Un'Italiana a Bruxelles: il viaggio

Una coppia di giovani speranzosi, una Renault Clio del 2001 e un bagagliaio stracolmo di valige e scatole, dominato da una testa parlante di Darth Fener: totem di ricordi universitari e di una stravagante passione cinematografica.
Una lacrima interrotta e un abbraccio di saluto, per scappare da una quotidianità pagata a quattro soldi, fra pacche sulle spalle e bile nello stomaco.

1200 chilometri da percorrere e sei nazioni da attraversare, con un bagaglio di nostalgia e punti di domanda, diretti verso quell’Estero tanto invidiato. Alle spalle una città di ricordi e l’amicizia delle persone che l’hanno vissuta insieme a te.

Un viaggio da 16 ore, alla scoperta di quei piccoli particolari che i libri di geografia non ti raccontano.

In Svizzera un uomo in divisa ti ferma alla dogana e ti invita a scendere dall’auto per pagare 40 franchi di autostrada (poco meno di 40 euro), con una differenza restituita in spicciolini elvetici mai più riutilizzabili.

In Germania le autostrade non si pagano e la mancanza di limiti di velocità ti invoglierebbe a schiacciare il piede sull’acceleratore, se non fosse per i continui “baustelle” (lavori in corso) “umleitung” (deviazioni) di cui nemmeno gli impeccabili tedeschi riescono a fare a meno.

Una notte nel freddo campeggio della meravigliosa Friburgo e due pasti a base di wurstel e birra prima di ritrovarsi ai caselli autostradali francesi, dove il panico per la mancanza del ticket passa solo dopo aver scoperto che la tariffa è già prestabilita.

Neppure Lussemburgo e Belgio riescono a riportarti al vecchio motto “all’estero la benzina costa meno”, sebbene fare il pieno dopo aver chiesto a due passanti quale fosse il carburante giusto per la tua auto ti faccia provare sensazioni impareggiabili: tra gusto del rischio e cieca fiducia verso il prossimo.

Una coppia di italiani in terra straniera, in una Bruxelles meno fredda e piovosa del previsto, dove la prospettata internazionalità lascia invece ben poco spazio a coloro che non parlano francese e fiammingo. La capitale dell’Unione Europea in cui viene richiesto un interprete per iscriversi all’ufficio di collocamento, e dove scopri che non solo in Italia le persone manifestano una certa avversione per la lingua inglese.

Un’avventura appena cominciata e una pagina bianca da riempire, tra ansie, speranze e mille curiosità…

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Libertà di informazione, bye bye…

Il disegno di legge n. 1611, dai più conosciuto come “legge bavaglio” contro le intercettazioni, mette in gravissimo pericolo la libertà di informazione sul web e l’esistenza di tutti i blog e i siti che in Italia cercano di fare un’informazione alternativa.

Per i siti informatici, ivi

compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le
rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto
ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilita` della notizia
cui si riferiscono."

Nel simpatico disegno che vuol porre fine alle intercettazioni (chissà come mai i politici ne hanno così tanta paura, eh?), al comma 29 dell’articolo 1, appare una norma che è destinata a distruggere gli ultimi scampoli di libertà che ci rimangono in rete. In pratica, se dovesse essere approvato (ma vista la fretta dell’esecutivo di pararsi il didietro, questo accadrà), obbligherà ogni blogger, autore o semplice utente a rettificare il contenuto pubblicato semplicemente dietro una segnalazione del diretto interessato.

Se già in passato lo strumento della querela (abusato e stra-abusato) teneva i bloggers con il fiato sospeso e il terrore di finire in tribunale (causa penale, ricordiamolo) per aver espresso una semplice opinione (con nessun “rischio” per la parte in causa, che quindi poteva querelare quanto voleva), adesso non servirà neanche tutta la trafila. O arriva la rettifica in 48 ore, oppure multe salatissime fino a 12.000 euro. Capirete che è nient’altro che un bavaglio, una censura assoluta che mette in pericolo qualsiasi contenuto online. Fermo restando che è sacrosanto il diritto di sentirsi diffamati e di ricorrere agli organi per difendersi da dichiarazioni false, sbagliate o offensive, ed è giusto che le persone siano tutelate in qualche modo, è sconvolgente l’idea che basterà segnalare qualsiasi contenuto per farlo rimuovere-rettificare in tempi rapidissimi, e senza discussioni.

Rimane ancora l’equiparazione tra blog e prodotti editoriali classici, che è forse a monte il primo problema da risolvere. Da un lato media che hanno dietro finanziamenti, protezioni sindacali, copertura legale, dall’altro i semplici cittadini (spesso giovani) che esprimono le loro opinioni, che raccontano delle storie, sprovvisti di alcun tipo di tutela. Capirete anche voi che “minacciare” velatamente un blog è semplice. Mentre un quotidiano, ad esempio, alla querela/richiesta di rettifica si mette lì e analizza, decide, si tutela, il blogger di turno è già attualmente costretto a battere in ritirata se non si vuole trovare a spendere denaro e tempo appresso ad una causa.

Se questo disegno di legge dovesse passare, oltre ai tremendi lati negativi della limitazione delle intercettazioni (di quanti casi non saremmo a conoscenza, oggi?), il blogger non potrà neanche più riflettere concretamente sulla possibilità di difendere le proprie idee. Devi rimuovere il contenuto entro due giorni, oppure ti becchi la multa. E chi decide se c’è vera diffamazione? Nessuno. Il passaggio è automatico: segnalazione – obbligo di rettifica. Sconvolgente. 

Questo potrebbe significare la morte totale della libertà di opinione sul web. Senza esagerare con gli allarmismi, appare molto concreta la possibilità che un blog o un sito, che dà fastidio a qualcuno semplicemente perché dice le cose con una voce fuori dal coro, possa essere tartassato di segnalazioni, articolo su articolo, e alla fine sarebbe costretto a chiudere. La Cina con il suo controllo totale della rete non è poi così lontana, pensateci.

Una classe politica vecchia, rimasta nella preistoria, con decine di scheletri nell’armadio, si protegge togliendo giorno per giorno ogni libertà ai cittadini. Si sono resi conto molto bene che la rete non ha scudi, non ha specchietti per le allodole, non è, in poche parole, controllabile. Non è come la TV, dove sei obbligato a vedere quello che dicono loro. Non è come i giornali, dove sei obbligato a leggere quello che dicono loro. No. La rete dà la parola alle persone, ai semplici cittadini, a chi vota quella gente e a chi li manda a governare (spesso male) e a fargli ottenere le loro pensioni d’oro e le loro poltrone. E questo evidentemente non è più tollerabile.

Non resta che la sensazione di schifo di fronte a idee così arretrate, fuori dal tempo, che ci costringeranno a vivere in un Paese sempre meno libero. Sono curioso di sapere voi lettori cosa ne pensate a riguardo. Io sono ormai senza parole.