In Inghilterra è un’icona da sempre, anche se otto anni fa è venuto a mancare. Qui da noi però è un personaggio troppo poco conosciuto ed è un sacrilegio per ogni amante del calcio, visti i suoi numeri e i suoi straordinari record. Parliamo di Brian Clough, centravanti e successivamente allenatore inglese, che ha realizzato cose attualmente difficili da eguagliare. Ma andiamo con ordine.Continua a leggere…
Categoria: Sport
Raul, il colchonero che ha fatto la storia dei nemici
A volte la storia gioca degli strani scherzi. A quanti genitori è capitato che i propri figli diventassero quello che non volevano? Senza addentrarci nel sociale ed attenendoci squisitamente all’ambito sportivo, ci riferiamo ad una “offesa” che a tanti papà capita di subire: il proprio figlio diventa tifoso della squadra sbagliata, magari i rivali di sempre. A qualcuno però va anche peggio. Il padre di Raul Gonzalez Blanco, calciatore che è riuscito ad ottenere numerosi riconoscimenti e a rendersi famoso col suo nome piuttosto che col cognome (meraviglia del balompié spagnolo), lo ha visto addirittura diventare la bandiera, il simbolo, il fulgido esempio della grandezza dei “nemici giurati”. Già, perchè tanto Raul quanto suo padre sono da sempre tifosissimi dei “colchoneros” (così chiamati da quando venne istituita la maglia biancorossa, perché divise del genere erano facilmente ricavabili dai fondi dei materassi, cosa questa che valse ai giocatori e ai tifosi della squadra il suddetto soprannome) e speravano di fare la storia del team della capitale. Raul infatti inizia la sua carriera ufficiale nelle giovanili dell’Atletico Madrid, firmando all’età di tredici anni per la squadra del cuore, dove da esterno di centrocampo segna 55 gol nella sua prima stagione e 65 nella seconda (di cui otto in una sola partita) vincendo sempre il campionato di categoria.Continua a leggere…
Una partita che si gioca… un quarto di secolo fa
Erano gli anni ottanta. Tutto era diverso. C’era ancora l’Unione Sovietica, il Muro di Berlino era ancora in piedi, passava la cometa di Halley, i Duran Duran spopolavano fra le ragazzine, Berlusconi comprava il Milan, esplodeva una centrale nucleare a Chernobyl e Maradona entrava nella leggenda con la “Mano de Dios” ed un gol pazzesco contro l’Inghilterra. Ma se si chiede ad un napoletano quale avvenimento ricorda del 1986, qualsiasi appassionato di calcio citerà la vittoria a Torino del 9 novembre. Il team di Ottavio Bianchi giocò un match memorabile andando a espugnare il “Comunale” (per oltre metà ospitante tifosi azzurri) per tre a uno, dopo aver rimontato l’iniziale vantaggio bianconero firmato da Laudrup con i gol di Ferrario (uno che andava nella metà campo avversaria tre volte all’anno), Giordano e Volpecina. Cosa significò per i napoletani lo spiega meravigliosamente Maurizio De Giovanni, un bravo scrittore partenopeo, nel suo libro “Juve-Napoli 1-3. La presa di Torino“. Quelli che per anni erano stati i “nemici di sempre” erano stati battuti. La ricca Juventus, dei ricchissimi e potentissimi Agnelli, simbolo del nord industrioso contro il sud meno sviluppato e che cercava una rivalsa nel mondo pallonaro.
Difficile non vedere un déjà-vu con quanto sta accadendo oggi, nel 2012. Entrambe le squadre appaiate in cima alla classifica, la Juventus considerata come la favorita numero uno al titolo, la giornata di campionato quasi uguale (ottava adesso, nona un quarto di secolo fa), la stessa speranza di coloro che intraprenderanno il viaggio verso il nuovissimo “Juventus Stadium“, capolavoro di architettura per visuale e comfort ma decisamente piccolo e che non potrà ospitare i quasi trentamila napoletani come nel 1986, nemmeno il dieci per cento. Intendiamoci, ci sono tante cose diverse. L’attuale squadra bianconera è decisamente la più forte del paese, forte di uno scudetto vinto meritatamente lo scorso anno, di una rosa molto competitiva, di un allenatore che per quanto bistrattato è senza dubbio bravissimo, ma soprattutto di un record di imbattibilità che dura da oltre un anno. La differenza con il Napoli sembra molto più marcata rispetto a quanto accadde anni fa. Però… c’è chi rivede in Cavani il fervore che soltanto il più grande giocatore di tutti i tempi, Diego Armando Maradona, aveva saputo dare ad un intero popolo. I suoi scudieri non sono Giordano, Carnevale e De Napoli, ma Pandev, Hamsik e Maggio.
No, decisamente non è una partita come le altre. Potrebbe anche non decidere nulla, è ovvio, siamo appena ad ottobre e questa lotta a due potrebbe anche spezzarsi in favore di qualcuno. Ma è da ingenui pensare che sabato 20 ottobre qualsiasi tifoso napoletano non si paralizzerà a seguire i propri beniamini, sognando quello che qualcuno vorrebbe tanto rivivere e quello che qualcuno vorrebbe vivere per la prima volta. Dall’altro lato ci sono la consapevolezza di essere la squadra più vincente della storia italiana a livello di scudetti (ventotto, ma come si evince da battute sempre più frequenti per qualcuno sono di più) e la pressione dello scomodo ruolo di favorito, ma anche per gli juventini sarà una gara tutta da seguire, proprio perché un testa a testa del genere non capita tanto spesso (soltanto nella stagione 1974-1975 Juventus e Napoli avevano battagliato per il titolo, andato poi a Bettega e compagni) e perché c’è appunto una imbattibilità da difendere. Voglia di vincere da ambo le parti dunque, con la consapevolezza che magari anche questa partita entrerà negli annali della storia del calcio, e magari qualcuno ci scriverà un libro per raccontare quanto accaduto in terra piemontese alle nuove generazioni.
Sfide del genere fanno solamente bene al nostro calcio, ultimamente fin troppo in ribasso. Se ci si ricorda che si tratta comunque di sport e non di questioni vitali, allora ci si può decisamente abbandonare a questa passione anche con settimane di anticipo. Che i tifosi delle due squadre si godano l’incontro, così come probabilmente faranno anche quelli di tutte le altre compagini, perché tutti vogliono veder fare la storia.
Alex Zanardi, l'uomo che sconfisse il destino
A volte nella vita succedono delle cose che non riesci assolutamente a decifrare, cose che sul momento ti lasciano un senso di vuoto e di sconforto. Questo è accaduto ad Alex Zanardi il 15 settembre del 2001, giusto quattro giorni dopo un altro evento che ebbe una ripercussione sul mondo come poche altre volte era successo nella storia dell’era moderna. All’Eurospeed Lauswitz, in Germania, dove già aveva perso la vita Michele Alboreto, Zanardi dopo un rifornimento ai box in una gara che stava dominando perse inaspettatamente il controllo della sua vettura rendendosi protagonista di un incidente spaventoso. La sua auto si spaccò in due e la vettura di un altro concorrente gli tranciò di netto le gambe, portandolo ad un passo dalla morte. Incredibilmente, dopo due settimane di coma farmacologico, Alex ce la fece, pur sapendo che non avrebbe mai più camminato sui suoi arti inferiori.
C’è un modo di dire che indica la perdita di ogni speranza, ovvero “questa cosa mi ha proprio tagliato le gambe”. Evidentemente Zanardi non ha fatto suo questo modo di dire, perché è ripartito proprio da quel momento iniziando una carriera che l’avrebbe portato a conquistare quella che è la cosa più ambita per uno sportivo: un oro olimpico. La sua carriera da normodotato del resto non era certo stata indimenticabile. Dopo l’inizio nei kart e la lunga trafila che è propria alla maggioranza dei ragazzi che magari ha il sogno nel cassetto di guidare un giorno “la rossa di Maranello”, approda finalmente in Formula 1 nel 1991, all’età di venticinque anni, quando Eddie Jordan gli chiede di sostituire Michael Schumacher (non proprio uno sconosciuto). Al debutto un ottimo nono posto e la conferma come terza guida, poi il passaggio alla Lotus e un brutto incidente a Spa (si, a volte la sorte sembra veramente prenderti per i fondelli). Una serie di risultati deludenti lo costrinse ad abbandonare la Formula 1 per passare alla Cart (quella per cui vanno pazzi gli statunitensi).
Dopo un fugace “come-back” nel mondo dei Gran Premi ci fu la seconda “fuga” verso il Cart, che però gli sarebbe costato tanto per il suddetto incidente. Addio motori? Non per lui. Grazie a delle protesi (fortunatamente siamo nel nuovo millennio e la tecnologia può fare miracoli) torna a guidare e non solo, perché ottiene alcune incredibili vittorie dimostrando che evidentemente l’abilità nella guida risiede nell’animo e non nel fisico. La svolta decisiva però arriva quando decide di partecipare a manifestazioni per disabili una volta terminata la carriera di pilota. Sceglie l’handbike (bicicletta dove pedali appunto con le mani) e si scopre un vero talento. Esordisce col botto con un quarto posto alla Maratona di New York del 2007 ed è un crescendo fino alla vittoria nel campionato italiano nel 2010, l’argento nella crono mondiale del 2011 e il successo con record del percorso alla Maratona di Roma. Fino all’evento più recente. Si presenta alle Paralimpiadi di Londra 2012 per la prova su strada e per quella a cronometro, con esito uguale: ORO. Più un argento nella staffetta a squadre. D’obbligo renderlo portabandiera della cerimonia di chiusura.
Ora, sembra assurdo pensare che una disgrazia come quella capitata a Zanardi possa trasformare un pilota dalla carriera quasi anonima in un supercampionissimo olimpico e una vera e propria icona dello sport, ma soprattutto un vero e proprio orgoglio del nostro paese. Sembra assurdo ma è così. Anche un accadimento tremendo da sopportare può essere visto come un punto di partenza piuttosto che come uno d’arrivo a condizione di avere un’infinita voglia di vivere e un’infinita voglia di dimostrare al destino che se ti volta le spalle puoi fregartene e fare a modo tuo, diventando una leggenda in barba alla cattiva (ma agli occhi degli altri) sorte.
[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Vuoi scrivere anche tu per Camminando Scalzi? Vuoi gestire una rubrica sulla tua tematica preferita?
Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate: attualità, cronaca, sport, articoli ironici, spettacolo, musica… Vi aspettiamo numerosi![/stextbox]
I miei giochi (London 2012) – Partre V
Immancabile la visita ai magazzini di Harrods. Anche se la parola magazzini, accanto ad Harrods, secondo me non è molto appropriata. Tutto sembra, tranne che un magazzino. Cinque piani di balocchi, anche se un’annotazione particolare merita il piano dedicato al Food. Una sorta di gioielleria che vende caffè, cioccolato, biscotti, vino, caramelle, dolci di ogni genere, e poi la zona fast-food dove ci si può fermare a bere una coppa di champagne, o a degustare il tacchino arrosto. Chi vi accoglierà al di là del bancone per servirvi la merce sembrerà tutto, tranne che un semplice commesso; la divisa di Harrods, grembiule e cappello, rende infatti tutti coloro che lavorano in questo storico piano di questo incredibile palazzo dei personaggi da favola. Se le scatole in latta piene zeppe di biscotti non fanno per voi, salite e scendete tra i piani e sbizzarritevi tra Prada, Gucci, ecc. Non dimenticatevi la carta di credito, qui dicono che sia la tipica “thing you can’t live without” . Usciti da Harrods potrete noleggiare le bici come ho fatto io e perdervi dentro Hyde Park; attenzione però, a Londra si guida a sinistra e si sorpassa a destra, anche se siete in bici dentro un parco. Questa cosa mi ha confuso tantissimo, non so se una volta in Italia riuscirò a regolarmi al volo. Questa cosa del guidare a sinistra è strana e secondo me insensata; anche le porte di casa hanno la fermatura inglese. Per chiudere, bisogna girare la chiave come se in Italia chiudessimo, e per aprire in senso contrario. Sulle scale mobili della metro vi sarà però chiesto di mantenere la destra, cosicché chi dovrà sorpassarvi andrà a sinistra. Un apposito cartello vi indicherà la posizione da mantenere. Stand on the right. Questa dei cartelli è stata per me una sorpresa curiosa e inattesa. Se mi chiedessero di sintetizzare il pensiero e la cultura degli inglesi infatti utilizzerei sicuramente uno slogan che campeggia nelle underground. È una frase che vi ripeteranno fino alla nausea e che mi ha colpito. Mind the Gap. Se questo mio racconto diventasse un libro, certamente il titolo sarebbe Mind The Gap, e il catenaccio La mia Londra.
Mind the gap, letteralmente si traduce Attento al vuoto; la frase è poi completata da between train and platform. Insomma è un avvertimento a non dimenticare che quando si apriranno le porte del treno, ci saranno 10 cm di vuoto, e bisogna fare attenzione. Mi ha colpito, sia per la frequenza dell’avvertimento, dichiarato a voce, scritto all’interno del treno e a terra sulla piattaforma, ma soprattutto perché a mio parere in questa frase si sintetizza Londra e forse l’intero popolo inglese. Un consiglio per non farti male, un aiuto per te turista e per l’intera comunità. Gli ingredienti del perfetto inglese sono rigidità, precisione, organizzazione e educazione. Qui si dice Polite, e vuol dire educazione, compito da seguire, anche se letteralmente proviene dal greco Polites – Cittadino. I comportamenti che deve avere un bravo cittadino. Questo concetto si respira dappertutto, ma per la Cerimonia d’Apertura me ne sono reso conto definitivamente. Non avete idea di cosa è accaduto nel pub all’interno del quale stavo guardando la cerimonia, quando dalla porta d’ingresso si è presentato un anziano signore. Ma lo stesso sarebbe avvenuto se fosse entrato un disabile o una donna in cinta (priority seat). Si è scatenata la ola; tutti, e dico tutti, nessuno escluso si sono staccati dalla sedia per cedere il posto. Una sorta di devozione verso gli anziani e rispetto in generale verso gli altri. Ecco mind the gap (mind vuol dire anche testa, cervello; una sorta di usa il cervello, metti testa) cementifica il senso di comunità; aiutare gli altri a Londra, vuol dire aiutare se stessi a crescere e migliorare. Qui è ritenuto ingeneroso soffiarsi il naso in pubblico, o gettare qualsiasi cosa per terra e lo stesso vale per la tonalità da tenere nel parlare al telefono quando si è in un luogo pubblico, ma in generale per il senso civico da tenere. Rispetto, in una parola sola.
Questo è quanto ho scoperto a Londra, della Londra città, e dei londinesi; ero venuto per visitare la città, per studiare l’inglese e per i Giochi. Il bilancio è più che positivo; la città è incredibile, ho studiato bene e ringrazio il mio teacher Peter e tutti i ragazzi che con me hanno seguito le lezioni, e poi ho seguito i Giochi, un po’ in tv grazie alla BBC, e anche live (Waterpolo F, Semifinal ITALY vs CHINA e USA vs AUSTRALIA, Marathon F & M). Ho girato tanto e ho raccontato quello che mi è capitato, ho scoperto una città incantevole con centinaia di luoghi da scoprire, e un popolo che racchiude decine e decine di razze e culture, ma che non ha perso le proprie radici. Il viaggio più bello della mia vita è arrivato a 26 anni, al momento giusto credo, mi aspettavo 80, e ho ricevuto 110. Adesso ritorno in Italia, e spero di avervi raccontato abbastanza di questa City meravigliosa.
Andrea Cataldo
I miei giochi (London 2012) – Parte IV
VI
30-7
Ci sono un campano, un pugliese e un siciliano…
Se deciderete di andare a Londra e iscrivervi in un college, non abbiate paura di partire da soli. Nelle scuole farete amicizia con decine di ragazzi e naturalmente non mancheranno gli italiani. Per puro spirito da crew, nelle pause verrete attratti dai vostri simili. Io ho conosciuto russe, cinesi, giapponesi, spagnoli, coreani, equadoregne, e soprattutto italiani. La Campania spadroneggia, seguono Lazio, Veneto, Friuli, Puglia, Emilia, e..Sicilia. Farete subito comunella, come ho fatto io. Vi piacerà sentire qualcuno che parla la vostra lingua, senza dovervi sforzare troppo di cercare il past tense o il simple past tense di quel cazzo di verbo irregolare che si trasforma in una parola che non c’entra nulla. Allora scatteranno i programmi, si girerà insieme e si uscirà in gruppo. Io una sera, prima di andare in un noto club (qui ci sono i club’s non le disco), mi sono ritrovato in piena zona gay a Soho, con un campano e un pugliese. Si lo so, sembra l’inizio di una classica barzelletta del grande Gino Bramieri, ma non lo è. Avevamo sbagliato zona, tutto qui, ci hanno pensato le ragazze del gruppo tricolore a indicarci la strada da seguire.
Al Pacha sono arrivato alle 23, ma avevo un appuntamento con altre persone e, una volta entrato, credevo mi facessero il timbro cosicché potessi uscire. A Londra, invece, non funziona così. Se esci, per rientrare dovrai ripagare, a meno che tu sei un italiano e te la sai cavare. La sicurezza al primo tentativo mi rimbalza, ma gli spiego che sono italiano e che devo uscire necessariamente. Il caso vuole che la manager di questo importante club di Londra sia italiana, e quindi il consiglio dell’armadio che sta all’ingresso è quello di provare a parlare direttamente con lei. La raggiungo in ufficio, mi presento e spiego le mie ragioni. La prima risposta è negativa e sembra definitiva… se non fosse che proprio in quell’istante la lazial donna un’ape nera vide sul suo tavolo, e ad ansimare iniziò. Prendo la palla al volo, è un rigore a porta vuota, non posso sbagliare. Ammazzo l’ape con la manica del maglione, e mi si aprono le porte del Paradiso… ops del Pacha. Esco e dopo una mezz’oretta rientro. Question: Quante probabilità avete di incontrare un italiano a Londra? 100 % ! Quante probabilità avete di incontrare un vostro compaesano a Londra? 80-90 %! Io al Pacha ho incontrato un ragazzo della sicurezza catanese che in passato lavorava al Banacher, e al Museo di Storia la cameriera che ci ha aiutato a trovare il tavolo al ristorante era di Mascalucia. Noi siamo il Made in Italy.
VII
31-7
Londra è incredibile, ma c’è un percorso che mi ha fatto innamorare di questa città. Di notte tutto qui assume un mistero differente, ma c’è un luogo che visitato in una giornata grigia, secondo me, acquisisce bellezza. Può sembrare una stupidata, ma credo che Covent Garden di mattina, in una di quelle giornate classiche londinesi, nuvolo e venticello, e si dai, anche una leggera pioggerellina, sia uno dei posti più romantici e caratteristici di Londra. La fermata è Covent Garden, poi usciti dalla stazione si apre uno scenario da romanzo: il tempo sembra essersi fermato, fatta eccezione per i tanti negozi internazionali (Zara su tutti); una piazzetta semplice, una chiesa incantevole, e poi un mercato al coperto su due piani; giù è possibile imbattersi in un concerto improvvisato di violini e violoncelli e, a pochi metri, due energici cuochi mischiano la paella in pentoloni da un metro di diametro. Al primo piano i negozi caratteristici, e poi il vero e proprio mercatino che vende il tea (of course), giocattoli, t-shirts, ceramiche, pentole, bigiotteria, pelletteria, food, e tanto altro. Tutto intorno stradine minuscole, ma lunghe e piene di negozi alla moda. È stupendo perdersi tra le stradine e camminare senza meta. La sera poi tutto si trasforma: i pub si riempiono di persone e i ristoranti pullulano di gente di tutti i tipi. Da Covent Garden, in pochi minuti sarete a Leicester Square, e vi troverete in piena Piccadilly Circus. La zona di Piccadilly è elegantissima, una volta sorgevano i Gentlemen’s Club, e adesso ci sono tantissimi negozi per uomo: il negozio dei sigari, quello per la barba, quello delle pipe, quello delle cinture, delle scarpe, delle camice, delle cravatte, degli abiti, e poi i barbieri. Senza dimenticare il Ritz che è hotel and gioielleria. A Piccadilly non è difficile poter trovare un luogo dove mangiare, ma in generale in tutta Londra. Una cosa che mi ha impressionato di Londra è che qui si mangia a tutte le ore del giorno e della notte. Si inizia presto con le colazioni da Starbucks con caffè, cappuccino e biscotti, si continua con il break di mezza mattinata, magari un sandwiches da Pret-a-manger, poi una zuppa o del sushi a pranzo, e poi si ricomincia di pomeriggio con un cappuccino alle 16, magari bevuto per strada mentre si aspetta il bus, o il tea alle 17 in uno dei tantissimi ed elegantissimi place londinesi, birra alle 18 nei pub, fino alle 20 e poi cena alle 21. La zona di Westminster è da brividi, e in questi giorni a pochi metri da Westminster Abbey, si trova Casa Italia. Non è difficile trovarla perché la scritta bianca sul prato antistante la Queen Elizabeth II Conference Centre è visibilissima. È un’invenzione del Coni, che ha pensato di radunare il calore e l’affetto degli italiani in vacanza a Londra intorno agli atleti che ogni sera, dopo le gare, volessero trascorrere delle ore in relax; ogni sera nell’auditorium c’è un evento, condotto da Peppe Quintale. La serata con J-Ax è stata incredibile: lo sponsor di Casa Italia è infatti Radio Italia, ed ospite della serata è stato l’ex Articolo 31 con i suoi nuovi compagni di viaggio. Paoletta, v-jay di Radio Italia ha presentato il gruppo e fatto una breve intervista, poi il cantante italiano si è scatenato nelle sue canzoni più famose, e l’Auditorium è letteralmente esploso. Assedio è il termine esatto, decine e decine di ragazzi e meno giovani hanno saltato e cantato con il rapper, tra i fan anche il bronzo di judo Rosalba Forciniti. A Casa Italia si possono seguire i Giochi, dentro l’Auditorium, oppure partecipare ad uno dei numerosi appuntamenti con la musica e l’intrattenimento.
VIII
05-8
Food.
Prima di partire tutti mi dicevano “attento, a Londra si mangia da schifo!”. Non voglio sfatare questo luogo comune, è solo che mi aspettavo di peggio. Voglio dire, è anche difficile mangiare qualcosa di londinese, qui le catene internazionali e mondiali comandano. Al punto che al giorno numero cinque mi domandavo se avessero abolito il fish and chips, tanto da voler proprio andare alla ricerca di un posto dove poterlo mangiare. Non sono tantissimi, come mi aspettavo, i posti dove poterlo mangiare. Alla fine l’ho preso in un posto stupendo che sfiora il Tamigi, a South Bank. Lo servono in un grosso piatto, con il contorno di patatine e in mezzo il pezzo grosso, il merluzzo fritto e poi una salsa di piselli. Come dicono qui, abusando di avverbi extreme adverb , estremamente buono. Altro piatto tipico è la Baked Potatoes, io l’ho preso in un camioncino a Hyde Park, ma così in fiducia, senza neanche sapere cosa fossero. Ho letto pollo e mi ha convinto. Si tratta di una patata aperta in due, sulla quale spalmano del burro e poi a scelta, pollo in salsa piccante o carne a scelta e poi salsine sconosciute. Quando ho visto il tipo che mi spalmava quel pollo in salsa rossa, ho pensato “mannaggia ho sbagliato tutto.” Invece, incredibilmente soddisfacente. Poi, per il resto, hot-dog, hamburger, panini, sandwiches, spaghetti, pizza, cinese, giapponese, paella, tapas, tacos, e tutto quello che desiderate.
London by night? Ci sono i club dove si paga per entrare, e bisogna avere il documento d’identità altrimenti vi rimbalzano, e non avrete scuse che tengano, e non avrete modo di convincerli. Di solito si pagano 20£ e avete a disposizione un tavolo e una bottiglia; attenti però, in alcuni club vi faranno entrare solo se: a) siete in lista b) siete esteticamente impeccabili. I più noti? Maddox, Piccadilly Institute, Pacha, Fabric, Favela, Ministry of Sound, Tiger Tiger, The Penthouse, Cirque du Soleil. Altrimenti ci sono i pub, e sono dappertutto. Si paga l’ingresso, generalmente 5£, e poi si beve birra a fiumi. Evitate la Guinness se non l’avete mai bevuta, accontentatevi della London Beer, oppure di una pinta bionda alla spina. Alternative: i teatri per vedere i musical, Billy Elliot, Wicked, We will Rock you, cinema, casino, e poi tutti gli spettacoli che troverete in giro per Londra by Night. Per fare un esempio potrà capitarvi di assistere ad un concerto di batteria, suonato da un rasta-man a Oxford Street; unica curiosità, al posto della batteria, pentole. Oppure un concerto di sax a Piccadilly, dove potrete ballare Wake me up before you go go, oppure farvi la foto con Batman a South Bank, o con i numerosissimi personaggi della tv e del cinema che troverete a Covent Garden.
I miei giochi (London 2012) – Parte III
Se volete vedere un pezzo di America a Londra dovete assolutamente andare in due posti: Oxford Street e Piccadilly Circus. Io ho scoperto Oxford Street perché lì c’è il College dove ogni mattina dalle 9 alle 12 vado a studiare l’inglese. Ah, mi perdonerete, ma non vi ho detto che sono qui anche per questo: I need to study English!! Il mio college è l’Oxford House College e, per raggiungerlo, ogni mattina da Victoria prendo i mezzi pubblici; con la Victoria Line (Light Blue Line) due fermate di Metro e scendete a Oxford Circus, oppure il bus 73 che vi porta a Tottenham Courd Rod.
Il mio primo impatto con la scuola è stato difficile, ma mi aiuterà per il futuro, maybe. Il primo giorno sono arrivato puntualissimo, ho svolto il test d’ingresso, ma mi hanno fatto perdere tempo e sono entrato in classe a lezione iniziata, non alle 9, ma alle 10.45. Immaginerete l’imbarazzo di entrare in una classe con quindici ragazzi provenienti da Cina, Giappone, Spagna, Ecuador, Russia, Korea, Belgio, e prendere posto senza troppo disturbare. Anche qui ho iniziato male, perché my teacher mi prega di accomodarmi, e io nel mio inglese buffo: “can i sit here?” indicando la sedia dell’insegnante proprio ad un passo dalla lavagna. Segue risata generale della classe; ecco è arrivato l’italiano! Anche qui mi sono fatto riconoscere, ma almeno ho spezzato il ghiaccio! Ad Oxford Street sembra di essere a New York, è un lungo stradone pieno zeppo di negozi, un buon posto per comprare i regali. Se vorrete uscire di notte e frequenterete i college, non avrete problemi nel pianificare le serate, perché nelle classi e nei bar troverete i voucher per i party più incredibili, tra questi la festa in barca sul Tamigi, Maddox Club e la madre di tutte le serate Pacha (in seguito scopriremo che la famosa disco londinese è gestita da una manager italiana con la fobia per le api).
Come scritto, un altro posto USA-London è Piccadilly; di notte si trasforma, è un area completamente piena di balocchi. Un paese dei divertimenti, dai cinema ai casino, dai teatri ai negozi esclusivi, e se vorrete ci sono pure gli strip-club. Non dovrete stancarvi troppo per trovarli, saranno infatti loro che verranno a cercarvi. Se Maometto non va alla montagna… la montagna va da Maometto. I pr vi verranno ad offrire serate esclusivissime. Io invece vi consiglio di visitare M&M’s World; tre piani di M&M’s, dove potrete comprare i famosi snack e farvi foto incredibili, andateci. Vicino a Piccadilly troverete Soho e China Town, due posti da visitare in base ai gusti culinari. Volendo potrete anche rischiare di entrare in un ristorante cinese, se avete con voi il Bimixin! Io anche no. Se invece siete dei nostalgici dell’italian restaurant, vi consiglio Princi a Soho, sono tutti italiani e c’è una buona pasta. A Soho ci sono molti locali gay, ma proprio tanti e poi diversissimi ristoranti che cucinano cibo from Indocina, Thailandia, Japan, Spain, China. Insomma food from around the world. Continuando il cammino arriverete a South Bank attraverso Millennium Bridge e vi troverete in un posto meraviglioso; dal Millennium Bridge potrete infatti ammirare London Eye, Big Ben, Westminster Abbey e Tamigi, tutto in un solo attimo.
Allora penserete di essere al centro del mondo, ed è lo stesso che ho pensato anch’io; e sarete pieni di adrenalina.
V
29-30
Mi sono fatto prendere dalla sindrome del viaggiatore e ho un tantino messo da parte il racconto delle Olimpiadi, mi scuso e riprendo il discorso interrotto.
Olympic Park è l’Olimpiade di Londra. Potrà sembrarvi banale, ma è così; in giro per il centro di Londra naturalmente si respira l’Olimpiade, ma è nell’est della città che si “giocano” le medaglie. Dal centro di Londra la zona est è molto distante. Non avevo idea di cosa fosse il parco olimpico fino a che non ci sono stato dentro. Credevo fosse solamente la sede delle gare, invece è i Giochi Olimpici. Si trova nell’East End, molto lontano dal centro di Londra, ed è stata una decisione saggia quella di crearlo lì, sia per evitare che i Giochi congestionassero il centro, sia per riqualificare e aiutare una zona quella dell’est di Londra un tantino abbandonata.
Si arriva con la linea rossa, fermata Stratford, e quando le porte del treno si aprono inizia il mondo a cinque cerchi. Organizzazione certosina, decine e decine di steward e hostess gridano le informazioni da seguire per raggiungere i posti che desiderate visitare (questa cosa dei gridolini ricorda vagamente le urla dei mercati italiani, però è utile, non perdi tempo, e decidi con anticipo il tragitto da compiere); se siete senza i Ticket delle gare non potete neanche entrare al parco olimpico, questo per ridurre il traffico che, credetemi, è incredibile. Potete però, anzi dovete perché non potete farne a meno, entrare dentro il centro commerciale più grande d’Europa, Westfield Stratford. C’è tutto.
Nei pressi del Parco Olimpico, se decidete di andare in una direzione, siate decisi perché a metà tragitto non potrete ritornare indietro; uno steward vi pregherà di completare il tragitto e solo dopo ritornare indietro. È tutto transennato e si scorre come in autostrada, insomma l’inversione a U è vietata.
Adesso vi racconto la mia Opening Ceremony. Naturalmente non avevo i biglietti, allora ci siamo organizzati con i mega schermi sparsi per Londra, a Trafalgar, a London Bridge, a Victoria Park, a Hyde Park. Sarei dovuto andare a Trafalgar, ma pioveva e allora ho optato per un tipico pub pieno di persone da tutto il mondo; una cosa l’ho capita: gli inglesi sono attaccatissimi alla bandiera, alla madre patria e alla regina Elisabetta. Ogni volta che la regia indugiava sulla Queen, il pub esplodeva. Il momento più bello è stato naturalmente quello della sfilata, il pub era infatti colmo di persone provenienti da tutto il mondo. E ognuno voleva salutare la propria bandiera; Belgium e Team GB meriterebbero un discorso a parte, ma io voglio concentrarmi sulla nostra Vezzali e sui ragazzi azzurri. Quando la regia ha inquadrato il tricolore, mi sono accorto che gli italiani nel pub erano più di quanto potessi pensare. Un atleta, tra gli azzurri, salutava e portava un foglio con scritto “Ciao Mamma sono qua”, questo ha provocato l’ilarità degli inglesi presenti, come a dire sempre “i soliti italiani!”
La birra al pub è d’obbligo e non potete che ordinarla grande!
I miei giochi (London 2012) – Parte II
Quale è stato il primo approccio con Londra?
Della serie fatti una domanda e datti una risposta. All’aeroporto, all’uscita dal gate, si trova un lungo corridoio al termine del quale circa una ventina di volontari, uomini e donne di mezza età, sostano seduti nell’area Accreditation; è una macchia rosa, che è il colore dei Giochi; tutto, dalle indicazioni in metro alle polo dei volontari, è rosa. Se non devi accreditarti, loro saranno felici di darti qualsiasi informazione, come per esempio la direzione da prendere per prendere i bagagli e per andare al centro della city. Non posso fare il paragone con “altre Londra”(la mia domanda è: qui è sempre così, oppure solo adesso che ci sono le gare a cinque cerchi?) perché per me è la prima volta, ma la sensazione è di organizzazione maniacale e gli inglesi, a differenza di quanto pensassi, sono rigidi ma estremamente cortesi e cordiali. Per esempio se l’autista del Bus alla fermata ha già chiuso le porte ma sta ancora attendendo di ripartire, per nessuna ragione al mondo riaprirà le porte per far salire i ritardatari. Nota particolare? A Heathrow si trovano dei manifesti che pubblicizzano i viaggi in Sicilia. Good! Arrivato il trenino non affrettatevi a salire, il responsabile della pulizia vi pregherà di ritornare sulla piattaforma, con un tono neanche troppo delicato, perché prima che voi saliate sarà necessario dare una pulita, anche se generalmente si tratta di un controllo, perché qui tutto è immacolato. Prova ne siano i giardini di Chelsea, un parco aperto alle famiglie che sembrava essere uscito da uno spot della Barilla; mancava solo il corso d’acqua e il mulino.
Il primo posto dove andare se arrivate di pomeriggio è senza dubbio Tower Bridge al tramonto, è distante dal centro ma ne vale la pena; adesso sotto il ponte che si apre e si chiude molte volte durante il giorno ci sono appesi i cinque cerchi, ma anche senza cerchi, il consiglio è di andare in un pub che si affaccia sul Tamigi, sorseggiare una pinta di London Beer e di sporgersi in direzione della Torre di Londra. Attenti però, nei pub inglesi non si può bere al di fuori del locale stesso, se per caso vi scordate, e superate la soglia con il bicchiere in mano, qualcuno vi pregherà di rientrare. Per questo motivo vi capiterà di vedere decine e decine di ragazzi e di ragazze assiepati in un fazzoletto; è buffo, ma è così. Da queste parti si beve molto, dalle cinque del pomeriggio in poi, la birra scorre a fiumi anche se c’è da dire che potrete notare subito delle differenze tra la birra comune e quella inglese. Qui è meno frizzante, e appesantisce meno, per questo motivo riescono a berne così tanta. Un altro posto da visitare a tutti i costi, preferibilmente di pomeriggio, è South Bank, la zona al di là del Tamigi, superato il ponte Westminster Bridge; per intenderci dove c’è il London Eye, e l’Aquarium, che dovete per forza visitare (19£). A South Bank potrete passeggiare sfiorando il Tamigi, e verso le 6pm è pieno di ragazzi che bevono, ovviamente, seduti nei posti più impensati. Vedere per credere.
I miei giochi (London 2012) – Parte I
26 – 7
Ho cercato fino all’ultimo istante qualcuno che fosse interessato al mio racconto, non trovando nessuno, scrivo qui la mia Londra olimpica.
Non scrivo che Londra è ad oggi ancora un cantiere (lo è), e neanche che i londinesi si sono divisi sull’argomento a cinque cerchi, alcuni ci stanno e altri come dire.. preferiscono andare a Creta, lontano da tutto questo fracasso; tutto questo lo troverete leggendo gli speciali di Londra 2012, sui siti del mondo.
Vi racconterò invece quello che mi accade intorno e che io raccolgo. Il mio viaggio è iniziato da Catania, dove una lenta e inaspettata pioggia mi ha introdotto all’UK; poi a Fiumicino il primo sorriso: ai controlli con Massimiliano Rosolino, il mio turno è subito dopo il suo. Il poliziotto mi controlla il documento e poi mi guarda e mi dice: “in bocca al lupo” e io, senza esitare, mordendo la mia pizza, “crepi!”. Non so se vincerò anch’io la medaglia d’oro, ma se dovesse succedere la dedicherò a quell’agente di polizia. Con il sorriso è iniziato il mio viaggio inglese: sul Roma – Londra viaggio con la spedizione azzurra del canottaggio, sei uomini e una donna; c’è Sartori, mica robetta, un oro olimpico a Sidney 2000, e tre presenze a cinque cerchi. 202 cm di gentilezza per un atleta dal fisico incredibile, e molto cortese nei confronti di una bambina preoccupata dall’atterraggio a Heatrow.
Poi, la valigia rotta, la carta di credito bloccata e l’adattatore elettrico guasto.
27-7
La spedizione azzurra indossa ai Giochi il completo EA7 (Armani), saprete già che le tute sono blu o bianche, e che negli interni è ricamato l’Inno di Mameli, ma quello che forse non sapete, è che i ragazzi azzurri hanno proprio tutto di EA7. Dalle scarpe da passeggio alle tute, dalle polo ai borselli, dalle valigie agli occhiali da sole, dall’orologio alle cuffie per l’iphone o ipad. Il loro accredito contiene inoltre una speciale Oyster Card Pink. La Oyster card è una tessera solitamente prepagata dall’utente che la utilizza nei mezzi pubblici (Bus, Metro), senza dover fare la fila per acquistare il biglietto, e soprattutto per risparmiare negli spostamenti; per fare un esempio una semplice corsa in metro costa 5£, con la card 2£, basta strisciarla in metro e bus e vi si apriranno le porte. Solitamente è blu o con dei disegni particolari. Per tutti gli atleti di tutte le discipline, in rappresentanza di tutti i paesi, la Oyster è speciale, per gli italiani (forse per tutti i paesi) è rosa come detto, ma soprattutto è Open. Possono quindi utilizzare tutti i mezzi, tutti i giorni, gratis; una buona opportunità, che però credo che gli atleti non utilizzeranno, se non al termine delle proprie gare.
A proposito di Oyster Card..
Il mio arrivo a Heathrow è stato traumatico perché la mia valigia era aperta e il lucchetto rotto, ma non credo mi abbiano sottratto qualcosa, forse nello scaricare i bagagli gli addetti non hanno utilizzato molta delicatezza. Dall’aeroporto di Londra si prende il trenino express per Paddington e poi la metro per il centro. Io ho preso per Victoria, e poi direzione casa, vicino Westminster Cathedral, però prima la Oyster Card. Si fa solitamente in metro con le apposite macchinette oppure in un punto assistenza. Non volevo fare la fila e perdere tempo, credevo fosse semplice, ma ho pagato con Carta di Credito e ho avuto dei problemi con il Code, e dopo tre volte mi si è bloccata la carta. Brutto inizio, ma adesso non digito più il codice, ma striscio e firmo . Ad Acireale avevo comprato l’adattatore elettrico, perché in Uk la spina elettrica ha un diverso design e anche un diverso voltaggio; ma una volta a casa mi sono reso conto che ho speso male i 7 euro, per una spina che dovrebbe agevolarmi in tutte le parti del mondo, ma che invece si è rivelata una truffa.
Per fortuna qui con 50p nei supermercati la si trova ed è seria;
Euro 2012: riparla il campo, riparliamo anche noi
Ad inizio della scorsa stagione tentammo una ipotetica griglia di partenza in puro stile Formula 1 per analizzare quello che sarebbe stato il campionato vinto meritatamente dalla Juventus di Antonio Conte. Alcune previsioni si sono rivelate azzeccatissime, altre meno, a dimostrazione del fatto che i pronostici lasciano il tempo che trovano. Ma siccome il bello del mondo pallonaro è proprio questo ce ne possiamo fregare e ritentare lo stesso anche in ottica Euro 2012. Dopo un periodo nerissimo del nostro movimento calcistico, conciso con l’ennesimo scandalo legato alle scommesse, si può tornare a parlare di calcio giocato, lasciando che i tribunali facciano (speriamo, sarebbe veramente un’occasione da non perdere) piazza pulita di chi inquina questo sport già di per sé non proprio lindo come i pavimenti di un hotel a cinque stelle. Fare paragoni con quanto accaduto nel 2006 è simpatico e sicuramente non privo di fondamento, ma meglio lasciar perdere la cabala e concentrarsi sui dati oggettivi. Andiamo quindi ad azzardare la griglia delle sedici magnifiche, premettendo che il livello di un europeo è per certi versi anche più difficile di un mondiale, perchè non ci sono Arabia Saudita e Corea del Nord a fare da materasso, ma tutte squadre che hanno sudato sette camice per arrivare in Polonia ed Ucraina.
Prima fila: la finale dello scorso mondiale era assolutamente quella più giusta ed i valori in cima non sono poi così diversi. La Spagna parte in pole position nonostante qualche pecca in più rispetto al passato: mancherà un fuoriclasse come Puyol ed il bomber di sempre David Villa (entrambi infortunati) ma Del Bosque ha a disposizione un bacino importante in difesa e soprattutto sembra aver recuperato “El niño” Torres, che fu proprio il protagonista dell’Europeo del 2008. Otto vittorie su otto nelle qualificazioni, ventisei gol fatti e solo sei subiti. Aggiungiamoci anche che l’ossatura è composta da giocatori di Real Madrid e Barcellona, ovvero le squadre più forti del pianeta. Può bastare direi. Al suo fianco ancora l’Olanda, che ha giocatori importanti come Robben, Sneijder e soprattutto Van Persie (che potrebbe scatenarsi in questa competizione), ma paga il fatto di essere una delle squadre più “sfigate” della storia. Altro neo è la totale incapacità di vincere ai calci di rigore (quel che accadde a Euro 2000 per loro non è una eccezione, ma la regola), ma a parte questo la rosa è completa (oddio, un portiere forte magari) ed esprimono il miglior gioco del continente.
Seconda fila: Germana senza dubbio, e molto molto vicina alle prime due. Tanti giovani che non sono più promesse bensì certezze. Gente dai piedi buoni e tanti “naturalizzati” indovinati. Molto dipenderà da Gomez, che può far sfracelli e deve dimostrare di saper fare come Klose, ovvero segnare a raffica con la maglia della nazionale. Punto debole sembra essere la difesa, a volte troppo perforabile e poco sicura, ma ci sono sia i nomi sia il fatto di essere appunto “tedeschi”, ovvero freddi come non mai, capaci di arrivare fino in fondo quasi sempre e…sempre vincenti dal dischetto. Accanto a loro, ma con un secondo e mezzo automobilistico di distacco ci siamo noi. Già, noi. Le scelte fatte da Prandelli hanno convinto quasi tutti. Forse una vera prima punta sarebbe servita ma il nostro commissario tecnico ha deciso di puntare su attaccanti rapidi e che soprattutto giocano con la squadra. Siamo la miglior difesa delle qualificazioni ed è un punto basilare nel calcio moderno. Per l’attacco…dipenderà molto da Cassano e Balotelli, che se si sono ricordati di mettere il cervello in valigia (nel caso di SuperMario quel che ne rimane) possono veramente, ma veramente fare grandi cose. Ave Cesare, lavora bene.
Terza fila: Francia e Inghilterra. Le separa la manica, le unisce il gruppo D. I transalpini si sono finalmente liberati di Domenech (e non è poco) ma Blanc dovrà dimostrare ancora tanto. Certo, Benzema, Ribery ed altri sono fuoriclasse e quindi si può fare bene, ma è troppo tempo che toppano di brutto agli appuntamenti importanti e c’è ancora un clima di sfiducia verso di loro. Sono comunque in grado di vincere il girone e di giocarsela bene ai quarti. Gli inglesi invece arrivano all’appuntamento con qualche acciaccato di troppo, ma soprattutto senza Capello. Che vuol dire? Vuol dire che solo giocando all’italiana i sudditi di Sua Maestà sono in grado di vincere qualcosa (Di Matteo docet) e che se continuano a preferire il tipico gioco britannico…peggio per loro e meglio per noi. La squadra però è solida e può sicuramente dire la sua, anche se avrà un accoppiamento difficile nei quarti (se ci arriva).
Quarta fila: Portogallo e Russia. Perchè i lusitani così indietro? Eh semplice, perchè nel loro girone hanno Olanda e Germania, quindi il loro percorso è immensamente più difficile rispetto a tutte le altre squadre che sognano la finale. Cristiano Ronaldo è il miglior giocatore del nostro continente ma purtroppo non ha compagni alla sua altezza, anche se giocatori di livello importante ce ne sono. Se passano il girone possono anche arrivare in fondo però, visto l’accoppiamento possibile nei quarti. Per quanto riguarda la Russia invece c’è da dire che ha una buonissima difesa (seconda per reti subite, dopo l’Italia) ma manca un vero bomber. Talenti come Arshavin sono in declino ma potrebbero stupire come hanno già fatto quattro anni fa.
Quinta fila: Polonia e Svezia. I polacchi giocano in casa ed il sorteggio gli ha regalato il girone più abbordabile possibile (si, anche io penso sia tutto preparato a tavolino, ma tant’è), ma soprattutto non sono scarsi come austriaci e svizzeri che nonostante lo stesso trattamento quattro anni fa fecero quattro punti in due finendo fuori subito. La loro possibilità è arrivare ai quarti, ma difficilmente andare oltre. Gli svedesi sono guidati da uno dei calciatori più chiacchierati del nostro paese, ovvero il re dei bomber Zlatan Ibrahimovic, che ha attorno una squadra che gioca per lui ma anche con lui. In nazionale ha sempre fatto meno capricci (vai a capire perchè) e quindi potrebbero essere la vera e propria mina vagante, non soltanto del loro gruppo, ma in generale.
Sesta fila: Ucraina e Irlanda. Gli ucraini come i polacchi giocano in casa ma l’urna li ha aiutati molto molto meno. Sono poco conosciuti, non sono niente male ma hanno un gruppo sulla carta troppo tosto per far bastare la regola della squadra locale aiutata da tutto e tutti. Soprattutto non avendo fatto le qualificazioni si ritroveranno in una realtà a loro sconosciuta, senza dimenticare che non sarà come per le squadre di club, imbottite di brasiliani ed altri stranieri a noleggio. L’Irlanda del Trap invece…piace. Non ha grossi campioni da un bel pezzo, ma quella vecchia volte di Giovanni una sorpresa può sempre regalarla. Il girone è duro perchè c’è la superfavorita Spagna ed anche una Italia tutta da decifrare, ma si può cercare il miracolo.
Settima fila: Croazia e Danimarca: i croati hanno perso il giocatore più importante, ovvero il bomber Olic, vedendo così crollare le loro quotazioni. Squadra tosta, ma il talento è quello che è e se non si registrano praticamente da subito rischiano una imbarcata colossale. I danesi invece…poverini. Se qualcuno di loro è anticlericale credo che non si saranno contate le bestemmie dopo il sorteggio. Sono un buonissimo team e sarebbero stati sicuramente qualche fila avanti, ma onestamente passare il gruppo B è una impresa che davvero rasenta l’impossibile.
Ottava fila: Repubblica Ceca e Grecia. Bentornati ai cechi che finalmente si riaffacciano nel calcio che conta, ma i tempi d’oro sono sicuramente andati. Cammino troppo altalenante nelle qualificazioni e troppa discontinuità di risultati. Nonostante questo però per assurdo hanno chance di andare ai quarti, semplicemente perchè sono nel girone nettamente più scarso. Stesso discorso si può fare per gli ellenici, ma per loro basta dire questo: i miracoli nel calcio ti succedono una volta sola e non ci sarà un altro Charisteas.