15 dicembre 1992: tangentopoli investe ufficialmente Bettino Craxi, con il primo avviso di garanzia emesso dalla procura di Milano.
29 aprile 1993: Craxi si presenta alla Camera dei deputati dichiarandosi in sostanza né più né meno colpevole di tutti gli altri. Le tangenti erano le fondamenta dell’intero sistema partitico, necessarie per le loro attività. La Camera nega l’autorizzazione a procedere.
30 aprile 1993: si tengono diversi cortei in tutta Italia per manifestare il dissenso e la riprovazione per la decisione della Camera. Pds, Msi e Lega nord i partiti dietro le proteste. In coincidenza della fine del comizio del Pds a piazza Navona, una folla cominciò a confluire verso l’Hotel Raphael, residenza romana di Craxi. Egli uscendo dall’albergo, fu colpito da un fitto lancio di oggetti e di monetine, bersagliato di insulti e canti di sberleffo. Fu costretto a una vera e propria fuga.
18 maggio 1994: Craxi , non essendo più parlamentare ed esposto al rischio di essere arrestato, fugge in Tunisia, a Hammamet. Ivi morirà il 19 gennaio di sei anni dopo.
Da quell’anno Berlusconi sale al governo a più riprese fino a oggi. Caso unico nelle democrazie occidentali, un imprenditore titolare di tv, case editrici, giornali, negozi ottiene numerosi successi politici. Alla base dei suoi trionfi è la trasformazione della nostra società, una società di consumatori teledipendenti. L’Italia è alimentata da continue divisioni culturali e politiche, che è capace di mettere da parte “all’italiana”, ad esempio per le partite di calcio. Ma soprattutto è il conformismo al pensiero liberista il filo conduttore che va da Nord a Sud. La mercificazione, essenza intellettuale, pietrifica qualsiasi cosa in denaro: paradossalmente anche l’aria che respiriamo ha un peso specifico economico, quando andiamo a comprare un’auto o un frigorifero.
Non ci deve meravigliare che il nostro paese, paese della moda, segua a sua volta una moda del momento. Il berlusconismo è una moda di massa da tanti anni, un po’ in crisi adesso che la pressione dell’onta mondiale è palpabile. L’anti-berlusconismo è l’anti-moda più in auge del momento: si può sostenere che il no-b-day abbia segnato la linea di partenza. E ancora gli scandali di Berlusconi (e quindi egli stesso) sono gl’input alla manifestazione delle donne di domenica scorsa. Perché è vero che improvvisamente le donne si sono risvegliate dal sonno di decenni di malcostume italiano. La mercificazione della donna – le attuali e inquietanti parole di Sara Tommasi “sono imprenditrice di me stessa” inducono a una seria presa di coscienza – non la scopriamo ora con Berlusconi, care donne. Questa ipocrisia di fondo è intollerabile. Avete concesso per anni e anni a donne di posare nude in calendari, per soldi. La carnalità ha prevalso sulla spiritualità: non c’è più il necessario equilibrio per una vita di convivenza civile. Non c’è più fantasia, né talento, né pudore: per entrare nel mondo dello spettacolo non avete gridato, ma molto spesso chinato la testa… La pratica se è diffusa lo è proprio per questo. Dallo spettacolo, ad altri lavori: non mi meraviglierei neppure per un posticino da precario. Perché avete lasciato che i vostri corpi si piegassero alle logiche dell’opportunismo? Perché il culo di Ruby è diventato un oggetto? I calendari, gli spot, le foto e il “sex for success” non vi hanno mai indignato in questi lunghissimi anni di berlusconismo? Non bisogna cercare un capro espiatorio, poiché in tal modo i fatti passano in oblio e ciò che è riemerso a galla, viene sommerso nel silenzio. Dopo Craxi, il “martire” di tangentopoli, si è continuato a rubare, e anche di più.
Ciò che svilisce il tema delicato delle donne è l’assenza di un dibattito serio. Non si può affrontare a colpi di foto e slogan un argomento così importante: il riferimento è esplicito alle “minkioiniziative“* di Repubblica. Basta una posa, possibilmente artistica in bianco e nero o seppia, con uno slogan ridicolo, e la protesta è servita. È o non è un meschino oltraggio all’intelligenza di voi donne? Il successo della manifestazione si spiega in parte con questa moda delle foto: le gallery di protesta – ah ah! – sono numerose, e su Facebook, in quella bella giornata di domenica di sole non mancano foto delle manifestazioni di volti sorridenti, festanti e, ancora una volta, in bella posa. A chi fate paura con “People have the power”?
Temi altrettanto importanti come il precariato non fanno moda nei salotti chic della sinistra. Ecco, perché non si fanno manifestazioni in tal senso? Il povero precario è triste, non fa una moda di tendenza e fa comodo anche alla sinistra. La fenomenologia del popolo viola e della protesta delle donne sono quindi propri di un conformismo speculare al berlusconismo: ossia di idee vuote del populismo, privi di essenza sostanziale. Berlusconi chissà se cadrà, ma noi poveri italiani siamo sottoposti allo sberleffo di tutto il mondo. Indelebile. Ma le minkiate*, si sa, vanno di moda e fanno successo.
*minkiocrazia, minkioiniziative: la “k” è ormai un fattore estetico-ortografico ben conosciuto e, per quanto osceno e deprimente, rende bene l’idea di una cultura e di una generazione. Nel nostro utilizzo, lo intendiamo derivante dal neologismo “bimbominkia”.