[stextbox id=”custom” big=”true”]Dopo 10 anni dai tragici fatti del G8 di Genova del 2001, lo scorso anno è stato pubblicato il libro “L’eclisse della democrazia” (Feltrinelli Editore), dove l’allora portavoce del “Genoa social forum” Vittorio Agnoletto e il giornalista Lorenzo Guadagnucci, pestato e arrestato durante il sanguinoso blitz alla scuola Diaz, raccontano una delle pagine più vergognose e controverse della storia italiana, mettendo in evidenza gli innumerevoli tentativi di bloccare le inchieste, condizionare i testimoni, screditare gli inquirenti e indirizzare i processi. Un libro-documentario scritto servendosi del contributo di “voci” interne agli apparati dello Stato e della preziosissima testimonianza di Enrico Zucca, pm al processo sui fatti della Diaz, che per la prima volta svela i retroscena dell’inchiesta.[/stextbox]
Di libri sul G8, purtroppo, ne sono stati scritti tanti e tante parole sono state dette. Quali sono gli elementi nuovi che la vostra riflessione apporta all’argomento, soprattutto riguardo a quanto successo alla scuola Diaz e alla morte di Carlo Giuliani?
La caratteristica del nostro libro è che noi non ci limitiamo a raccontare e descrivere quello che è accaduto nelle giornate di Genova, ma cerchiamo innanzitutto di individuare le responsabilità e i responsabili, con nomi e cognomi. Ricostruiamo anche le vicende processuali dei nove anni che vanno dal 2001 alle sentenze di appello dei grandi processi sulla Diaz e su Bolzaneto e raccontiamo con l’aiuto di Enrico Zucca, pubblico ministero nel processo della Diaz, tutti i tentativi, ovviamente illegali e illeciti, che sono stati fatti per cercare di bloccare le inchieste della magistratura e impedire che queste arrivassero a conclusione e alle sentenze. È quindi un libro estremamente documentato, che infatti non ha finora ottenuto né una denuncia né una smentita, perché quello che noi raccontiamo è frutto di una ricerca su migliaia e migliaia di pagine di archivi processuali, di interrogatori e di intercettazioni. Vi sono anche tante dichiarazioni che noi siamo andati a raccogliere dai protagonisti diretti. La verità che noi ricostruiamo è assolutamente incontrovertibile. Delle vicende dei processi, cioè di tutto quello che sta dietro i processi e dei tentativi di bloccarli, non aveva assolutamente mai parlato nessuno.
Quando dice che questo libro non ha ricevuto denunce né smentite, sembra quasi dispiaciuto, come se le avesse aspettate…
No, assolutamente non dispiaciuto. Nessuno può smentire quello che noi raccontiamo perché corrisponde alla verità, è tutto assolutamente documentato. Non potendolo smentire, hanno agito in un altro modo, praticando un’assoluta e totale censura. Il giorno in cui il nostro libro è uscito in libreria, ad esempio, i due principali quotidiani italiani, che avevano ricevuto il libro dalla casa editrice Feltrinelli con la richiesta di recensione, sono usciti entrambi facendo un’amplissima recensione di un altro libro che parlava di Genova. È un messaggio molto chiaro all’editore: di Genova (di cui ricorreva il decennale l’anno scorso) se ne può e se ne deve parlare, ma non di quel libro. Lo stesso è accaduto quando abbiamo presentato il libro alla Feltrinelli di Genova con una conferenza stampa di cui erano stati avvisati oltre cento giornalisti, mentre si è presentato solo quello della Radio Svizzera Italiana. Questo dà la dimensione del tentativo di oscurare completamente questo libro. Nessuna trasmissione televisiva delle reti nazionali ci ha invitato, nemmeno quelle dove gli autori dei libri che produce Feltrinelli sono regolarmente presenti. Ripeto, credo che non ci sia un altro libro così documentato su quello che è avvenuto nel 2001 e dal 2001 ai giorni nostri. Per fortuna c’è il web, per fortuna c’è il passaparola e quindi il libro ha esaurito ormai la prima edizione e siamo sulle diecimila copie vendute.
So che può sembrare banale, ma a cosa è dovuto lo scarso interesse dei media – quello che lei ha definito censura – nei confronti del vostro libro? Sono pressioni dall’alto o cosa?
Non è scarso interesse. Lei riesce a trovare un altro libro che documenta con precisione le responsabilità del capo dei servizi segreti italiani, allora capo della polizia? Che racconta cosa accadde durante il rito abbreviato per il processo a De Gennaro, uno degli uomini più potenti attualmente in Italia, coordinatore unico dei servizi segreti? Riesce a trovare un altro libro che in modo molto preciso individua anche le responsabilità, le dichiarazioni intercettate dell’attuale capo della polizia? O che fa la lista – nomi e cognomi – dei vertici della polizia che sono stati condannati e che anziché essere rimossi sono rimasti tutti al loro posto? Non stiamo parlando di questioni secondarie. Credo che coloro che hanno quei ruoli siano in grado di esercitare una qualche influenza. Come io racconto nelle prime pagine del libro, in cui riporto un dialogo avvenuto il 10 settembre del 2010 con un personaggio molto in alto degli apparati dello Stato. Mi sono trovato di fronte una persona spaventatissima, che aveva ricevuto pressioni esplicite e molto forti quando si era saputo del suo incontro con me, e che mi ha detto esplicitamente “io al suo posto non lo scriverei questo libro, stia molto, molto attento”. Un messaggio preciso. Così come precise sono state le minacce, gli avvertimenti che ho subìto negli anni, tutte le volte che in televisione o in radio dichiaravo che era necessario risalire alle responsabilità dei mandanti. Sono entrati due volte negli uffici dove stavano i miei collaboratori, sono stati rubati i computer e lasciati sul tavolo carta di credito e soldi, per far capire che non era un furto come altri. È stata mandata una lettera minatoria a chi abitava al piano sopra al mio dicendo che se non la smettevo tutto lo stabile sarebbe stato fatto saltare in aria. Tutte cose documentate e denunciate dall’avvocato Pisapia – che attualmente è sindaco di Milano ma che all’epoca era il mio legale – alla magistratura, tutte inchieste che non sono andate avanti. L’unica cosa che hanno fatto è stata quella di propormi una scorta. Ora, per minacce di questo tipo prendere una scorta della polizia fa quasi sorridere… Insieme a Lorenzo Guadagnucci, una delle vittime della Diaz e coautore del libro, abbiamo per anni continuato a sostenere che non ci si poteva fermare solo ai fatti, ma che era necessario individuare le responsabilità apicali, perché è molto difficile poter credere che più di cento poliziotti, di colpo, all’interno della scuola Diaz, decidano tutti di non rispettare le regole, di non rispettare le leggi e commettano dei reati. È molto difficile pensare che decine tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, operatori penitenziari, a Bolzaneto, comincino a torturare e a commettere violenze così, come d’incanto. È evidente che se questo avviene per così tanti rappresentanti delle forze dell’ordine contemporaneamente e in luoghi diversi, o qualcuno l’ha ordinato, o perlomeno qualcuno ha lanciato il messaggio che rimarranno completamente impuniti.
Lei ha accennato al ruolo di De Gennaro, che è stato assolto. La Corte di Cassazione ha inoltre confermato la sentenza a quattro anni di reclusione per i poliziotti che erano accusati di aver materialmente arrestato gli studenti spagnoli. Qual è il suo commento su queste due sentenze, tenendo anche conto di tutti i nomi ai vertici delle forze di sicurezza che sono stati accusati ma che si sono sempre rifiutati di dimettersi, anche dopo condanne di secondo grado?

Sulla sentenza della Cassazione su De Gennaro io mi limito a dire che c’è un aspetto abbastanza incredibile. La sentenza della Cassazione cancella la sentenza d’appello ma non ordina un nuovo processo. Si rifà alla sentenza di primo grado, con cui era stato assolto. In genere la Cassazione interviene su questioni di metodo e non di merito. Se annulli una sentenza occorre che si rifaccia un processo. Così non è. Lorenzo e io abbiamo subito detto che gli equilibri costituzionali erano stati manomessi. Immagini di essere uno dei giudici della Cassazione che si trova a giudicare quello che era il capo della polizia, messo sotto inchiesta, condannato in appello e che nel frattempo veniva continuamente promosso e protetto da tutto il mondo politico in modo bipartisan. Allora c’è un’interferenza del potere politico rispetto al percorso giudiziario. Mi limito a questo: credo che la situazione in cui si sono trovati i giudici di Cassazione non sia stata semplice. Detto questo, sono assolutamente convinto che una sentenza non può riscrivere la storia. I fatti sono accertati. Che poi una corte dia un’interpretazione diversa rispetto al reato non modifica comunque i fatti. I fatti ci sono e nessuno è stato in grado di contraddirli. Altre sentenze, che però coinvolgevano persone meno in alto nella scala gerarchica, sono arrivate a essere definitive; c’è già un pronunciamento della Cassazione. Altre ancora molto importanti, come quelle relative ai fatti della Diaz e di Bolzaneto, rischiano di arrivare in prescrizione. C’è un allarme, lanciato anche da Magistratura Democratica, secondo cui rischia di andare in prescrizione tutto il processo sulla Diaz. Rimarrà in piedi la parte civilistica, cioè la questione relativa ai risarcimenti, ma la parte penale rischia di concludersi assolutamente nel nulla. Questa non è giustizia, credo che su questo si possa essere tutti d’accordo. Per quanto riguarda il fatto che tutti i vertici della polizia presenti a Genova e condannati, anziché essere sospesi o rimossi, sono stati tutti promossi, questo è uno scandalo italiano enorme. Non soltanto i condannati non hanno sentito la dignità di doversi dimettere, ma la politica non ha sentito il dovere di farli dimettere e li ha, anzi, promossi. Qui nasce una domanda che noi poniamo nel libro, una domanda che, se vogliamo, è molto angosciante: di che cosa ha paura la politica? Come mai la politica non ha preso dei provvedimenti e, quindi, ha rinunciato al suo ruolo? Io mi limito a dire che in un paese dove è previsto che l’incarico del Capo dello Stato duri sette anni, non è una cosa sana lasciare per diciannove anni, forse di più, le stesse persone ai vertici di diverse importanti istituzioni, come l’antimafia, la polizia e i servizi segreti.
Lei dice che la politica non ha adempiuto al suo ruolo. Allora qual è stato il ruolo della politica prima, durante e dopo il G8?
Il G8 è stato preparato dai governi di centrosinistra che hanno preceduto il governo Berlusconi, quindi dal governo D’Alema e dal governo Amato. Berlusconi vince le elezioni nel maggio del 2001 e il suo governo si insedia appena un mese prima dell’inizio del G8. La quasi totalità dei preparativi dipende dai governi precedenti, di centrosinistra. Addirittura la scelta di Genova dipende dal governo precedente, così come gli istruttori fatti venire da Los Angeles per preparare i reparti di polizia che devono essere schierati. Il settimo nucleo del primo reparto di Roma, che poi sarà il nucleo che entra per primo alla Diaz e quindi maggiormente responsabile delle violenze che si sono consumate in quella scuola, viene costituito proprio per l’occasione di Genova dal governo di centrosinistra. Fra le scelte operate dal centrosinistra, c’è addirittura l’uso dei micidiali tonfa. Quando inizia il G8 c’è il governo di centrodestra, presieduto da Berlusconi, Scajola è il ministro degli interni, Fini è vicepremier. Non c’è ombra di dubbio che la gestione del G8, di quelle giornate, porti la responsabilità politica del governo in carica. Quando i magistrati cominciano l’inchiesta e individuano le responsabilità della truppa di polizia che ha praticato violenze inaudite e illegali all’interno della scuola Diaz, è la destra che si scatena in difesa dei poliziotti e dei carabinieri coinvolti nelle vicende dell’assalto alla scuola e nelle torture a Bolzaneto, a prescindere da quello che hanno compiuto. Basta vedere le dichiarazioni di Gianfranco Fini già dalla sera del 20 luglio. Quando questi incominciano a risalire ai vertici della polizia, cioè indagano anche i ruoli apicali, la situazione si complica. Il centrosinistra, che prima chiedeva una commissione d’inchiesta, si spacca e la stragrande maggioranza, tranne Rifondazione Comunista, non la vuole più. Il motivo è molto semplice. I vertici della polizia messi sotto accusa dai magistrati non sono persone che hanno una storia o una cultura di estrema destra. È molto triste quello che dico, ma nessuno può pensare che in tutti questi ultimi vent’anni le frequentazioni di De Gennaro siano state con Fini. Chi si muove in favore di De Gennaro sui media si chiama Luciano Violante, Giuliano Amato. Quindi, semplificando, per difendere da una parte le truppe della polizia e dei carabinieri, dall’altro i vertici della polizia, c’è un’operazione bipartisan per bloccare la commissione d’inchiesta. Qualunque richiesta di verità e giustizia non troverà nessuna sponda all’interno del Parlamento. Questo spiega anche, in parte, il perché del disinteresse dei media, anche di centrosinistra, verso il nostro libro.
– fine prima parte –
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a cura di Erika Farris e Salvo Mangiafico
Lavorone impegnativo ma soprattutto estremamente interessante. Bravissimi Erika e Salvo!
[…] la seconda parte dell’intervista con Vittorio Agnoletto (la prima parte è consultabile a questo link). Il G8 di Genova ha rappresentato l’episodio forse più tristemente noto della storia del […]
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