visione (che è fondamentalmente ancora molto acerba, e su questo sono d’accordo), io al complesso di tecnologia di ripresa e tecnologia di visione. Dire che le innovazioni fatte da Cameron siano una “mezza schifezza” lo ritengo un errore, e ti invito a guardare una qualsiasi featurette per capire cosa intendo (tipo quella dove lui gira la scena del volo, muovendo personalmente la telecamera che contemporaneamente simula su un PC in tempo reale quello che si sta riprendendo…).
Poi, che con 400 milioni ci siano le possibilità di farlo, questo è poco ma sicuro, così come è indubbio che il film non sia Quarto potere. Ma il mio appunto era sulla tua definizione del 3D come “mezza schifezza” e, su questo, mi spiace, non posso essere d’accordo.
Non essere d’accordo è un conto, proclamarsi come detentore della verità assoluta è un altro (e non mi riferisco solo a te ma in generale a tutti quelli che difendono a spada tratta Cameron e il suo baraccone, e sono una Legione).
Sono molto affascinato dai futuri supporti che sostituiranno questi ormai obsoleti hd meccanici. Chiedo: è una tecnologia applicabile pure alle onde sonore?
in realtà quello che si fa con gli ologrammi si è sempre fatto con le registrazioni sonore. quando tu riproduci un suono l’altoparlante cerca fondamentalmente di riprodurre l’interferenza delle singole onde provenienti dagli strumenti. ognuno di essi emette delle onde sonore più o meno complesse, che secondo il teorema di fourier sono scomponibili in una somma (teoricamente infinita,ovvero una serie matematica, ma per forza di cose nella registrazione perdi di qualità) di onde. quel che ottieni è un’unica grossa onda piuttosto complessa (che poi è quella che viene più o meno visualizzata dalla funzione oscilloscope di molti lettori multimedia), ovvero la risultante di tutte le interferenze tra le onde dei singoli strumenti diciamo, che a loro volta sono potenzialmente scomponibili in infinite altre onde. di fatto quel che si fa adesso con l’olografia si è sempre fatto in musica, tant’è che uno stereo possiamo dire che emette non dico a 360 gradi,ma quasi. poi chiaro che al giorno d’oggi si cerca di sfruttare alcuni espedienti (quasi tutti basati sull’interferenza) per donare particolari proprietà al suono (spazialità, riverbero…insomma se hai giocato con il pc negli ultimi 15 anni sai di cosa parlo :D)
Dai, definire Avatar una “mezza schifezza” mi sembra quanto meno approssimativo (se non eretico 😀 ). Si possono certamente contestare un pò di cose, ad esempio a mio modo di vedere qualche sforza in più sulla storia poteva essere fatto, in quanto non brilla certo per originalità, ma la realizzazione tecnica penso sia ineccepibile.
P.s: stiamo andando un pò OT. Visto che c’è un articolo dedicato al film suggerirei di pigliarci a mazzate in quella sede….:D
Appunto. Dato che ho scritto pure troppo su Avatar, mi potrò lasciare un pochino andare, almeno in articoli che NON parlano di Avatar? 😛
obino lamer, vieni a spammare da me? ti vaporizzo con un laser industriale di classe 6 da 100 terawatt
[…] This post was mentioned on Twitter by Camminando Scalzi and Camminando Scalzi, Andrea Rizzo. Andrea Rizzo said: Holorama – Ologrammi e Olografia http://is.gd/7xiY6 […]