I Radiohead sono tornati. Dopo una lunga attesa dall’ultimo meraviglioso In Rainbows, a gran sorpresa hanno annunciato il loro nuovo album a una settimana dal rilascio online. Ancora una volta l’utilizzo di una nuova forma di distribuzione che bypassa le major e permette alla gente di acquistare la musica direttamente da loro. Lasciata andare l’idea del “paga-quanto-vuoi” dell’ultima produzione (che è comunque stata un successo), questa volta il sistema di distribuzione si è basato sul pre-order (ma l’album è acquistabile anche adesso ovviamente, sul loro sito) dei formati digitali, e una versione deluxe misteriosamente chiamata “Newspaper album”, che conterrà oltre alla versione digitale anche due vinili con l’album (otto tracce per due vinili? Mistero? Ne riparliamo a fine articolo).
Otto tracce soltanto, quindi, solo trentasette minuti di musica dei Radiohead, forse l’unico lato negativo di questa produzione: un’eccessiva brevità. Sarà perché quando si comincia ad ascoltarli vorresti un po’ che non finissero mai, sarà che eravamo stati abituati diversamente, la lunghezza non propriamente da LP è un po’ deludente per chi ha aspettato fremendo quest’album per quasi tre anni.
La musica dei Radiohead rimane sempre particolarissima, sperimentale oltre il limite, e quest’album prosegue una strada evolutiva che è iniziata ai tempi di Amnesiac e Kid A, culminata nel capolavoro che è stato In Rainbows. Questo The King of limbs è un album “difficile”, diciamolo subito, che non si comprende appieno a un primo ascolto, ma che necessita di un minimo di impegno attivo per farlo entrare nelle proprie corde, anestetizzate da una attualità musicale soporifera e ripetitiva. Sicuramente troviamo molto dell’ultima (e per ora unica) produzione di Yorke solista, con un uso dell’elettronica ormai preponderante rispetto alla parte più rock, che possiamo dire sia stata ormai abbandonata dal gruppo da tempo nella sua forma più classica. L’album si apre con una disorientante Bloom, una base ritmica in controtempo, e la voce di Yorke che sembra arrivare da lontanissimo, con il solito accostamento dissonante tra melodia e accompagnamento a cui ci hanno (bene) abituato. Ci si sente in parte a casa, e in parte in un posto nuovo. Si continua con le dissonanze ritmico-melodiche di Morning Mr Magpie, e poi Little by Little, che ricorda i pezzi più arditi di Ok Computer. L’esperimento elettronico culmina in Feral, un brano particolare, forse quasi inascoltabile in un primo momento, ma che con un minimo di attenzione dimostra tutta la sua sperimentazione portata all’estremo, e riesce a funzionare sin troppo bene. Non mancano classiche “ballad” (se possiamo definirle così) come Codex, che lascia senza parole per le melodie disegnate dalla voce di Yorke che ormai ha raggiunto il suo apice, diventando un vero e proprio “strumento” nelle mani della band. Lotus Flower, singolo scelto per il lancio dell’album, è forse il brano che raccoglie l’eredità più vicina ad In Rainbows, probabilmente scelto proprio per questo legame a doppio filo con il predecessore, per non disorientare troppo i fan. Ma è soltanto un’esca lanciata, perché quando ci si ritrova dentro The King of Limbs si respira tutt’altra aria, e ancora una volta i Radiohead ci portano avanti nel futuro (o in quello che a noi sembra il futuro). Meravigliosa anche l’acustica Give up the ghost, con il suo mantra “don’t haunt me” che si ripete per tutto il brano, e il brano di chiusura, che si intitola Separator. Separator? E da cosa?
The King of Limbs part 2?
E arriviamo così alla seconda parte di questo articolo, quella un po’ più speculativa. Ciò che segue potrebbero essere soltanto coincidenze, o forse no. Girando qua e là per la rete ho scoperto (grazie alla segnalazione del mio grande amico Francesco “Frank” Arena) che ci sono parecchi indizi che lasciano pensare che The King of Limbs non finisca qua. Prima di tutto, come già detto in apertura, i due vinili previsti per la Newspaper Edition sembrano troppi per contenere soltanto gli otto brani dell’album. Inoltre non si spiega il perché di una differita di tanti mesi tra la pubblicazione online e l’invio delle copie “fisiche” del disco (che saranno disponibili dal 9 Maggio, ma distribuite a giugno). Se è tutto pronto e registrato come mai questa grossa pausa? Potrebbe quindi spuntare una seconda parte del disco in questi mesi, che andrà a completare l’album, che sarà così tutto unito nella Newspaper Edition, e si spiegherebbero in tal modo i due vinili. Altro interessante indizio è proprio la canzone di chiusura dell’album, che si intitola Separator. Separator da cosa? Cosa separa? Potrebbe essere anche questa soltanto una coincidenza, è vero, eppure nel testo viene ripetuta insistentemente la frase “if you think this is over Then you’re wrong”: “se pensi che sia finita, allora ti stai sbagliando”. È soltanto una parte del testo o Thom e soci ci stanno dando qualche indizio sulla seconda metà del Re dei Rami (il nome si riferisce a una quercia centenaria che si trovava in un bosco vicino alla località di registrazione dell’album)? E poi si sono susseguiti account misteriosi su twitter che davano indizi e facevano riferimenti a riguardo, e uno di questi pare anche abbastanza accreditato, essendo tra i soli cinque follower che segue Thom personalmente sul social network. Gli indizi naturalmente sono molti di più, e citarli tutti sarebbe lungo, ma insomma, un’idea ve la sarete fatta anche voi. Se volete approfondire questo “mistero”, su questo blog trovate tutti i dettagli, e credetemi, ce ne sono veramente tanti che fanno diventare questa grossa speculazione molto ma molto credibile. Magari è tutta una pura coincidenza, ma se ci fosse davvero una sorpresa del genere ad attenderci, non potrebbe che farci oltremodo piacere, considerando anche le sperimentazioni in fatto di distribuzione che ormai sono marchio di fabbrica Radiohead. E quale maniera migliore per vendere un album che quella di distribuirlo in parte, far venire l’acquolina, e poi dare in pasto una seconda metà (ve ne dico un’altra: pare che le tracce saranno 14 in tutto)?
Vi lasciamo con il video di Lotus Flower, coreografato da Wayne McGregor (della Random Dance Company, autore di questa coreografia in passato), con un Thom Yorke scatenato. Qui trovate tutti i testi dell’album invece.