Nobel in contumacia

Che la cosa avrebbe suscitato feroci polemiche era stato ampiamente previsto. Già in ottobre, all’annuncio dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2010 al dissidente cinese Liu Xiabo, la Cina aveva dato segni di irrequietezza.

Ma la feroce censura, la campagna mediatica e diplomatica per il boicottaggio delle cerimonia il 10 dicembre ha veramente pochi precedenti nella storia del Premio.
Il governo di Pechino, oltre a impedire allo stesso Xiabo di presenziare alla cerimonia di premiazione, ha scatenato nel proprio paese una vasta operazione volta a censurare qualunque riferimento al premio o al premiato. Sono stati oscurati migliaia di siti internet e centinaia di canali televisivi. Per qualche giorno i cittadini cinesi hanno visto persino sparire Oslo dalle carte geografiche. Ma il governo cinese ha operato anche sul fronte estero esercitando forti pressioni nei confronti di molte nazioni per boicottare la cerimonia. Ma, se grandi nazioni come Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania hanno risposto picche alle richieste cinesi, altri paesi hanno abbassato la testa.
Così, il 10 dicembre si è consumata la vergogna. Il premio è stato depositato su una sedia vuota e 19 nazioni, tra le quali Russia, Venezuela, Serbia, Iraq non hanno partecipato alla cerimonia all’interno del Parlamento Norvegese. La Cina, oltre a censurare l’evento ha persino creato un premio “alternativo”, il Premio Confucio per la Pace, assegnandolo all’ex vice presidente di Taiwan Lian Chen che, tra l’altro, lo ha rifiutato.

Ma perchè tutto questo astio nei confronti di Liu Xiabo? Chi è costui?

Fino al 1989 era un professore di letteratura di caratura internazionale, riverito in patria e apprezzato all’estero. Nell’anno della protesta di piazza Tienammen, abbandona la sua cattedra negli Stati Uniti e torna in Cina per unirsi ai rivoltosi. Riesce, insieme ad altri capi della rivolta, a fermare il massacro, ma da quel momento diventa uno dei dissidenti politici di primo piano. Arrestato dopo gli eventi di piazza Tienammen, una volta uscito dal carcere ha iniziato la sua attività politica invocando a gran voce un maggiore rispetto dei diritti umani, una reale separazione dei poteri e soprattutto una transizione democratica della Cina attraverso libere e multipartitiche elezioni.

Per queste sue idee “rivoluzionarie” ha raccolto attorno a sé un enorme consenso, specialmente tra le giovani generazioni cresciute durante le prime fasi del boom economico cinese. Di conseguenza, è stato più volte arrestato “preventivamente” in occasioni di eventi e commemorazioni particolari. Tra il 1996 e il 1999 è stato recluso in un laogai (Campo di lavoro) ufficialmente per “disturbo della quiete pubblica”, in realtà per alcune sue feroci critiche rivolte verso la dirigenza del Partito Comunista Cinese. Nel 2007 è stato arrestato e subito rilasciato a seguito di alcuni articoli critici apparsi su dei siti web stranieri. Nel 2008, in occasione dei sessant’anni della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, Liu Xiabo lancia sul web il manifesto “Charta 08”, sottoscritto da lui stesso e da altri 300 intellettuali e dissidenti politici cinesi. Il documento chiede una serie di profonde riforme all’interno dello stato cinese ed è stato firmato da oltre 8000 persone di varia estrazione economica e sociale. Per la sua adesione a “Charta 08” l’8 dicembre del 2008 Liu Xiabo è stato arrestato e detenuto illegalmente fino all’arresto ufficiale il 23 giugno 2009. Nel successivo processo è stato condannato a 11 anni per “incitamento alla sovversione del potere dello stato”.

Questa è la storia di un uomo che ha sempre condotto le sue lotte con metodi assolutamente pacifici, un intellettuale che ama il suo paese e che ha sempre lottato affinché la Cina diventi una grande potenza democratica. Un faro della democrazia che le autorità cinesi hanno tentato in tutti i modi di spegnere, e che a Oslo ha ricevuto la sua consacrazione.

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