Totò alla riconquista dell'azzurro

“Ma figurati se quest’anno continua a segnare come l’anno scorso…è impossibile”.

Se avete partecipato ad una qualsiasi asta di fantacalcio ad inizio stagione (e se vi piace il calcio al 90% fate anche il fantacalcio) avrete per forza sentito questa frase più e più volte, e da un bel po’ di tempo. Chi è colui che in barba a tali considerazioni e alla legge dei grandi numeri rimane imperterrito nelle primissime posizioni (quasi sempre in vetta) alla classifica di cannonieri della Serie A italiana?

Facilissimo: Antonio Di Natale.

Sì, vecchietto, nato a Napoli nel 1977 ma… ventinove gol due anni fa, ventotto l’anno scorso, dodici in sedici partite quest’anno (e in passato i numeri sono comunque molto positivi). Su cosa si deve ragionare? Su un fatto molto semplice: Giuseppe Rossi si è infortunato gravemente e tornerà solo in primavera, Antonio Cassano ha avuto un problema al cuore e i tempi di recupero sono ancora un po’ incerti. Quindi è così difficile che per Totò si riaprano le porte della nazionale italiana in vista del prossimo campionato europeo che si disputerà nel prossimo giugno in Polonia e Ucraina?

Il nostro commissario tecnico Cesare Prandelli ha già dimostrato di tenerlo in grande considerazione, dichiarando pubblicamente: “Lo chiamo a febbraio per l’amichevole con gli USA. Voglio vederlo con Balotelli, potrebbero essere la soluzione. Sono entrambe punte di movimento e possono muoversi come Rossi e Cassano. Totò ha già fatto Europeo e Mondiale, ma può anche essere maturato. Non si può prescindere da uno che per tre anni consecutivi sta lì ai vertici della classifica cannonieri”. Assolutamente condivisibile. Come giustamente dice Prandelli, sarebbe ingiusto non riconoscergli questo merito, anche perchè non si tratta di qualcuno che bisogna convincere a tornare in azzurro, anzi. A inizio ciclo si è voluto puntare su giocatori nuovi, svecchiare un gruppo che aveva completamente fallito nel mondiale sudafricano e dare soddisfazione ai tifosi che chiedevano la testa di molti. Di Natale però ha sempre dimostrato di essere uno che sa stare al suo posto, specialmente in nazionale, e dunque averlo come alternativa è più che condivisibile.

Proviamo anche a vedere quali potrebbero essere i motivi per cui non convocarlo. L’età? Assolutamente no. Può essere un fattore quando si tratta di comprare un calciatore ma non quando si parla di convocarlo in nazionale, e questo solo per cominciare. Puyol ha la sua stessa età ma se la Spagna non lo convocasse tutti rimarrebbero stupiti (e se ne possono fare altri di esempi del genere). Il ruolo? Relativamente, trovare cinque attaccanti che meritino il viaggio in Polonia più di lui è veramente arduo attualmente e soprattutto Totò ha dimostrato di essere in grado di fare la seconda punta. Il suo score in nazionale? Dieci gol in poco più di trenta presenze non è male come bottino, specie se si considera che non sempre ha giocato dall’inizio come invece fa nell’Udinese. Il fatto che manchi negli appuntamenti importanti? Beh ai mondiali sudafricani essere fra i “meno peggio” era facile rispetto allo schifo totale di quella sciagurata spedizione, ma lui non mi è dispiaciuto. Poi ovviamente molti ricorderanno il rigore fallito contro la Spagna nel 2008, ma allora di cosa parliamo? Vogliamo gettare la croce addosso a Roberto Baggio per USA ’94?

Ora non vogliamo sostenere che debba necessariamente essere un punto fermo dello scacchiere di Prandelli, che per inciso ha fatto benissimo fino ad adesso, ritrovando compattezza e smalto (regalando anche un bel gioco a dirla tutta). Sarebbe delittuoso però sostenere che Di Natale non meriti anche lui una chance per far parte dei ventitré ragazzi che avranno il difficilissimo compito di riportare quella coppa in Italia, dove manca da ben quarantaquattro anni (l’Inter è riuscita grosso modo dopo lo stesso tempo a tornare in vetta all’Europa). Sperando che possa continuare così, ci schieriamo decisamente da quelli che appoggiano il suo ritorno in azzurro. Vamos Totò!!

Pubblicità

Il "Barcellona d'Italia": ecco perchè l'Udinese ha stupito tutti

Oramai non fa quasi più notizia. L’Udinese di Francesco Guidolin sta facendo cose meravigliose. Quarta in campionato a soli sei punti dalla capolista Milan ed a quattro dall’Inter campione del mondo. Ma qual’è il segreto della squadra di Guidolin? Solamente i giocatori a disposizione? Assolutamente no. Perchè i giocatori devi saperli mettere in campo e trovare la giusta quadratura, ed in Serie A quest’anno oltre a Walter Mazzarri (anche lui protagonista di cose strepitose col Napoli) è stato il tecnico di Castelfranco Veneto a capire alla perfezione come tirar fuori il meglio dai suoi ragazzi.

Si è fatto un paragone scomodissimo nelle ultime settimane, comparando la squadra friulana all’inarrivabile Barcellona di Pep Guardiola, ma in un certo senso c’è una grossa similitudine. La squadra catalana gioca con due-tre attaccanti, il più alto dei quali è un metro e settantaquattro, con Messi che in pratica gioca da centravanti. Perchè? Perchè il calcio è in continua evoluzione e bisogna sapersi adattare. Al giorno d’oggi (ma non rispetto a dieci anni fa, bensì rispetto a due-tre stagioni fa) si deve essere prima di tutto rapidi, altrimenti le difese arroccate ed aggressive sono difficili da scardinare. Soprattutto in Europa il tempo per pensare palla al piede è pochissimo e dunque serve gente che pensi ed esegua velocemente.

Partenza ad handicap per l’Udinese, con quattro sconfitte di fila (senza le quali chissà dove sarebbe adesso), ma soprattutto con un modulo diverso. Floro Flores, Corradi ed addirittura Denis giocavano al centro dell’attacco con Sanchez e Di Natale sui lati, dando punti di riferimento alle difese, che riuscivano a tenere a bada il tridente. Si ventilò addirittura un esonero di Guidolin e c’era già chi diceva che Di Natale non si sarebbe neanche avvicinato alla quota gol dell’anno precedente. Cosa è cambiato? Tanto. Guidolin ha capito che si può ottenere molto di più con due calciatori come Totò ed Alexis che svariano su tutto il fronte e con il pallone fatto viaggiare a terra invece che in aria.

Ma vediamo l’undici dei friulani e capiremo meglio. Partiamo dal portiere: Handanovic è cresciuto tantissimo in Italia, riducendo nettamente il numero di “leggerezze” e specializzandosi addirittura nel parare i rigori (quest’anno quattro su cinque). Affidabile. In difesa ci sono Zapata, che oramai a Udine è di casa, Domizzi e Benatia. Domizzi è stato un “rilancio” dell’allenatore, mentre Benatia è l’ennesimo prodotto deli osservatori friulani, che pescano talenti in ogni angolo del globo. Una difesa a tre, che dovrebbe essere più vulnerabile, ma invece non lo è. Per più motivi. Sia perchè sono tre giocatori che oramai giocano a memoria e sia perchè c’è quel fenomeno di Inler a dare una mano (poi nel tempo libero imposta la manovra, lotta a centrocampo e segna anche qualche gol da fuori area). A fianco a lui Asamoah, che pur non essendo un fenomeno garantisce quei meccanismi di qualità e quantità fondamentali. Poi gli esterni, ed anche qui non si può che rimanere stupefatti dinanzi alla competenza della società: Isla ed Armero, poco conosciuti quando sono arrivati, ammirati da tutti adesso. Veloci, precisi nei passaggi e capaci di inserirsi alle spalle degli attaccanti. Poi c’è Pinzi, che è il vero capolavoro di Guidolin: da perfetto mestierante di provinciale è diventato un giocatore chiave. Non è appariscente ma chi “legge” bene le partite dell’Udinese capisce quanto sia importante il suo modo di giocare. Raccordo perfetto fra centrocampo ed attacco…ma attenzione: fra quel tipo di centrocampo e quel tipo di attacco! Nello specifico.

Su Sanchez e Di Natale il discorso sarebbe lunghissimo. Certo è che uno che viene preso dal Cobreloa (alzi la mano chi conosceva questa squadra) e poi arriva a costare cinquanta milioni di euro fa storia a sé, ma le qualita del “Niño maravilla” sono strepitose. Scatto da centometrista, controllo invidiabile, capacità di giocare a testa alta e dribbling fulmineo lo rendono imprendibile. A Udine ha trovato la sua realtà…la troverà anche in una squadra che punta a vincere la Champions League? Su Di Natale poco da dire, per lui parlano i numeri: ventinove gol l’anno scorso, venticinque quest’anno…e mancano ancora otto partite. Se non vince la “Scarpa d’oro” è solo perchè Messi…è Messi, ovvero il calciatore che più si avvicina a Sua Maestà Diego Armando Maradona.

Insomma non si offenda nessuno se l’appellativo di “Piccolo Barcellona” si adatta perfettamente alla “Grande Udinese“.

[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate: attualità, cronaca, sport, articoli ironici, spettacolo, musica… Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]