
Le elezioni regionali appena trascorse rappresentavano un banco di prova per l’intero establishment della politica italiana. Gli scandali dell’ultimo periodo avevano insinuato qualche timore tra gli esponenti di Governo che temevano il decollo dei consensi, mentre l’opposizione incrociava le dita speranzosa di poter finalmente raccogliere i frutti del disastro “made in Italy”.
I risultati sono arrivati con lo schiacciante peso di un macigno, tra il malumore di un 35,8% di astensionisti, la singolare vittoria di Nichi Vendola e l’escalation di voti del partito leghista, che rispetto al 2005 ha raddoppiato il numero di elettori.
Aldilà delle prevedibili conferme di regioni come Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Marche e Basilicata, il centro-sinistra ambiva a conquistare l’elettorato piemontese e laziale. Ma contro gli ottimistici pronostici di chi vedeva un Pd rinvigorito e vittorioso, il Piemonte ha scelto di cacciare in malo modo l’uscente Mercedes Bresso, e il Lazio ha deciso di premiare la Polverini e i suoi dibattuti “ritardi” nella presentazione delle liste. Nel frattempo il PDL ha portato a casa la schiacciante vittoria di Lombardia, Veneto, Calabria e Campania, sebbene si ritrovi a fare i conti con un calo di 6 punti percentuali rispetto alle elezioni Europee, e con un partito di coalizione che continua a mettere in scacco l’incontrastata leadership berlusconiana.

Uno scenario in cui Bersani abbandona la scelta di una costruttiva autocritica per puntare il dito contro il movimento di Beppe Grillo e i voti sottratti al PD, mentre Berlusconi si pavoneggia dell’inimmaginabile successo annunciando riforme alla Giustizia e al fisco.
Uno panorama che annienta Casini e tutti i suoi pronostici sul bisogno di un “estremo centro”, là dove l’elettorato sembra proiettato verso le cosiddette “estremità” dell’attuale sistema politico, tra quelli che scelgono il “Movimento a 5 stelle” perché vorrebbero modificare completamente l’attuale apparato partitico, e quelli che votano Lega perché ne apprezzano le idee-limite, spesso piuttosto oltre-limite.
Così, mentre tutti gli altri partiti perdono consensi, il Carroccio acquista punti trasformandosi nel gruppo politico più apprezzato d’Italia… Proprio loro che nell’ITALIA non ci hanno neppure mai creduto.
[stextbox id=”custom” caption=”Web-comics”]E per concludere ecco il pensiero dell’elfo Segolas su queste elezioni regionali 2010! [/stextbox]
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Chissà quando il PD capirà che è ora di rinnovarsi, di prendere delle decisioni precise e dirette, riconquistare la sinistra, e soprattutto cambiare quelle facce vecchie e stantìe che non si sopportano più. Quante altre sconfitte dovranno subire? Poi certo, il sospetto che a tutti stia più che bene come stanno le cose ormai sta diventando sempre di più una certezza.
L’unica vera novità in Italia è stata presentata da un partito di nicchia come il “movimento 5 stelle”, probabilmente son persone che non hanno esperienza, ma son persone nuove, giovani e di sicuro con proposte diverse.
Mi è dispiaciuto che nella mia regione “i grillini” non erano presenti, per quanto abbia un certo scetticismo verso Beppe Grillo considero il movimento da lui ispirato l’unica alternativa intelligente di questo periodo.
Già… molti criticano Grillo perché lo considerano un incoerente “ex-antipolitico” che ora fa politica. Ma io credo che un personaggio come Grillo serva all’Italia di questo momento storico, per stimolare quel costruttivo attivismo popolare che oggi ritroviamo nel Movimento a 5 stelle…
di fronte and un astensionismo così elevato, non è possibile chiudere gli occhi: le percentuali servono a dire chi ha vinto, perchè un vincitore alla fine ci deve essere. ma lo scenario risultante è ben diverso: la crescita dei valori percentuali nasconde il calo di quelli assoluti e tutti, lega compresa dovrebbero fare i conti con questo dato di fatto.
Credo che una buona fetta degli astenuti è costituita da “sfiduciati di sinistra”, che non hanno più un solido partito da votare e preferiscono astenersi piuttosto che votare un partito (il PD) alla deriva o peggio ancora lo schieramento opposto.