Il mondo del cinema è un mondo duro: difficile entrarci, difficile rimanerci, difficile tirarci fuori la pagnotta. Le stelle di Hollywood, le major e la notte degli Oscar hanno costruito negli anni un immaginario collettivo piuttosto lontano dalla realtà comune di chi lavora nel campo. Un’analisi molto più cruda e veritiera la si può riscontrare nel serial (e recentemente film, recensito dalla nostra Erika Farris) Boris, che infatti è molto apprezzato dagli addetti ai lavori.
Se un autore, dopo anni di gavetta e rospi ingoiati, cerca di realizzare il suo primo progetto importante, si trova davanti a porte chiuse in faccia, promesse di telefonate mai mantenute, “graduatorie” soffiategli dal figlio del produttore, per non parlare di cose più losche, che tralascio per non divagare.

Questo mondo lo conosce bene Marco Cei, che lavora nel campo della produzione cinematografica dal 2000, è docente della scuola di cinema Anna Magnani di Prato, ed è anche scrittore, sceneggiatore, attore, regista e produttore.
Dopo aver lavorato sul progetto per anni, Marco va a bussare alle porte delle grandi case di produzione italiane, inutilmente.
Un autore che si ritrova in questa situazione, solitamente ha solo due alternative: trovare i soldi in qualche modo – autoproducendosi se è ricco, raccattando qualcosa qua, qualcosa là se non lo è – oppure rinunciare e tornare alle agenzie di lavoro interinale.
Marco invece pensa a una terza alternativa: il sistema “the coproducers“.
Riassumendo, con questo sistema tutta la troupe e il cast lavorano inizialmente in modo gratuito, ma viene loro riconosciuta una percentuale di proprietà del film, stabilita secondo diversi parametri. A film finito, tutto l’incasso viene suddiviso tra i membri con le relative percentuali. Una sorta di cooperativa cinematografica, insomma.

La differenza con la “macchina” cinematografica classica, ovunque nel mondo, è che il produttore paga un tot gli attori, un tot la troupe, e il contratto è risolto. Se poi il film incassa una quantità spropositata di denaro, tutto il surplus rimane nelle casse della produzione. L’esempio che cito sempre è quello di Star Wars, il film che ha fatto la fortuna di George Lucas: se fosse stato fatto con il sistema co-producers, Lucas non sarebbe l’unico miliardario oggi, bensì tutto il cast e la troupe del film, perché ogni volta che il film avesse guadagnato dei soldi, sia pure in concorsi o a distanza di trent’anni, quei soldi sarebbero stati sempre suddivisi secondo le percentuali stabilite.
Naturalmente, ci sono i lati – non negativi – ma rischiosi. Si tratta comunque di una scommessa: il successo di un film non è sempre prevedibile. Ma senz’altro questa formula carica responsabilità su tutti coloro che ci lavorano, spronandoli a fare un lavoro al meglio delle loro possibilità, in quanto questo si ripercuoterà direttamente sul loro guadagno.
Questo sistema è sempre più utilizzato, proprio perché le grandi produzioni cinematografiche sono circoli estremamente chiusi ed elitari. Il contratto di coproduzione o sue varianti sono quelli più utilizzati dalle produzioni indipendenti, e non solo in Italia: parlando con Christian Bachini (ve lo ricordate? Lo abbiamo intervistato tempo fa), star dei film d’azione tutta italiana, in ascesa in Cina, ho scoperto che anche lì questo è il sistema che va per la maggiore, perché è quello che permette di far partire la produzione praticamente subito e senza troppe preoccupazioni.

Il film di Marco Cei si chiama Vitrum – riverberi nello specchio, e vede un cast di talentuosi attori – purtroppo poco noti al pubblico (per ora, eheheh…) – affiancati da una vera star del cinema toscano: Carlo Monni.
Le spese vive del film sono state coperte dallo stesso regista e dalla casa di produzione indipendente Diogene, di cui uno dei membri, Andrea Bruno Savelli, è anche uno dei protagonisti del film.
Vitrum è un thriller con venature horror, ambientato quasi completamente in una suggestiva e antica villa, appartenuta per anni al famoso tenore Enrico Caruso.

Le riprese del film cominceranno il 5 settembre, e sono previste cinque settimane di riprese.
Vi invito a seguire il blog ufficiale del film e la pagina fan su facebook, dove potete già trovare l’elenco del cast e della troupe, e dove potrete seguire in tempo reale la produzione del film, con foto e commenti postati (possibilmente) ogni giorno. Diffondete!
PS: l’autore dell’articolo, oltre a essere il revisore malvagio pagato in carne umana di Camminando Scalzi, incidentalmente è anche l’aiuto regista di Vitrum. Se noterete più refusi del normale sulle pagine di CS, nel prossimo mese e mezzo, saprete perché. 😀 (grazie per la fiducia ndGriso)