Il nuovo anno scolastico è alle porte: per qualcuno è già cominciato, per qualcun altro sta per cominciare. La riforma delle “riduzioni” istituita dal ministro Gelmini ha fatto morti e feriti, devastando il settore dell’educazione in Italia.
La prima considerazione da fare riguarda l’educazione scolastica e l’importanza che questa ha in una società moderna. L’Italia è un paese che destina soltanto il 9% della spesa pubblica alla scuola, siamo ultimi in Europa. E penultimi per quanto riguarda l’investimento scolastico del Pil (4,5%). Peggio di noi soltanto la Slovacchia (fonte | Repubblica.it).
Stiamo parlando di 10.000 (diecimila) insegnanti di ruolo in esubero che hanno perso la titolarità del posto e 600.000 (seicentomila) gli studenti che al primo anno avranno meno ore di lezione a causa di ciò. Ci sono presidi costretti a gestire due o tre scuole contemporaneamente, con gli ovvi disagi a livello organizzativo che questo comporta. Le classi sono spesso in sovrannumero, fino a 34 alunni (contro ogni norma di sicurezza). Anche per i portatori di handicap ci sono problemi, in quanto l’insegnante di sostegno non è spesso presente per le ore necessarie che queste problematiche richiedono.
Insomma, la scuola è un vuoto a perdere per il nostro governo. Le proteste si susseguono in tutta Italia, in molti istituti si è cominciato l’anno con delle manifestazioni, alunni e insegnanti che fanno fronte comune per difendere quello che dovrebbe essere un diritto sacrosanto e assolutamente fondamentale in un paese democratico e civile: l’istruzione e l’educazione delle nuove generazioni. In tutte le maggiori città d’Italia c’è stata mobilitazione, soprattutto dei precari (che mai come oggi sono identificati da questa terribile etichetta): Roma (con un sit-in e una manifestazione davanti al ministero), Terni (con i precari incatenati intorno alla fontana di piazza Tacito), Torino (con un presidio sotto gli uffici della regione), la manifestazione di due giorni fa a Messina (con i precari sulle due sponde dello Stretto), e la critica situazione de L’Aquila, che dopo il sisma è stata forse la più colpita in negativo dai tagli della Gelmini (1.033 iscrizioni in meno, 355 insegnanti in esubero nella provincia). Un panorama sconfortante.
Eppure si prosegue per questa strada di devastazione della nostra Scuola Pubblica, senza che nessuno muova effettivamente un dito in tale direzione. Questi tagli (si parla di 8 miliardi di euro da smaltire in tre anni… Quindi, ahinoi, non è finita qua) stanno dilaniando il comparto della cultura in Italia, ma in piccolo stanno rovinando la vita a tantissime persone, in cerca di quel dannato posto fisso per arrivare a fine mese. Senza parlare dei disagi che proveranno gli alunni di tutte le età, ritrovandosi con meno ore a disposizione (le cattedre non assegnate), meno spazio a disposizione (il sovraffolamento si traduce in un più difficile apprendimento), ma soprattutto meno investimenti per il futuro. E un Paese che non si cura del proprio futuro è un Paese destinato a cadere sempre più in basso, sfiancato, senza cultura.
Ma è davvero questo il nostro futuro? Affossare la Scuola Pubblica, forse a favore di quelle private? Un tempo, il nostro Ministero si chiamava “della Pubblica Istruzione”. Oggi quel “Pubblica” non c’è più, e la più grossa paura è che vada sparendo, oltre che dal titolo, anche dal concreto della vita reale.
E nel frattempo, ad Adro, una scuola viene completamente dipinta di verde con i simboli della Padania stampati qua e là. Inammissibile direte voi. La politica sulla Scuola. La politica nella Scuola.
Inammissibile. Ma non in Italia.
Meno investimenti; meno scuole; meno insegnanti; meno studenti; meno cultura. Più ignoranza. E le pecore seguono il pastore (padrone).
E non penso ci sia altro da aggiungere.