Da Ginevra con furore.

Uno dei primi articoli che mi sono trovato a scrivere all’inizio della mia esperienza con Camminando Scalzi – poco più di un anno fa – trattava di LHC, in un periodo in cui l’acceleratore europeo era balzato agli onori delle cronache per presunte catastrofi naturali imminenti che si sarebbero dovute verificare a causa delle altissime densità di energia derivanti dalle reazioni scatenate all’interno dei 27 km di tunnel che corrono sotto Ginevra. Bene, a un anno di distanza, possiamo affermare con certezza due cose: la prima è che nessun buco nero ha ancora inghiottito la terra; la seconda è che il macchinone, dopo un po’ di problemi iniziali, funziona ottimamente, e sputa fuori dati in quantità industriale. Ecco quel che si è scoperto, in un anno di esperimenti al CERN.

IMPORTANTI CONFERME

I primi esperimenti condotti con LHC hanno riguardato le collisioni tra protoni, condotte a energie attorno ai 7 TeV, ovvero circà metà della massima energia attualmente raggiungibile. Sono state raccolte importanti conferme a proposito del Modello Standard, ovvero il modello che regola tutto quel che sappiamo della fisica delle particelle e delle alte energie. Dalle parole del direttore generale del CERN Rolf Heuer: “riscoprire i nostri vecchi amici nel mondo delle particelle mostra che gli esperimenti di LHC sono pronti ad avventurarsi in nuovi territori”, e se lo dice lui c’è da fidarsi. Insomma, la fase che si è appena conclusa può essere considerata un po’ come il warm up di qualcosa di ben più nuovo. A parte infatti ulteriori indagini riguardo la natura dell’antimateria e la sua assenza all’interno dell’universo conosciuto (un problema di cui avevamo già discusso, ricordate?), questi primi test hanno fatto da test bench avanzato per il sistema CERN nel suo complesso, e i loro dati servono nella duplice funzione di ricerca e di baseline per le future misurazioni.

NUOVE PROSPETTIVE

Le nuove misure che verranno condotte a breve con LHC saranno incentrate invece sull’analisi delle collisioni tra ioni di piombo. Essendo molto più massivo di un singolo protone, un nucleo di piombo è in grado di sprigionare molta più energia nei suoi impatti. Maggiore energia disponibile significa migliori capacità di investigazione della materia e delle regole che ne determinano le trasformazioni. L’impatto di ioni pesanti come quelli di piombo permetterebbe di creare quello che viene definito come plasma di quark e gluoni (rispettivamente, le componenti interne delle particelle più massive e la particella che permette loro di stare attaccate), le cui caratteristiche dovrebbero essere affini a quelle della materia che permeava i primissimi istanti di vita del nostro universo. A quell’epoca infatti la materia come la conosciamo oggi non sarebbe mai potuta esistere: troppa radiazione, troppo calore perché i quark potessero legarsi tra loro attraverso i gluoni, formando protoni e neutroni. Le collisioni tra ioni pesanti in LHC permettono di concentrare sufficiente energia in un ristretto volume di spazio, determinando la formazione di piccole “gocce” di questa materia primordiale, la cui creazione è segnalata da un vasto range di segnali misurabili.I primi risultati mostrano come questo plasma si comporti in effetti come un liquido perfetto, ovvero sia in grado di scorrere su sé stesso senza attrito. Queste caratteristiche, apparentemente poco importanti nell’ottica dei risultati che si vogliono ottenere, in realtà hanno implicazioni dirette sulle ipotesi che sono state effettuate riguardo ai possibili modelli fisici studiati per descrivere questo tipo di contesti, e permettono di restringere il range di variabili sconosciute in gioco. O quantomeno, di evitare di generare singolarità gravitazionli che distruggano ogni cosa…

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