Luigi Tenco amava definirsi un compositore. In realtà non era altro che un cantautore italiano, non che l’una delle due cose escluda l’altra, ma lui teneva a precisarlo, ed allora anch’io lo ribadisco, Tenco era un compositore. Nato a Cassine, in Piemonte, il 21 marzo 1938 si tolse la vita alla giovane età di 29 anni, il 27 gennaio 1967. La cronaca della sua morte è una pagina molto triste, tra le più spietate della musica italiana. D’altronde, è sempre difficile non aggrottare la fronte quando una morte fa rima con la parola “suicidio”. La sua attività artistica è durata pochi anni, anche se già dagli arbori della sua carriera tutti intuirono che si trattava di un vero genio. Oggi voglio ricordare Tenco in maniera molto semplice, svelando a coloro che non lo sapessero una canzone che Fabrizio De André gli dedicò. De André, molto legato a Gigi Tenco, scrisse infatti una canzone che in pochi sanno essere dedicata a lui, la canzone si intitola “Preghiera in gennaio”, non tanto “scritta”, come tenne a precisare proprio Faber, quanto “pensata” nel ritorno da Sanremo dove si era precipitato non appena gli era stato comunicato il tragico epilogo della vita dell’amico.
Un brevissimo riassunto della carriera di Tenco. Iniziò lavorando come arrangiatore e partecipando come session man alle registrazioni di “La tua mano” di Gino Paoli e “Se qualcuno ti dirà” di Ornella Vanoni. Fu del 1961 il suo primo 45 giri intitolato “I miei giorni perduti”. Nello stesso anno uscì il suo primo 33 giri che conteneva successi quali “Mi sono innamorato di te” e “Angela”. Un piccolo aneddoto su un’altra canzone contenuta in quell’album “Cara maestra”, canzone che non fu ammessa all’ascolto da quella che un tempo era la Commissione per la censura , la quale decise di escludere Luigi Tenco dalle trasmissioni della Rai per due anni. Altre sue canzoni “Io sì” e “Una brava ragazza” furono nuovamente bloccate dalla censura, e già questo sarebbe sufficiente a dimostrare quanto Tenco fosse diverso da quel mondo cui apparteneva ma che era così tanto diverso da lui. La sua carriera fu accompagnata anche da alcune esperienze cinematografiche. Proprio dalla prima delle sue comparse cinematografiche prendiamo spunto per capire come il collegamento tra Tenco e Faber non fu soltanto un rapporto di amicizia ma anche un profondo legame professionale. Mi riferisco in particolare al film ”La cuccagna” dove Tenco cantò un brano composto da De André “La ballata dell’eroe”. La sua carrierà proseguì fino al 1967 quando si presentò al Festival di Sanremo con la canzone “Ciao, amore ciao”, in coppia con la cantante Dalila, che il destino volle morta suicida a Montmartre, il 3 maggio 1987.
httpv://www.youtube.com/watch?v=CHzenftyEBQ
Proprio Sanremo invece, dove Tenco probabilmente sognava il vero e proprio decollo della sua carriera, segnò la tragica fine della sua vita. La sera che seppe della sua esclusione dalla serata finale del Festival, dopo essersi rinchiuso nella sua camera d’albergo, fu ritrovato morto con un foro di proiettile alla testa ed un biglietto scritto dalla sua stessa mano con queste parole:
“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”. |
La questione non è del tutto sopita e a dire il vero, come spesso accade in questi casi, ancora oggi qualcuno solleva dubbi e interrogativi su questo atroce dramma che ha colpito, prima che l’artista, l’uomo Luigi Tenco. La maggior parte dei dubbi era, ed è, dettata dal fatto che non fu mai ritrovato il proiettile che ne causò la morte. Ma questa è una questione diversa, oggi non voglio dedicarmi ai dubbi ma esclusivamente al ricordo che Fabrizio De André ci ha lasciato di Tenco.
Ho preso in mano il testo della canzone di Faber, l’ho letto e riletto, ascoltato e riascoltato al punto da non poter far a meno di condividerlo con tutti voi, sia al fine di svelarne il significato, sia di sottolineare per l’ennesima volta la profonda umanità di Fabrizio De André che, pur essendosi sempre dichiarato ateo, nei suoi testi ai miei occhi incarna quella che secondo me dovrebbe essere la carità, l’umiltà e la speranza di ogni confessione e fede religiosa. La cosa che mi ha colpito più di tutte è la semplicità delle parole con le quali De André assegna e giustifica il posto “riservato” a Tenco in paradiso. Un particolare interessante sta nel fatto che il testo da anni è stato, tra l’altro, incluso in numerose antologie scolastiche di letteratura italiana.
La morte di Tenco assume connotati ancora più tristi se si pensa che il giorno del suo funerale non si presentò nessun celebre cantante. Tenco fu lasciato solo con il suo dolore, sia prima che, fatto ancora più spiacevole,dopo la sua morte. E allora ancora oggi, a parer mio, rimane l’amaro in bocca a ripensare a Tenco ed assume un significato maggiore il ricordo di coloro che, come De André, non fecero finta di niente laddove fare finta di niente era più facile che abbandonare al suo destino un uomo, un cantante, o meglio, “un compositore”. È forse questo il finale più tragico e impietoso che cala il sipario su di una vita indimenticata e indimenticabile. Vi riporto quanto si lesse, il giorno dopo i funerali di Tenco, su “La Stampa” del 31 gennaio 1967: “I cantanti che la notte del suicidio avevano pianto, urlato e imprecato, sono rimasti a dormire: non hanno inviato neppure un fiore – Il mesto corteo è stato seguito da una folla di anonimi ammiratori”. Ecco il testo della canzone di Fabrizio De André “Preghiera in gennaio”, buon ascolto e buona lettura a tutti.
httpv://www.youtube.com/watch?v=0JK1ntv7mOI
Lascia che sia fiorito Signore il suo sentiero
quando a te la sua anima e al mondo la sua pelle
dovrà riconsegnare quando verrà al tuo cielo
là dove in pieno giorno risplendono le stelle.
Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà baciandoli alla fronte
venite in Paradiso là dove vado anch’io
perchè non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio.
Fate che giunga a voi con le sue ossa stanche
seguito da migliaia di quelle facce bianche
fate che a Voi ritorni fra i morti per oltraggio
che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio.
Signori benpensanti spero non vi dispiaccia
se in cielo in mezzo ai Santi Dio fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte
che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte.
Dio di misericordia il tuo bel Paradiso
lo hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso
per quelli che han vissuto con la coscienza pura
l’inferno esiste solo per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno mai ti potrà indicare
gli errori di noi tutti che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce che ormai canta nel vento
Dio di misericordia vedrai, sarai contento.
Dio di misericordia vedrai, sarai contento.