Premio Nobel: And The Winner Is…

Anche quest’anno, puntuali come al solito, sono stati annunciati i vincitori dei premi Nobel. Per quanto molte volte il Nobel sia stato considerato un premio “politico” – a causa di alcune scelte fatte, talvolta discutibili – non di meno rappresenta uno dei traguardi ideali nella vita di uno scienziato. Non tanto per il premio in sé, quanto per la visibilità che se ne trae. È innegabile che, quantomeno in ambito scientifico, il Nobel sia il premio che gode della maggiore popolarità. Quanti di voi hanno mai sentito parlare di medaglia Fields o del premio Max Born? Il Nobel rappresenta un’occasione per stimolare la curiosità dell’uomo della strada riguardo ai traguardi della scienza moderna, in un’epoca che deve sicuramente tanto al progresso tecnologico, ma che poco si sofferma a parlare di scienza e di cultura scientifica in generale. In attesa che LHC inizi a sfornare i suoi bei premi negli anni a venire (e fidatevi, qualunque cosa salti fuori da quegli esperimenti sarà degno di nota), anche quest’anno il premio è andato a una ricerca riguardante la fisica dello stato solido, con una strizzatina d’occhio alle nanotecnologie. Signori, ecco a voi il grafene…

NIDI D’APE E ATOMI IBRIDIZZATI

Molti degli elementi della tavola periodica sono presenti in natura in quelle che prendono il nome di forme allotropiche. Le proprietà di un dato materiale (sia meccaniche, come la resistenza all’abrasione, sia quelle fisiche, come la conducibilità elettrica) infatti, non dipendono unicamente dalle proprietà dei singoli atomi che lo compongono, ma anche da come questi atomi si organizzano in una struttura più o meno ordinata. Ecco quindi che il carbonio amorfo presenta qualità meccaniche e ottiche che sono l’esatto opposto del diamante, anch’esso formato da carbonio. La differenza risiede in come gli atomi si legano tra loro: nel carbonio amorfo non c’è una struttura di base, gli atomi sono legati tra loro da legami più o meno forti, orientati casualmente nello spazio. Intuitivamente capite che una struttura di questo tipo non può garantire grandi doti di resistenza agli stress meccanici (punto di forza del suo fratello in fibra), o qualità fisiche degne di nota. Il diamante invece ha una struttura interna perfettamente tetragonale, che garantisce una rigidità senza pari e che lo rende il materiale più duro esistente. Tuttavia la forma allotropica del carbonio, con cui sono sicuro voi tutti abbiate avuto a che fare almeno una volta, la si può trovare in una qualsiasi cartoleria: sono secoli che l’uomo la usa per scrivere. Nella grafite gli atomi di carbonio si organizzano in strutture bidimensionali impilate l’una sull’altra a formare un blocco di materiale tridimensionale. Se ci fate caso infatti, la grafite ha la tendenza a sfaldarsi molto bene lungo piani ben precisi. Ciascuno di questi piani, dello spessore di un atomo, è a sua volta formato da esagoni di atomi di carbonio uniti tra loro, e prendono il nome di grafene. Il grafene è quindi il “cubetto di Lego” di base per la costruzione di tutti i materiali grafitici, nanotubi in carbonio compresi. Sebbene la sua esistenza non sia mai stato nulla di impensabile in fisica (anzi, modelli di sistemi fisici reali ma con meno dimensioni vengono spesso utilizzati nei corsi introduttivi di fisica perché più semplici), il vero problema era, fino a qualche anno fa, riuscire a isolare un monostrato di carbonio. Tutt’oggi esistono svariate tecniche più o meno costose, dalla crescita epitassiale alle riduzioni con l’idrazina. Allo stato attuale delle cose, non è nemmeno pensabile una produzione a livello industriale di questo materiale, come d’altro canto accade sempre con i materiali sperimentali. Ma le proprietà davvero uniche di questo materiale lo rendono il candidato ideale per sostituire tutti i semiconduttori utilizzati fino ad adesso, e non solo quelli.

LE PROPRIETA’

Il grafene presenta proprietà uniche, sia meccaniche che fisiche. Dal punto di vista meccanico, il grafene è uno dei materiali più forti mai testati, facendo coppia con i nanotubi in carbonio di cui abbiamo già parlato. Possibili future applicazioni in questo campo comprendono i dispositivi NEMS (Nanoelectromechanical systems) ovvero dispositivi che integrano al loro interno funzionalità meccanica ed elettrica su scala nanometrica. In particolare, l’alto rapporto tra superficie e massa rende il grafene il materiale ideale per realizzare sensori e strumenti di rilevazione ad altissima precisione. Allo stato attuale costa ancora troppo estrarre i fogli di grafene dalla normale grafite, anche se tecniche di tipo industriale sono sotto sviluppo. Se poi accoppiamo le proprietà meccaniche a quelle fisiche, le potenziali applicazioni si espandono. Elettricamente parlando, è possibile che il grafene acquisisca le caratteristiche tipiche dei metalli o dei semiconduttori a seconda della forma che gli si dà in fase di produzione. Il grafene può quindi sostituire la base sia per i circuiti integrati e gli elementi conduttori, sia il silicio nei computer del futuro: l’anno scorso proprio al Politecnico di Milano sono riusciti a costruire 4 differenti tipi di porte logiche (ovvero le componenti di base dei microprocessori) utilizzando transistor di grafene.

Alla IBM sono andati oltre, riuscendo superare le prestazioni tipiche dei circuiti basati sul silicio, toccando la stratosferica quota di 100 Ghz di velocità di elaborazione (il processore più costoso che si trova in vendita oggi raggiunge circa i 20Ghz, ndR). Questo risultato è stato raggiunto utilizzando, per la realizzazione dei circuiti, gli stessi macchinari utilizzati con i convenzionali componenti in silicio. Questo aspetto è molto importante, perché significa che nel passaggio da un materiale all’altro ci saranno meno sprechi in termini di tempo perso e di materiali da cambiare.
Le proprietà ottiche del grafene (alta trasparenza nello spettro del visibile) unitamente alle sue possibili caratteristiche elettriche, metalliche e alla resistenza meccanica, ne fanno il materiale adatto a costruire display touch screen ad alta qualità, anche flessibili. Infine, il grafene dovrebbe entrare a far parte dei futuri ultracapacitori, condensatori ad altissima capacità che dovrebbero finire per alimentare, tra le altre cose, le vetture elettriche.
Roba da poco, insomma, eh?