«Il mio obiettivo è rappresentare un’arte equilibrata e pura, un’arte che non inquini né turbi. Desidero che l’uomo stanco, oberato e sfinito ritrovi davanti ai miei quadri la pace e la tranquillità».
– Henri Matisse –
Come tutti sappiamo, in questo periodo burrascoso dal punto di vista economico e politico siamo circondati da notizie più o meno allarmanti. Mi sono chiesta quale artista potesse venirci in aiuto, donandoci una boccata d’aria fresca e un momento di quiete. Non ho avuto dubbi: Henri Matisse, il pittore del colore puro e della leggerezza, uomo dal volto mite e dal cuore di inconsapevole rivoluzionario, fa al caso nostro.
Nel secolo buio delle due guerre mondiali la sua pittura cerca l’unità, l’armonia, la bellezza. Ciò si può vedere, ad esempio, nell’opera “La Danza”, datata 1910, che qui vorrei presentare.
Commissionata dal ricco collezionista russo Sergei Shchukin, l’opera esiste in due versioni, la seconda delle quali, quella di cui ci occupiamo, è conservata al museo dell’Hermitage di San Pietroburgo.
Anni fa ho avuto la fortuna di vederla dal vivo, a Roma, e nonostante fossi ancora a digiuno di qualsiasi cosa riguardasse l’arte, risposi a quella visione con un esplosione di euforia. Nessuna riproduzione fotografica può rendere giustizia a questa semplice quanto monumentale opera.
“La Danza” presenta cinque figure umane nell’atto di danzare in tondo, tenendosi per mano. Esse si posano su una superficie verde sovrastata da uno spazio blu. Le diverse pose e le braccia suggeriscono un movimento circolare vorticoso. Alcune figure sembrano essere spinte in avanti, altre paiono essere trascinate. I volti sono quasi tutti nascosti, spersonalizzando così i soggetti e consegnandoli a una dimensione universale e simbolica. La danza infatti è la vita stessa, che circola in un movimento armonioso e senza fine. I corpi si abbandonano a essa in tutta la loro plasticità, leggeri, delineati con gesti spontanei, caratteristici della pittura di Matisse. Nonostante l’artista l’avesse ponderata a lungo, l’opera pare non premeditata, emersa in un soffio sulla tela, e noi, sapendolo, distendiamo per qualche momento i nostri pensieri fra le linee dei personaggi, negli spazi vuoti fra loro.
Il colore è sicuramente la parte più interessante. Anzitutto, Matisse evita ogni profondità: la scena si svolge su due dimensioni. A chi interessano le ombre in questo momento?
Non possiamo fare a meno di associare il verde e il blu al cielo e alla terra. Sono concetti fondamentali. Torniamo all’inizio dell’umanità, ai dipinti rupestri. L’uomo, la terra, il cielo. Ecco ridotti al minimo gli elementi della nostra esistenza. E in questo minimalismo ritroviamo il sollievo di una fondamentale gioia di vivere. Dopo questo l’arte non può che svanire nell’astrattismo o andare verso la complessità, ed è quest’ultima, per fortuna, la via che Matisse scelse di seguire in seguito.
Anche la scelta dei colori è ridotta all’essenziale (“il minimo per ottenere il massimo effetto” era il motto di Matisse in questo periodo). Blu, verde, rosso. Talmente elementari, quasi fanciulleschi, che siamo portati a illuderci si tratti dei tre colori primari. Rosso, verde, blu. Uomo, terra, cielo. La danza della vita.
I colori, saturi, carichi di tutto il loro potere, parlano da soli. A essi rispondiamo senza bisogno di spiegazioni. Il verde ci investe, il blu, che è sia cielo sia spazio sacro, come l’oro delle icone, ci dona il senso dello spazio e dell’infinito. Lì dove i colori si incontrano non vi è fusione né linea. In alcuni punti si intravede la tela sottostante. Le tinte di Matisse accarezzano la tela, leggere come ali di farfalla. Ecco il verde, ecco il rosso. Li vediamo e semplicemente ci emozioniamo per la loro bellezza.
Per finire, non dimentichiamoci le dimensioni. L’opera misura 260×391 centimetri. Riuscite a immaginarla? E’ enorme. Non sempre la grandezza fa un quadro, ma in questo caso è necessaria. Essa è una rappresentazione della vastità della vita, ci accoglie in lei, ci fa danzare con i personaggi. Potremmo volare in quel blu?
Io di questo quadro, colori a parte, adoro l’unico volto che si vede. Secondo me trasmette in pochi tratti tutta la serenità e la libertà del momento ritratto. 🙂
Vero… 🙂
Vero… 🙂
queste figure che si muovono in cerchio,leggere,quasi sospese,evocano un senso di libertà,una libertà primordiale,data dal contatto dell’uomo con il creato incontaminato,primitivo
ma che skifo
ma zitto
Adoro tutto di questo quadro, ho 14 anni e di arte non ne capisco molto, ma mi piace molto l’unico volto visibile che mi trasmette serenità
Caro Giuliano,
Hai centrato il punto!
Credo che questo quadro sia in grado di trasmettere grande serenità!
Grazie per il commento, e buon viaggio nel mondo dell’arte! 😉
[…] – il gruppo di gente dell’Est che si esibisce in una serie di caratteristiche danze alcoliche che farebbero invidia a Matisse; […]