Aucan – Black Rainbow

La sperimentazione contraddistingue questo trio bresciano, apprezzato molto all’estero e nella scena underground italiana.
La benedetta ottusità nostrana spesso allontana la creatività a tal punto di disprezzarla in nome del conformismo. Un paese in cui si preferisce esportare talenti lontano piuttosto di importarli. Il “sofisticato” metro di giudizio made in Italy di sopravalutare musicisti privi di originalità, rappresenta il disinteresse nello stimare artisti all’avanguardia. Per fortuna esistono dei paesi, dove musicisti di questa portata sono accolti con entusiasmo.

Nel 2011 gli Aucan hanno pubblicato il secondo album Black rainbow; un progetto cupo, denso di suoni ossessivi, a volte incline alla schizofrenia degli Aphex Twin. La sensazione della persecuzione vacilla all’interno di quest’album.
Ascoltando il disco immagino di trovarmi all’interno di una macchina, guidando di notte senza meta lungo una strada buia e interminabile.

Black RainbowQuella sottile linea di equilibrio, gli Aucan la modellano, la spezzano, addirittura la distruggono in nome della sperimentazione pura senza fronzoli e privi di appartenenza a un genere musicale. Cercando di racchiuderli all’interno di una sottocategoria come dubstep, trip hop, grime e via dicendo si rischia di confondere la macchina della sperimentazione messa in atto da questo trio.
Precipitare negli infernali gironi danteschi dei generi musicali per classificarli in nome della cultura musicale, inevitabilmente li sminuisce. La loro caratteristica è la ricerca delle sonorità, quasi fosse un esperimento, per cui bisogna testare la causa-effetto per ottenere i risultati finali.

La finalità dell’esperienza consiste nel permetterci di ascoltare una varietà di suoni sintetici e meccanici (la batteria) con diletto e perfino fastidio.
Propongo l’ascolto dei brani Heartless e Crisis, per intraprendere un viaggio affascinante offerto da un trio formidabile.

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