Oh mio capitano: quando il prof è un mentore

Chi ha avuto la fortuna di incontrare un insegnante appassionato e appassionante sorriderà ripensando a quel prof. che non leggeva il manuale e non ripeteva meccanicamente nozioni; a quella figura che raccontava una storia coinvolgendo totalmente gli studenti. Una lezione di letteratura o di storia che era anche lezione di vita.

Lo stesso fanno Robin Williams nell’”Attimo Fuggente” e Sean Connery in “Scoprendo Forrester“.

I contesti non potrebbero essere più diversi, ma l’essenza dell’insegnamento è la stessa. Il primo insegnante per vocazione, il secondo educatore suo malgrado, ma entrambi riescono a proiettare la potenza di uno scritto, della parola, del pensiero autentico, e della necessità di esprimersi – se non per farsi ascoltare – almeno per sé stessi.

L’attimo fuggente è ambientato in Vermont, 1959. Nell’austera accademia maschile di Welton dove le regole severe e la disciplina ferrea sono all’ordine del giorno, piomba l’estroverso professore di letteratura John Keating (Robin Williams), che come un fulmine a ciel sereno ribalta le regole della scuola e l’approccio al programma e all’insegnamento, incoraggiando il lato creativo ed anticonformista dei suoi studenti.

In un ambiente così rigorosamente conservatore il nuovo ed eccentrico professore d’inglese non è visto di buon occhio. I suoi metodi bizzarri, la sua avversione verso chi ingloba in schemi e diagrammi la materia che insegna, la sua ambizione d’instillare nei ragazzi il desiderio di “trovare la propria voce”, la propria unica e vitale espressione d’individui, ne farà sì un osservato speciale da parte del corpo insegnante, ma anche un vero e proprio idolo per i giovani studenti.

Come ricorda il professor Keating, il capitano: “Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo”.

Una di quelle pellicole che non possono lasciare indifferenti perchè contengono spirito, pensiero, amore, emozione. Uno di quei lungometraggi che rimangono impressi nel tempo, ineguagliabili nella storia e indelebili nella mente di coloro che lo guardano. Il regista Peter Weir riesce a miscelare spessore, poesia, racconto di formazione. Il resto è un grandissimo e intenso Robin Williams e un gruppo di talentuosi ragazzi che tengono la scena con un godibile mix di acerbo talento ed entusiasmo che non potrà non coinvolgere. Perché l’educazione e la formazione sono tali se scavalcano il perimetro delle aule scolastiche, e solo i buoni insegnanti invitano gli studenti a guardare l’infinito che si trova oltre la siepe.

Nell’altra pellicola, Scoprendo Forrester, il rapporto tra professore e alunno sarà, se possibile, ancora meno convenzionale.
Il film è ambientato nel Bronx. Da un lato uno scrittore avanti negli anni, vincitore di un Premio Pulitzer per l’unico libro pubblicato, è recluso volontariamente nel suo appartamento. Dall’altro un giovane sedicenne di colore di grande talento desidera segretamente diventare uno scrittore. Il primo non vuole incontrare più il mondo, mentre il secondo pur essendone immerso vorrebbe uscirne per riuscire a esprimere liberamente ciò che sente dentro. L’anziano e irascibile William Forrester, interpretato da un intensissimo Sean Connery, diventa il mentore del giovane Jamal, istruendo e addestrando la sua scrittura. “Prima scrivi col cuore e poi rivedi con la testa. Il primo concetto è scrivere, non pensare”. Nel corso dei loro incontri cresce l’affetto e la stima, un rapporto che cambia la vita a entrambi. Lo scrittore riesce a far emergere tutta l’intelligenza del ragazzo, e Jamal ha il merito di far ritornare l’anziano letterato alla vita, lasciando per sempre dietro di sé il desiderio di isolamento. Nell’ambiente silenzioso, quasi fuori dal mondo dell’appartamento di Forrester, affollato di pile polverose di classici della letteratura, animato solo dal ticchettio della macchina da scrivere, Jamal fa i primi passi nel mondo della scrittura, scendendo nel profondo di sé, rimestando fra sogni, desideri, passioni, gioie e dolori.

Il legame tra i due uomini di età, classe sociale, cultura, etnie diverse, uniti soltanto dall’amore per l’arte di scrivere, si approfondisce: diventa anche un’amicizia reciprocamente protettiva e pedagogica.

Morale? I mentori spingono a farsi domande da minestra. Perché “molti uomini hanno vita di quieta disperazione: non vi rassegnate a questo, ribellatevi, non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno. Osate cambiare, cercate nuove strade.”

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Un pensiero su “Oh mio capitano: quando il prof è un mentore

  1. bel post!
    tra l’altro recentemente ho rivisto proprio “Scoprendo Forrester”… ottimo Sean Connery, vero.

    intanto rifletto sulle “domande da minestra” 😀

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