EELS – Tomorrow Morning

Nona prova d’autore per gli EELS, che si riscattano dal non indimenticabile “Hombre Lobo” ribaltandone l’atmosfera cupa e intimistica e partorendo “Tomorrow Morning”, album che affronta i temi cari al leader Mark Oliver Everett, come la solitudine o il significato della felicità in una chiave sicuramente più ottimistica. Lettura che avvertiamo già dal primo brano vero e proprio, “I’m a Hummingbird” (“In Gratitude For A Lovely Day”, la traccia numero uno, è infatti una intro strumentale), un vero e proprio cinguettio che è un po’ la continuazione di “Little Bird” del precedente album, seppur con un ribaltamento di prospettiva che consiste nell’immedesimazione da parte degli artisti nell’uccello, “beautiful and free”. Il tema dell’uccello può essere visto anche come una sorta di rinnovamento, di resurrezione, ed è proprio questo a essere il fil rouge che lega le tracce di “Tommorow Morning”, come per esempio in “This Is Where It Gets Good”. Ma in generale è un mood che avvertiamo già a partire dalle orchestrazioni dei brani, ricche di arrangiamenti corali, di timbri chiari, melodiosi, con un utilizzo mai prevaricante né superfluo dell’elettronica. In particolare il brano appena citato (forse la miglior canzone incisa dal gruppo e una delle cose migliori ascoltate in questi ultimi anni) è un turbinio di suoni cristalizzati provenienti da strumenti eterei come il mellotron, l’organo wurlitzer (una vera e propria bestia come sonorità) e archi, in cui la voce di Everett, scura e un po’ graffiata, scivola e si fa strada nella melodia come un coltello nel burro. Chiusura ideale di una trilogia iniziata con “Hombre Lobo” e continuata con “End Times”, “Tomorrow Morning” è perfettamente riassumibile nella parola “serenità”: quella serenità però velata di tristezza che si avverte solo alla fine di un viaggio compiuto negli abissi. Candidato a CD dell’anno.

Live

Si è appena chiuso il tour live di End Times, che ha visto gli EELS all’Alcatraz di Milano il 16 Settembre. A ottobre li aspetta una tournèe di un mese nelle prinicipali città degli USA, prima di tornare nella cara vecchia Europa quest’inverno (e speriamo anche in Italia!).

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