In questi giorni concitati, il Governo si trova a far fronte ai problemi finanziari di un Paese sempre più senza una guida solida e forte. Tra le varie idee brillanti che sono saltate fuori, spiccano gli emendamenti approvati in Commissione Bilancio che prevedono deroghe alla legislazione lavorativa vigente e ai contratti collettivi nazionali.
Nella pratica i contratti lavorativi potranno essere trattati e discussi anche in deroga alle attuali leggi vigenti, compreso il discorso sui licenziamenti. Questo in cosa si traduce? Le aziende avranno la possibilità di “licenziare” più facilmente i propri dipendenti (restano fuori dalle deroghe solo le donne vicine a matrimonio e gravidanza) attraverso accordi con i sindacati interni. Secondo Susanna Camusso di CGIL, questa è legge è “anticostituzionale”, e mira a distruggere l’autonomia dei sindacati nazionali. In concreto è un modo per aggirare completamente il contratto nazionale collettivo. Se l’azienda riesce ad accordarsi internamente con le rappresentanze sindacali, potrà arbitrariamente e senza alcun referendum interno modificare i vigenti contratti nazionali. Sarà, quindi, anche più facile licenziare.
L’articolo 18 diventa così sempre più labile, ed è inevitabile sottolineare come questa maggioranza continui a penalizzare i lavoratori, inseguendo la chimera della ripresa economica. Rimane un mistero per noi (che non ne capiamo molto di economia, ma qualcosa lo intuiamo), ma anche per gli addetti ai lavori, come una “maggiore mobilità” (chiamiamola così) possa risollevare le sorti della nostra economia. Dare più potere alle aziende significherà inevitabilmente togliere sempre più libertà ai lavoratori, libertà conquistate negli anni con dure lotte faticose. E chi ci assicura che le aziende non si accorderanno internamente per modificare i contratti con i loro stessi sindacati-rappresentanti “di comodo”? Chi impedisce ad un’azienda di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri dicendo “o ne licenziamo tot, o si chiude”? Insomma, sembra l’ennesimo enorme pastrocchio, poco incisivo dal punto di vista del rilancio economico e assolutamente mutilante nei confronti dei diritti dei lavoratori.
Nel frattempo leggiamo che le misure anti-evasione e in generale le sanzioni per chi si fa beffe del Fisco diventano addirittura più “morbide”. Spariscono le dichiarazioni dei redditi online in nome della privacy, non c’è più l’obbligo di allegare alla dichiarazione dei redditi gli estremi dei conti correnti bancari e dei rapporti con gli operatori finanziari, rimane soltanto il carcere per i grandi evasori, ma in maniera non retroattiva. Insomma, si poteva pescare nell’immenso mare dell’evasione fiscale, dei milionari che non pagano le tasse e vanno a farsi le vacanze in Costa Smeralda, magari gli stessi milionari che sono a capo di aziende che un domani potranno decidere la vita dei singoli lavoratori in base a come gira il mercato.
E invece si è preferito ancora una volta limitare i diritti della gente comune, di chi deve portare il pane a casa e rischia ogni giorno di più di rimanere senza lavoro. Tra contratti a progetto, cocopro, licenziamenti facili e chi più ne ha più ne metta, il lavoro in Italia diventa sempre più una chimera irraggiungibile.