Mentre in Italia non siamo in grado di inserire e integrare qualche migliaio di persone provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo, mentre i nostri politici piagnucolano paventando invasioni e cataclismi religiosi e culturali, la realtà del mondo va avanti, infischiandosene delle ideologie da cortile e delle paure xenofobe, alimentate ad arte da partiti di piccole visioni e grandi interessi elettorali.
Questa realtà è talmente evidente che bisogna proprio girare la testa costantemente dall’altra parte per non vederla. La più importante democrazia del mondo, fin dalla sua nascita un crogiuolo di razze, origini e lingue diverse, è guidata da un meticcio che racchiude in sé il meglio della contaminazione geografica e culturale.

Due paesi che stanno emergendo come nuovi leader sulla scena mondiale, quali India e Brasile, sono dei veri e propri immensi subcontinenti che racchiudono in sé popolazioni, religioni, colori unificati dalla voglia di aumentare il proprio benessere e le proprie opportunità.
Passando al Vecchio Continente, in Gran Bretagna si discute della fine del multiculturalismo e della necessità di nuove forme di integrazione ma nessuno si sognerebbe di rinunciare a essere il polo di attrazione per i desideri di emancipazione delle genti dell’ex impero. In Francia, le meschinerie politiche degli ultimi tempi non cancellano il ricordo delle imprese calcistiche dei Blues quando nessuno si domandava se Zidane o Trezeguet fossero o meno francesi. La Francia calcistica non vince più ma la società è indelebilmente Blues e non potremmo immaginarne una diversa. In Norvegia poi, il partito laburista ha portato in parlamento, nel 2009, la prima deputata musulmana. Hadia Tadjik ha oggi 28 anni e prima di essere eletta è stata consigliera del primo ministro per le questioni sociali. Quando accadrà in Italia? E soprattutto: dovremo aspettarci manifestazioni indignate con tanto di parlamentari europei e maiali al guinzaglio a caccia di moschee da dissacrare?

In Germania, un paese che da decenni accoglie ogni anno migliaia di profughi e di lavoratori immigrati, i Grünen trionfano nelle elezioni regionali e si candidano per conquistare la cancelleria alle prossime elezioni federali. Con un piccolo particolare, il loro leader si chiama Cem Özdemir, ha 46 anni, è figlio di immigrati turchi arrivati in Germania nel 1960 e ha ottenuto la cittadinanza tedesca nel 1983. Appartiene alla seconda generazione di immigrati, è bravo e questo conta. Se sostituisse la Merkel, questo fatto dimostrerebbe ancora una volta la piccolezza e la meschineria delle discussioni italiane sull’integrazione o meno delle persone immigrate.
Dobbiamo avere il coraggio di dire chiaro e tondo che l’immigrazione non solo non è un problema ma è la condizione per essere ancora una società che ha qualcosa da dire. È la condizione per il benessere sociale, economico e culturale. È la condizione della modernità. Le società meticce hanno una marcia in più. Le persone capaci di esprimere una sintesi tra diverse culture e tradizioni, come gli immigrati di seconda generazione, sono più in grado di comprendere la dimensione globale del mondo contemporaneo, hanno energie e voglie di mettersi in gioco che, invece di spaventare, dovrebbero rassicurarci sulla possibilità di continuare a essere protagonisti nella sfida per migliorare le nostre vite. L’integrazione non è una possibilità ma una necessità, e prima avviene meglio è.
Naturalmente vi sono anche esempi di società chiuse, culturalmente omogenee, arroccate dietro le proprie identità: pensiamo all’Arabia Saudita, alla Corea del Nord, allo Yemen. Lì l’integrazione è negata, lì non c’è spazio per la diversità e il meticciato. Ma non c’è nemmeno libertà né benessere. È la realtà di cui si diceva: libertà e benessere sono caratteristiche di società miste, mentre la difesa dell’identità passata e la rinuncia alla ricerca di nuove identità plurali è la caratteristica delle società culturalmente omogenee.
Tutte quelle forze sociali che spingono verso il rifiuto del meticciato ci stanno consegnando una società molto simile a quella da cui dicono di volerci difendere: paventano il fondamentalismo e stanno costruendo una società fondamentalista, predicano la fine del benessere e ci stanno avviando verso la marginalità economica, gridano all’invasione culturale e stanno riducendo la nostra cultura a un guscio vuoto di slogan e il nostro paese all’ignoranza e la paura.
L’anno scorso, in una intervista alla Bild, Özdemir dichiarava “vogliamo portare i Verdi nel 2013 al governo federale. Noi Verdi vogliamo governare, ci crediamo”. Ecco, forse il segreto è tutto qui: bisogna crederci.
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