“Mah…”

Così ho concluso la mia visione di “Alice in Wonderland”. Il nuovo capolavoro di Tim Burton, infatti, così tanto capolavoro non è… Ma vediamo di analizzarlo per bene.
Si parte con Alice, ancora piccola e piena di incubi che non passano, incubi sul paese delle meraviglie che la accompagnano per tutta la sua vita. La bellissima Mia Wasikowska aderisce perfettamente nei panni di Alice, alienata nel mondo in cui vive e considerata strana. All’età di diciassette anni viene portata ad una festa dove dovrà fidanzarsi con un ricco e spocchioso nobile con qualche problema digestivo, e questo è il vero inizio del film. Alla festa inizierà ad avere visioni di un “coniglio col panciotto” fino a seguirlo nel famoso buco, scappando letteralmente dalla proposta di fidanzamento. Ma qua iniziano anche i problemi: nel mondo delle meraviglie incontrerà quasi tutti i personaggi presi dai famosi libri di Lewis Carrol, dal bianconiglio ai gemelli Pinco e Panco, dal brucaliffo al cappellaio matto, interpretato egregiamente da Johnny Depp.
Insomma i propositi per un altro capolavoro c’erano tutti, personaggi fantastici interpretati da attori altrettanto fantastici (il cappellaio matto, con il suo comportamento quasi schizofrenico reggerebbe da solo l’intero film) come Helena Bonham Carter, che riesce a rendere la regina rossa la vera protagonista del film, alienata nel mondo in cui vive, odiata da tutti senza che riesca a farsi amare come la sorella, la regina bianca (Anne Hathaway). Il mondo in cui Alice viene catapultata è un altro piccolo capolavoro, quasi tutto fatto in computer grafica, pieno di piccole meraviglie e raffinatezze.
Cosa rende allora questo film un mancato successo? La sceneggiatura!
Linda Woolverton ha scritto una sceneggiatura scontata e banale, in cui è chiaro fin dall’inizio del film come andrà a finire: l’eroe di turno arriva nel paese misterioso e a lui “quasi sconosciuto”, uccide il drago e salva il regno; non vedrete niente di più di questo. Viene persa quella concezione di caotico che era presente nei due libri (“Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie” e “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”) e che rendeva il viaggio della piccola protagonista un viaggio quasi onirico, in cui per uscirne bisognava sempre di più addentrarsi nel disordine e nel non-senso.
Insomma Tim Burton stavolta (non per colpa sua) non ha sfornato un altro dei capolavori a cui ci aveva abituato; è partito dalla Disney e qua è tornato ma ha abbandonato il suo mondo (al limite di un freak show) oscuro e pieno di follia di film come Nightmare Before Christmas, Frankweenie, Edward mani di forbice ecc… Se vi si aggiunge che il 3d è stato aggiunto in post-produzione e che è quasi inesistente (sono pochissime le scene in cui servono davvero gli occhiali) il film non vale la pena di essere visto al cinema. Quello che consiglio è di affittarlo appena possibile però, perché anche se la sceneggiatura appiattisce quasi completamente le follie di Carrol e Burton il film rimane una piccola perla per gli occhi, capace di trascinarvi in un mondo fantastico, degno di essere vissuto.
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