La seconda giornata del Taormina Film Festival parte col botto: proiezione di “The Good Shepherd” (2006) seguita da una lezione di cinema tenuta niente popò di meno che da Robert De Niro. È proprio il grandissimo attore americano, ospite della rassegna cinematografica di Taormina, che si mette a disposizione di una vasta platea per parlare della sua carriera, della situazione attuale del cinema, e proprio del suo “The Good Shepherd”.
Cominciamo proprio spendendo due parole sul film, che non ha deluso i fan in sala (scrosciante l’applauso a fine pellicola). The Good Shepherd è un film con un grande cast (Damon, Jolie, Baldwin, De Niro) che racconta la storia romanzata della CIA, dagli albori dei servizi segreti americani fino alla tragedia della Baia dei Porci. Il film ha volutamente un classico taglio noir, dove Matt Damon, come un giovane Humphrey Bogart (con ancora meno voglia di parlare), si trascina tra missioni di spionaggio e storie sentimentali. Un gran bel film che fa ripensare ai “vecchi tempi” del cinema hollywoodiano anni ’60.
Finita la pellicola, si è avuta subito una chiara dimostrazione di piccole lacune nell’organizzazione dell’evento: con il pubblico ritardatario che si affollava ai lati e al centro della platea, l’ordine pubblico è stato lasciato in mano a una hostess che al microfono cercava di convincere le persone a prendere posto. Ma ancora peggio ha fatto una signora che poi ha partecipato attivamente alla conferenza sul palco, che ha “minacciato” il pubblico, trattandolo come un bambino: ”Se non vi sedete Bob non esce”. Dopo queste patetiche dimostrazioni di incapacità organizzativa, finalmente dopo mezzora circa ha fatto il suo ingresso nella Sala Conferenza il grande indiscusso mito del cinema americano Robert De Niro.
L’emozione che ha invaso la sala subito dopo il suo ingresso è stata enorme.
Dopo qualche attimo di assestamento, sono cominciate le domande. Si comincia con il commentare Taormina e proprio il suo film The Good Shepherd.
RN: “Non vengo in Sicilia dai tempi de” Il Padrino parte II” (Coppola, 1974). Il film ha una sfumatura classica voluta, che si adegua proprio bene al tipo di storia (…) grazie proprio al direttore della fotografia Robert Richardson (storico collaboratore di Oliver Stone e Martin Scorsese ndr).
Per me il tema dell’Intelligence è molto affascinante (lo sceneggiatore Eric Roth è lo stesso di “Munich” Spielberg, 2005 ndr), vorrei produrre il seguito, che seguirà gli avvenimenti dalla caduta del muro di Berlino in poi. Non sarò regista ancora per molto tempo, vorrei però chiudere anche il terzo episodio la trilogia de “Ti Presento i Miei” (Roach, 2000)”.
L’icona del cinema Hollywoodiano continua rispondendo a domande sul ruolo dell’attore, del produttore e del regista nella nuova America:
RN: “Oggi la qualità dei film indipendenti si è alzata di molto rispetto a qualche decennio fa. Ci sono molti più bei film indipendenti rispetto a quelli prodotti dai grandi Studios.
Come produttore ho prodotto più di 40 film, e devo dire che prediligo quelli con una buona storia da raccontare. Oggi per fare un film ci vuole una buona sceneggiatura e un solido finanziamento alle spalle. Rispetto al ruolo del regista, quello dell’attore è molto più facile. Un regista infatti deve avere un impegno tout court, 24 ore su 24 dedicato al film. Deve inoltre risolvere tutta una serie di problemi, soprattutto economici, mentre l’attore è molto più libero”.
Affascinante il racconto sugli inizi della sua carriera e il suo rapporto con i registi Scorsese e Mann:
RN: ”A volte mi piacerebbe avere un mese per rivedere tutti i miei film in ordine cronologico. Con Scorsese ho un forte rapporto empatico. Lui coinvolge tutto lo staff e fa emergere il meglio da tutti. Accetta le idee degli attori e ha a volte delle sfumature religiose nei suoi film che io personalmente non ho. Con Martin Scorsese abbiamo un grande progetto in ballo: I Heard You Paint Houses, con la sceneggiatura di Steve Zaillian (Schindler’s List, 1993) e forse anche dello stesso Eric Roth. Un film che si preannuncia sulle atmosfere di “Quei Bravi Ragazzi” (Scorsese, 1990).
Michael Mann si preoccupa di tutto, è un regista totale. Per “Heat, La sfida, 1995” abbiamo preparato così bene le scene delle rapine che credevo di saperle realizzare veramente nella vita reale.
Ultimamente mi sono dedicato anche alle commedie demenziali (Terapie e Pallottole – Ramis 1999, Disastro a Hollywood – Levinson 2008, ndr), che mi divertono molto perché danno la possibilità di sperimentare. Anche se sembra facile, in realtà è molto difficile interpretare commedie”.
Si passa ad alcune risposte a domande su particolari approcci alla recitazione come modificare il proprio fisico per un film e gli studi psicologici degli attori:
RN: ”Per “Toro Scatenato” (Scorsese, 1980) ho dovuto modificare di molto il mio fisico, è vero. È stata un’esperienza piuttosto dura. Oggi non potrei più farlo, anzi sto cercando di perdere peso anche se qui in Sicilia è molto difficile!
Ho utilizzato il metodo Strasberg (metodo recitativo derivato da Lee Strasberg, e ancora prima da Stanislavskij, che unisce recitazione, psicologia, creatività teatrale ndA) per la creazione del personaggio principale di Taxi Driver. Ho anche studiato nuove teorie recitative come quella che mira a copiare il movimento degli animali, anche se è molto complessa e difficile”.
Sul De Niro regista:
RN: ”Per realizzare un buon film, la scelta degli attori è importante quasi al 90 per cento.
Per “A Bronx Tale” ho lavorato con tanti ragazzi del Bronx, lasciandoli liberi di recitare, riadattando tutto in fase di post-produzione. Mentre a volte c’è bisogno di lavorare con un professionista che ha delle pretese sue, ed è adatto alla storia. La cosa più importante è lasciare fare all’attore. Costringerlo a fare qualcosa che non vuole è la cosa peggiore che si possa fare. Bisogna lasciarli fare, tu regista devi solo guidarli”.
Infine il congedo:
RN: ”Tutti hanno dei rimpianti nella vita. Ma io devo ammettere che sono stato proprio fortunato”.
E con il suo tipico ghigno, un vero mito della storia del cinema esce dalla sala, lasciando una platea elettrizzata e conscia di aver assistito quasi a un opera d’arte vivente.
“Quando parliamo della CIA non usiamo mai l’articolo davanti.
Metteresti mai l’articolo davanti a Dio?”
The Good Shepherd, Robert De Niro 2006
Andrea Rizzo