Correva il 58, si fermò a Sepang

“Se ne vanno sempre i migliori”, si è soliti sentire. Non è vero. Non se ne vanno sempre i migliori, è che quando se ne vanno i peggiori non ti interessa più di tanto proprio perché sono i peggiori. Se invece a morire è un ragazzo di ventiquattro anni, famoso, che ti risulta simpatico dopo mezzo secondo per la sua genuinità ed il suo modo di fare, allora ci rimani malissimo. Purtroppo è esattamente quanto è accaduto nel Gran Premio di Malesia di motociclismo, a Sepang, dove ha perso la vita Marco Simoncelli, per tutti il “Sic”, ovvero l’acronimo con cui appariva nei riquadri in sovraimpressione che durante le corse segnalano le posizioni e i distacchi fra i piloti. Nato a Cattolica nel 1987, vive da sempre a Coriano, in provincia di Forlì (e chi lo ha sentito parlare se ne sarà accorto con la stessa velocità con cui lui affrontava i rettilinei in pista).

Una vita dedicata alla moto, con un campionato europeo classe 125 vinto già a quindici anni ed il debutto nel circuito mondiale, dove fra alti e bassi comincia a farsi notare per le sue qualità tecniche ed anche umane. Nel 2006 passa alla 250 e in soli due anni si laurea campione del mondo, strabiliando tutti e convincendo gli appassionati che ci si trova davanti al “nuovo Valentino Rossi” (la parlata aiuta non poco). Si arriva alla MotoGp, dove all’esordio si piazza ottavo. Il suo secondo anno testimonia la sua crescita costante, visto che non commette più gli errori di gioventù commessi in passato. Nel penultimo Gran Premio dell’annata però, arriva la tragedia: cade in pista al primo giro della gara e Colin Edwards involontariamente lo investe in pieno. L’impatto è talmente violento da sfilargli il casco e Sic muore in seguito ai traumi riportati alla testa, al collo e al torace.

Fatalità. Si, ripeto, fatalità. Perchè è vero che quando scegli quella professione sai bene che fra gli avversari c’è anche la morte, ma è altrettanto vero che di incidenti ne capitano a vagonate ogni stagione e raramente qualcuno esce veramente malconcio, visto che i piloti indossano tute speciali, ignifughe e con tutte le protezioni del caso. Il 70% degli incidenti che capitano a loro sarebbero mortali se capitassero in strada (ancor di più perchè c’è ancora chi si ostina ad andare senza casco, ma questa è un’altra storia), ma purtroppo l’imprevisto può capitare anche ai grandi campioni. Bastava cadere mezzo metro più in là, oppure non al primo giro dove i distacchi sono così ridotti, oppure non essere colpiti nell’unico punto così vulnerabile. Il Sic muore sul colpo, inutile girarci intorno, l’orario della morte è posticipato per evitare il sequestro del circuito. La bandiera rossa che sospende la gara è un atto dovuto. Le lacrime di Rossi (che era suo grande amico, lo considerava un fratello minore) anche. La notizia si diffonde ed immediatamente un velo di tristezza pervade gli appassionati, ma non solo. La mia prima impressione quando vengo a conoscenza della cosa è “No, non è possibile”. La pagina 103 di Televideo purtroppo me lo conferma. Ci resto uno schifo, non perché aveva 24 anni, non perché era un pilota, non per il modo in cui è capitato.

Ci resto male perché era un ragazzo di 24 anni che nonostante fosse diventato ricco e famoso continuava ad essere incredibilmente simpatico e capace di andare a mangiare piadine con gli amici di sempre, quelli che aveva fin da piccolo. Ci resto male perché la mia imitazione del Sic (a parer mio neanche tanto riuscita) ha divertito sempre i miei cugini. Ci resto male perché perfino mia madre sapeva perfettamente chi fosse (lei che non ha idea di chi siano Ibrahimovic o Di Natale) ed ha pianto per questo. Non se ne vanno sempre i migliori, ma purtroppo quando se ne vanno ti accorgi che davanti alla morte c’è rispetto per tutti, ma i sentimenti che la gente prova la dicono veramente tutta su chi sei e su come hai vissuto. Mi mancheranno le pubblicità di cui era protagonista, mi mancheranno i suoi saluti alle telecamere prima e dopo le gare, mi mancheranno le sue interviste, mi mancheranno il suo accento e la sua simpatia. Ciao Sic.

Pubblicità

La truffa non è riuscita: si vota per il nucleare

I tristi presagi della vigilia si sono rivelati errati. Contro le aspettative, la Corte di Cassazione ha dato ragione ai comitati promotori del referendum sull’energia nucleare, confermando la validità del quesito. Il 12 e il 13 giugno, quindi, potremo ritirare ai seggi tutte e quattro le schede. In un articolo del nostro speciale sui referendum ci siamo già occupati del quesito sul nucleare, spiegando le ragioni per votare sì e il tentativo che era in atto di scippare i cittadini del diritto di esprimere la loro opinione. Gli avvenimenti dell’ultima settimana rendono necessarie alcune precisazioni.

Il decreto omnibus convertito in legge il 25 maggio scorso prevede l’abrogazione delle norme oggetto del referendum, ma contiene un cavallo di Troia. L’ultimo comma, infatti, permette al governo, tra un anno, di adottare una nuova strategia energetica nazionale, lasciando aperta la porta per il ricorso all’energia nucleare. Per di più, è esplicitamente dichiarato che “il Consiglio dei Ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale sulla sicurezza delle tecnologie disponibili, degli obiettivi fissati a livello di Unione europea e a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici, delle indicazioni dell’Unione europea e degli organismi internazionali in materia di scenari energetici e ambientali”. Tradotto, aspettiamo i risultati degli stress test che l’UE si accinge a compiere sulle centrali europee e poiché quasi tutte saranno verosimilmente dichiarate sicure ne approfitteremo per procedere con la costruzione delle nostre. Poco importa se nel frattempo la Germania ha deciso di spegnere tutti i suoi impianti entro il 2022, a prescindere dai risultati degli stress test, e di diventare il leader continentale nelle energie rinnovabili. Da un lato, quindi, il decreto omnibus sembra accogliere le istanze referendarie, ma dall’altro non fa che aggirarle, rinviando la questione di dodici mesi, quando i referendum saranno un ricordo. Per questo motivo la Cassazione ha deciso che il quesito viene ammesso ma modificato. Non si voterà più per abrogare le leggi che prevedevano la costruzione delle centrali nucleari, visto che in un certo senso ci hanno già pensato il governo e il parlamento, ma per cancellare i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto omnibus convertito in legge, che lasciano la possibilità di ritornare sulla faccenda l’anno prossimo. Il testo esatto del quesito non ci è noto al momento, ma il significato sarà il seguente: “Volete che sia annullata la possibilità di ricorrere all’energia nucleare fra un anno?”. In un certo senso, lo schiaffo al governo e alla maggioranza è doppio. Non solo il referendum rimane in piedi, contrariamente alla loro volontà, ma viene materialmente trasferito sul loro tentativo di raggirare la sovranità popolare. L’unico problema, adesso, è ristampare tutte le schede con il nuovo quesito. La cosa non dovrebbe preoccupare particolarmente per quanto riguarda lo svolgimento della consultazione in Italia, ma gli italiani all’estero hanno già cominciato a votare sulle vecchie schede, che ora non sono più valide.

In ogni caso, la decisione della Corte consente di nutrire ancora la speranza di raggiungere il quorum, impresa tuttora difficile. Benché gli altri tre quesiti siano ugualmente importanti, il nucleare è sicuramente il tema che più di altri tocca l’interesse della popolazione. Se il quesito fosse stato abolito, l’affluenza alle urne a giugno sarebbe stata probabilmente più bassa. Era proprio questo l’obiettivo del governo, infatti. Il fulcro della questione, com’è noto, è il quarto questito, quello sul legittimo impedimento, che più di tutti gli altri ha una valenza politica e si configura come un plebiscito pro o contro Silvio Berlusconi. Per chi non fosse convinto, bastano le parole di Maurizio Lupi a poche ore dal verdetto della Cassazione per rivelare che la strategia della maggioranza è palesemente quella di incentivare l’astensionismo e di premunirsi nell’auspicabile caso in cui dovessero affermarsi i sì: “Decideremo oggi una libertà di voto da parte degli aderenti al Pdl perché non vogliamo caricare di importanza politica il referendum. Io personalmente non andrò a votare”. Su una cosa ha ragione: materie come acqua e nucleare non hanno colore politico e sui questiti che le riguardano non si deve votare tendendo conto dei partiti che hanno promosso le leggi in questione. Tuttavia, non si potrebbero ignorare le conseguenze politiche di un’eventuale abrogazione della tanto voluta legge ad personam sul legittimo impedimento. Dopo l’esito delle elezioni amministrative, un pronunciamento dei cittadini a favore di un futuro pulito, senza scorie radiottive, in cui l’acqua è un bene prezioso e non una fonte di guadagno e in cui la legge è uguale per tutti sarebbe l’ennesimo colpo al potere di Berlusconi.

Gli altri articoli sul Referendum:

 

[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate: attualità, cronaca, sport, articoli ironici, spettacolo, musica… Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]

Verso i referendum – parte 3: il nucleare

Terzo appuntamento dello speciale di Camminando Scalzi sui referendum del 12 e 13 giugno. Nell’articolo di oggi parliamo del terzo quesito, quello sul nucleare. È indispensabile fare una premessa. Nel seguito si parlerà spesso di “produzione di energia”. Purtroppo, l’ignoranza scientifica imperante produce delle storpiature nel linguaggio corrente e, cosa ancora peggiore, in quello giornalistico, che fanno sì che marchiani errori o lacune culturali diventino concetti assodati per il grande pubblico. L’energia non si produce, si trasforma. Detto ciò, andiamo avanti, sperando che il sacrificio di una volta serva a rendere la faccenda più chiara e a non generare confusione.
In seguito ai tristi avvenimenti giapponesi, l’argomento ha suscitato discussioni e dibattiti ancora più accesi rispetto a quelli, pur intensi, dei mesi precedenti. Si è (ri)cominciato a parlare di nucleare, infatti, nel 2008, quando l’appena insediato governo Berlusconi IV propose il ritorno alla produzione di energia nucleare sul territorio italiano. Cominciamo col dissipare un dubbio ricorrente: perché si riparla di energia nucleare se nel 1987 un altro referendum ne aveva già sancito il divieto? La domanda è di per sé fuorviante. Il referendum del 1987 era, esattamente come quello del mese prossimo, di tipo abrogativo. Mirava, ossia, a cancellare una serie di norme che disciplinavano la materia nucleare. Per sua stessa natura, un referendum abrogativo non può imporre un divieto, per il quale occorrerebbe proporre una legge, ma solo cancellare dei provvedimenti esistenti. In particolare, in seguito alla netta affermazione dei sì, furono aboliti il diritto dello Stato di scavalcare un rifiuto di un comune alla costruzione di una centrale nucleare sul suo territorio, l’erogazione di un compenso economico per gli enti locali interessati dalla presenza di una centrale e la possibilità per l’Enel di costruire centrali all’estero. La costruzione di nuove centrali o il mantenimento delle esistenti furono quindi, di fatto, resi impossibili, ma non vietati per legge. Esattamente la stessa cosa che succederebbe adesso nel caso in cui fosse raggiunto il quorum e prevalessero i sì.
Veniamo al quesito su cui siamo chiamati a esprimere un parere. Il testo che troveremo sulla scheda è chilometrico. Propone sostanzialmente l’abrogazione di tre provvedimenti legislativi emessi dal governo attualmente in carica. Il primo è la legge 133/2008, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria”, che fissa fra gli obiettivi urgenti la “realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare” (frase che il quesito propone di cancellare). È stata la prima scintilla che ha fatto scoppiare la vicenda. La seconda norma interessata dal referendum è la legge 99/2009, “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”. Oltre ad altri provvedimenti concernenti vari argomenti, la norma conferisce al governo la delega per la localizzazione degli impianti nucleari e la definizione dei compensi per le popolazioni che li accolgono. Per impianti non si intendono solo le centrali, ma anche i depositi delle scorie (la cui gestione viene affidata alla Sogin, una società costituita nel 1999 per gestire lo smantellamento delle vecchie centrali). Inoltre, viene disposta la determinazione delle procedure per le autorizzazioni e dei requisiti necessari. Viene anche istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare. La terza norma soggetta al quesito referendario è il decreto legislativo 31/2010, che, per dirla in parole povere, definisce i punti già previsti dalla legge 99/2009 dandone attuazione.
È utile soffermarsi sugli argomenti a favore del sì e del no. I fautori del ritorno all’energia atomica affermano che le centrali nucleari sono l’unico strumento che garantisce una produzione massiccia e continua di energia, resa necessaria dall’enorme fabbisogno energetico, peraltro in continua crescita. Ciò è probabilmente vero, ma non rappresenta la soluzione del problema. Il fotovoltaico e l’eolico sono, per loro natura, tipologie di energia la cui produzione non può che essere discontinua: i pannelli solari funzionano sostanzialmente di giorno, le pale eoliche quando c’è vento. Per questa ragione non forniscono energia 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e di conseguenza occorrono fonti energetiche diversificate e sfruttate in parallelo, affinché il fabbisogno sia costantemente coperto. Peccato, però, che la maggior parte della domanda di energia si verifichi proprio durante il giorno, ossia nel pieno del funzionamento dei pannelli solari. In tal modo, il solare diventa il maggior concorrente delle fonti tradizionali, in virtù anche di un altro fattore: la capillarità. I pannelli solari si prestano a un’installazione in piccola scala, destinata alla produzione di energia per il consumo personale. Ognuno potrebbe produrre l’energia che gli serve, attingendo pochissimo alla rete elettrica o, addirittura, riversandovi il surplus di energia sviluppata e non consumata. Qui però si apre il discorso delle smart grid, che meriterebbe una trattazione a sé. Per di più, il nocciolo della questione (visto che siamo in tema di nucleare…) non è il prezzo dell’energia prodotta. Quest’affermazione può sembrare assurda, ma il dibattito sull’opportunità o meno del ritorno all’atomo ha visto l’intervento di innumerevoli parti, ognuna delle quali ha citato studi condotti da vari organismi, col risultato di aver prodotto una selva di numeri. Non solo la contrapposizione di voci discordanti appare come uno sterile pareggio, ma vi sono argomenti più importanti per decidere cosa votare. O almeno così dovrebbe essere. Il prezzo dell’energia dovrebbe venire dopo la sicurezza della popolazione. Le conseguenze di un incidente a una centrale nucleare sono talmente catastrofiche da far passare in secondo piano qualsiasi altra considerazione. Affinché sia così, tuttavia, occorre che il valore della vita umana sia superiore a quello della moneta, cosa che, purtroppo, non è del tutto scontata per molta gente. Si parla molto della sicurezza e dell’affidabilità di una centrale nucleare. Non si parla altrettanto del significato del termine sicurezza. Per qualsiasi opera pubblica o, in ambito più generale, qualsiasi manufatto esiste una probabilità di malfunzionamento, basata su determinati fattori di sicurezza. Questo significa che non esiste nulla che sia assolutamente garantito immune da problemi. Il Titanic doveva essere inaffondabile… Chi è disposto a scommettere sull’infallibilità di un impianto nucleare a 20 km da casa sua? Non è allarmismo, è semplice valutazione del rischio, inteso come combinazione della probabilità del verificarsi di un problema e delle conseguenze del problema stesso.

C’è altro? Sì, un mucchio di scorie. Ogni reattore produce, oltre all’energia, anche una notevole quantità di scorie, alcune delle quali hanno un’emivita (il tempo per il quale il materiale radioattivo rimane tale) di migliaia di anni. Le scorie vanno custodite in discariche adatte, depositi sicuri e a tenuta stagna per tempi lunghissimi. Deserti e steppe a parte, luoghi del genere sono molto ardui da trovare. In Francia e in Germania il problema è stato solo aggirato, con depositi che hanno in realtà evidenziato gravi problemi. In particolare la miniera tedesca di Asse rischia di trasformarsi in una bomba ecologica.
Se proprio si vuole insistere sull’aspetto economico, basti ricordare che le centrali che verrebbero costruite in Italia sono del modello francese EPR (che non corrisponde, come spesso si sente blaterare, alla famosa quarta generazione), analoghe a quella in costruzione da anni in Finlandia, la cui consegna è già stata rinviata più di una volta e il cui prezzo, nel frattempo, è notevolmente lievitato rispetto a quello previsto. Seguendo i piani inizialmente prospettati dal governo italiano, le prime centrali vedrebbero la luce intorno al 2020. Non ha senso investire una tale quantità di denaro in un progetto che rischia di essere obsoleto dalla nascita. Non a caso in vari paesi europei, Germania in testa, si registra una vigorosa marcia indietro sul programma nucleare già in atto. Mentre gli altri si accingono a spegnere le loro centrali, noi progettiamo di accenderne. Il tutto, senza contare il rinvio di due anni recentemente imposto dal governo Berlusconi alla tabella di marcia italiana. Nel primo articolo dello speciale abbiamo già parlato del tentativo di annullare il referendum messo in atto dalla maggioranza. Si attende il verdetto della Corte di Cassazione, atteso per la fine del mese.
Nel caso in cui il quesito riguardante il nucleare fosse eliminato, restano comunque altri tre ottimi motivi per andare a votare, i due quesiti sull’acqua pubblica, di cui abbiamo già discusso, e quello sul legittimo impedimento. Ma questa è un’altra storia.

 

Gli altri articoli sul Referendum:

 

F1 Gp d'Europa: Safety Caos

Incompetenti. Ridicoli. Patetici. Verrebbe da insultarli così (e non solo) i membri della direzione gara, a causa delle loro scelte insulse. Nella commissione segnaliamo anche la presenza dell’ex pilota Heinz Harald Frentzen. Una presenza inutile. Di fatto gli errori di giudizio hanno tracciato le sorti di questo Gp. La Ferrari, Alonso e Massa hanno le ossa rotte. Il morale è a terra, la “Rossa” con gli step d’evoluzione portati sul circuito di Valencia, ha dimostrato di essere in forma. Consoliamoci che sarà sicura e rinnovata protagonista nei prossimi gp. Il team principal Domenicali trattiene la rabbia a stento, Alonso polemizza parlando di gara “manipolata“, Massa è sconcertato. E la penalità decisa a tavolino di soli 5 secondi attribuita alle vetture che precedevano le Ferrari, è ancora più beffarda. Ma andiamo con cordine.

Lo spettacolare incidente di Webber con Kovalainen segna la linea di spartiacque tra la gara “vera” e la gara “falsata“. Nella fase iniziale, Alonso, terzo, e Massa, quarto, dopo una brillante partenza tallonavano il duo di testa Vettel – Hamilton. La previsione di gara era di una Ferrari (o addirittura due) sul podio, viste le brillanti prestazioni dei due piloti. Con l’incidente di Webber,  tanto terribile quanto per fortuna innocuo per il pilota, si è deciso di mandare in pista la Safety car, a causa della presenza in pista di detriti. Il regolamento precisa che la vettura di sicurezza deve entrare prima possibile e le vetture che sopraggiungono devono obbligatoriamente accodarsi.

Quando la Safety car è entrata in pista, Vettel – leader della gara – già era sfilato; invece Hamilton si è trovato affiancato ad essa all’uscita box e invece di accodarsi, come hanno fatto le due Ferrari, da buon furbetto qual è… l’ha superata! Alonso e Massa si sono accodati, tutti gli altri dietro sono riusciti invece ad entrare ai box per cambiare le gomme morbide con le dure – il cambio di mescola in gara è obbligatorio per regolamento. I due ferraristi si sono potuti fermare soltanto il giro dopo. Alonso rientra decimo, Massa diciottesimo: la gara è compromessa. Hamilton verrà penalizzato “soltanto” dopo 16 giri (!), riuscendo a prendere un vantaggio tale sul terzo che la sua penalità risulterà essere quasi ininfluente: mantiene infatti la sua seconda posizione. L’inglesino può sorridere.

Tutte le vetture che hanno preceduto sul traguardo la Ferrari di Alonso – esclusi Vettel,  Hamilton e Kobayashi –  tra le altre cose non hanno rispettato il tempo sul giro imposto in regime di Safety Car (tempo comunicato dalla direzione gara che appare sul display del volante). I piloti sott’inchiesta: Button, Kubica, Barrichello, Sutil, Liuzzi, Hulkenberg, Buemi; una sfilza di nomi talmente lunga che fa sorridere… perchè non penalizzarli in pista subito? Incapaci di giudicare? Si decide per la penalità a fine gara, mossa tardiva e beffarda: penalità per tutti di cinque secondi e Alonso che guadagna una misera posizione ed un misero punto. Chiusura di un triste show di giornata del Circus.

In una Formula 1 altamente tecnologica, nel 2010, ancora non si è in grado di prendere delle decisioni tempestive e soprattuto sulla pista. Una gara falsata a causa di commissari non all’altezza. Allora c’è da domandarsi perchè i membri della commissione gara devono essere diversi per ogni gara e non ci si affidi invece sempre agli stessi. Inoltre il precedente di Hamilton ha mirato seriamente alla credibilità di questo sport, dopo la crisi politica dell’anno scorso. La gara di Valencia ha segnato un passo indietro per la F1: potremo tornare a goderci delle gare spettacolari, come in Canada, senza assistere a questi teatrini? Di sicuro nei prossimi giorni la Ferrari farà la voce grossa, ma evidentemente, mi duole dirlo, questa non è la stagione fortunata per il “Cavallino”.

Chi l'ha visto?

Chi ha visto il gran premio di Moto Gp senza Valentino Rossi? E chi aveva seguito il tennis prima della finale del Roland Garros con Francesca Schiavone?

L’incidente del “dottore” ha sancito un duro colpo per l’intera competizione. Rossi è caduto per la scarsa tenuta degli pneumatici, ancora freddi: è un’insidia questa che causa problemi sulla sicurezza dei piloti, tant’è che ci sarà un vertice con la Bridgestone – casa fornitrice – per discuterne. La frattura di tibia e perone terrà Rossi lontano dai circuiti per almeno 4 mesi e non potrà più lottare per il mondiale. Mancherà il suo spettacolo in pista, tifosi in lutto.“The doctor” in ospedale tuttavia sembra averla presa con filosofia e con scherzo, con affermazioni del tipo “vado a farmi mettere un chiodo e torno” – prima dell’operazione, “ ho un bel rapporto con la morfina”, “ Spero che non vinca nessuno”. Telefona in diretta televisiva durante la corsa, ringrazia e saluta i suoi tifosi. Ci mancherai, certo se passi in F1 li eviti questo tipo di incidenti, per la gioia di tuo papà Graziano. Riporto qui il video del suo dramma in pista, da vedere a cuor leggero…

Quindi chi l’ha visto il Gp di ieri? L’effetto Rossi purtroppo c’è stato, con un calo di un milione di telespettatori – dati Auditel.it – nonostante fosse il gran premio nazionale: 4 milioni e 803 mila telespettatori e 31,73 per cento di share a differenza della gara precedente, vista da 5 milioni e 813 mila, con 34,97 per cento di share. E la vittoria di Pedrosa, sfortuna per lui, non fa molta notizia senza Valentino in pista.

E il tennis? L’emozionante finale del Roland Garros grazie alla nostra Francesca Schiavone è stata vista da 2 milioni e 149 mila telespettatori per un 20,30 per cento di share – con picco di ascolto di 3 milioni e 406 mila. Una bella soddisfazione che da slancio allo sport intero. Il premio vinto dalla tennista ammonta ad un milione e trecentomila euro; lei ha detto che si comprerà un paio di jeans. Io le suggerirei di aspettare un altro paio di giorni nel decidere cosa farà con quei soldi, è ancora piuttosto frastornata. Intanto c’è chi azzarda in rete un paragone con un famoso calciatore. L’autore del confronto si vendica a suo modo con la malcapitata tennista, ridategli il calcio per favore…


Immagine via | Very Inutil People

[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate: attualità, cronaca, sport, articoli ironici, spettacolo, musica… Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]

Bari: Assolti due uomini che investirono e uccisero un giovane

Il lungomare di Bari è bellissimo. A maggio lo è ancora di più, profuma di mare e di primavera, esercita su chi si trova in questa città un’attrazione irresistibile.

Mimmo Bucci

Qui, a maggio di tre anni fa, un barese come tanti, Mimmo Bucci, si stava godendo l’aria inebriante che gli scivolava sul viso, a bordo del suo motore. Era uno stimato cantante, leader della nota cover band di Vasco “La combriccola del Blasco”, apprezzata dallo stesso cantante che la ispira. Quella sera, la sua voce è stata zittita per sempre, Mimmo è stato barbaramente investito da una motocicletta guidata da due balordi. I due si erano già fatti notare poco prima per il disturbo recato alla pubblica quiete: sono stati visti impennare su quella strada tanto gioiosamente frequentata, spaventando i passanti. Inizialmente si paventò l’originale possibilità – subito lasciata cadere – di indagare finanche su eventuali inadempienze da parte dei vigili che non li avevano fermati. Purtroppo, furono fermati solo dallo schianto letale. Nell’impatto, uno dei due ha smarrito una pistola, e meno male; se non fosse stato per quella, non sarebbe stato neanche condannato per porto e detenzione abusiva di arma. Perché, per aver causato la morte di Mimmo, nessuno è stato ancora indicato come il responsabile. La seconda sezione della Corte d’Appello di Bari ha assolto il presunto conducente per non aver commesso il fatto. Questa nuova sentenza rovescia la prima che condannava a 5 anni e 8 mesi di reclusione il presunto conducente, sentenza maturata alla luce di alcune incongruenze sulla ricostruzione della dinamica dell’incidente.

In un primo momento la notizia lascia disorientati. Non è accettabile che una giovane vita venga stroncata per un comportamento scellerato e che non si trovi un responsabile. Sembra che ci siano dei punti cruciali da chiarire, in particolare su chi stesse guidando il ciclomotore. Certo è che l’Honda non camminava da sola, qualcuno la stava guidando, dunque vi è un colpevole. Speriamo che questa considerazione, che ora può solo salvarci dal disorientamento, porti poi alla giustizia, quando le dinamiche verranno accuratamente riesaminate.

Ci sono due persone che certamente sanno la verità. Mi chiedo come si possa cercare di discolparsi da una responsabilità così pesante. Il responsabile della prematura morte di Mimmo, sapendo di esserlo, saprà cos’è il rimorso, come si chiede la madre di Mimmo?

Una disgrazia può succedere, loro l’hanno cercata, Mimmo no.

La madre del ragazzo, che ha appreso la sentenza tramite il quotidiano locale, oltre allo sconcerto ha manifestato un senso di delusione nei confronti della giustizia. Chi si sente di rincuorarla?

Intanto, su Facebook, è già nato il gruppo “Giustizia per Mimmo Bucci” che oggi, 23 aprile, conta già  2553 sostenitori .

[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate: attualità, cronaca, sport, articoli ironici, spettacolo, musica… Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]

I rischi del mestiere…

Il 3 aprile un operaio edile di 34 anni muore intossicato da ammoniaca nella centrale Enel di Torre Valdaliga Nord, a Civitavecchia. Il 2 aprile muore un operaio edile di 46 anni in provincia di Salerno. Il 7 aprile due operai edili del Milanese precipitano dalla soletta di una palazzina e uno di loro perde la vita, all’età di 55 anni… E si potrebbe andare avanti all’infinito.
Sono notizie che solitamente non riscuotono troppo successo, ma che purtroppo descrivono un problema attualissimo, che ogni anno coinvolge un enorme numero di persone.

Il Rapporto annuale sull’andamento infortunistico del 2009 curato dall’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) attesta che già nel primo semestre dello scorso anno gli infortuni erano 397.980, a cui si sommavano 490 casi di incidenti mortali. Una cifra che negli ultimi 40 anni è calata di oltre due terzi, ma che nonostante ciò si mantiene su un valore di circa 2,6 casi di morti sul lavoro denunciate, ogni giorno, solo in Italia. Ma oltre i casi di decesso, che ovviamente riscuotono il maggior impatto emotivo e mediatico, il lavoro causa annualmente un enorme numero di malattie professionali che raramente vengono prese in considerazione, anche perché risulta estremamente difficile dimostrarne le cause.

Santo Della Volpe

Il giornalista RAI Santo Della Volpe, da anni interessato alla tematica, ha brillantemente esposto la questione durante un incontro-dibattito che si è tenuto lo scorso 26 marzo alla Casa della Creatività di Firenze. “A Maglie, un paesino del Salento – ha affermato il giornalista – esiste un ex-sansificio che è stato convertito ad inceneritore di rifiuti, dove a causa della diossina prodotta dalla combustione i casi di tumore sono circa 400 volte in più rispetto alle zone limitrofe, ma nonostante ciò lo stabile è ancora aperto”.
“Il tumore al naso è una delle malattie professionali più diffuse tra i falegnami – ha proseguito Della Volpe – e viene generato dall’inalazione della segatura del legno. Lo stesso vale per l’angioneurosi tra gli operai che lavorano per anni col martello pneumatico”.

Santo Della Volpe ha continuato spiegando quanto spesso questioni politiche ed interessi economici riescano a nascondere il problema… “Basti pensare che già dagli anni 70′ si trovavano delle ricerche che dimostravano gli effetti cancerogeni dell’amianto, e che nonostante ciò si è continuato ad utilizzarlo sino agli anni ’90. E il boom delle morti da amianto – ha concluso – scoppierà tra il 2012 e il 2020, giacché questa malattia ha un periodo di incubazione di circa 20-30 anni”…

L’attualità, le statistiche e le inchieste giornalistiche descrivono dunque un panorama sconcertante, dove persino il bisogno di un lavoro si trasforma troppo spesso in una condanna…

[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate: attualità, cronaca, sport, articoli ironici, spettacolo, musica… Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]

Inaspettato match-winner

Domenica pallonara ricca di emozioni. Il Milan si riavvicina all’Inter portandosi a -1, la Juventus viene rimontata dal Siena ed un super-Lucarelli stoppa la Roma.

A calamitare l’attenzione su di sè però questa settimana è stato un personaggio sicuramente all’interno del mondo dello sport, ma in un posto ed in  una disciplina sicuramente non proprio inerenti a lui. Andiamo con ordine. Allo “Staples Center” di Los Angeles i Lakers padroni di casa ospitano i Toronto Raptors degli italiani Andrea Bargnani e Marco Belinelli. Nei minuti finali una palla decisiva tocca il ferro dopo un tiro e sta per uscire dalla linea laterale. Josè Calderon, ottimo playmaker spagnoli di Toronto cerca di recuperare il pallone ma incredibilmente un tifoso seduto a bordo campo (nella Nba pagando un botto di soldi ci si può sedere a 20 centimetri dal campo, anche in pratica a fianco dei giocatori seduti in panchina) decide di “schiaffeggiarlo” impedendo il recupero a Calderon. Ancora più incredibile è il fatto che quello non è un tifoso qualunque: è Lapo Elkann. Proprio lui, il rampollo di una grande e ricchissima famiglia nonchè nipote preferito di Gianni Agnelli, passato alle cronache soprattutto per essere stato “beccato” semidefunto dopo un festino condito da trans e cocaina. Si possono spendere tantissime considerazioni. Dal fatto se sia bello o meno vedere un pezzo grosso della Fiat seduto in un posto da 2300 dollari mentre gli operai vanno in cassa integrazione, alla divertente giustificazione data da Lapo, ovvero “Non so nulla di basket, ho visto la palla ed istintivamente l’ho colpita“. Pensare poi che ha dichiarato che era lì per tifare per gli italiani dei Raptors. Sarebbe stato interessante vedere cosa sarebbe successo se fosse stato un match di play-off e con posta in palio più alta, o se invece di un tipo mansueto come Calderon (che si è arrabbiato ma ha accettato le scuse) si fosse trovato davanti qualcuno come Reggie Evans o qualche altro fulminato totale. Si può dire tanto su quanto accaduto ad L.A., ma a me vengono in mente altri casi curiosi simili o comunque che si avvicinano a questo.

In un Sunderland-Liverpool un tiro del bomber di Roker Park Darren Bent venne deviato da un palloncino lanciato in campo dagli spalti e con una traiettoria beffarda ingannò Pepe Reina terminando la sua corsa in fondo al sacco….e la cosa incredibile fu che quel palloncino lo aveva lanciato in campo un ragazzino tifoso dei Reds! Speriamo non gli sia accaduto nulla..!!!

Altri casi eclatanti: nel 2006 in un torneo dello stato di San Paolo, in terra carioca, un raccattapalle raccoglse un pallone destinato ad uscire e lo calciò in rete invece di restituirlo al portiere…e l’arbitro straordinariamente convalidò! Il match fu sospeso perchè la squadra che subì il torto cominciò ad inseguire il raccattapalle…e non certo per fargli i complimenti.
Nel 1975 il giocatore del Bologna Beppe Savoldi segnò un gol all’Ascoli ma un ragazzino raccattapalle di 13 anni ributtò fuori il pallone, mandato poi in corner da un difensore. Il direttore di gara fece riprendere la gara proprio con un calcio d’angolo…coi calciatori felsinei inferociti.
Succede anche che un tifoso si sostituisca ad i propri beniamini: in Russia nel 2009 in un incontro tra Saturn e Spartak Mosca un esagitato fece invasione di campo mentre si stava per battere un calcio di rigore e con grande freddezza ed un tiro assolutamente invidiabile spedì la palla in fondo al sacco esultando poi come se avesse davvero realizzato la rete. Non c’è che dire…esecuzione perfetta degna del miglior cecchino. Peccato che l’arbitro non avesse fischiato…

[stextbox id=”info” caption=”Vuoi collaborare con Camminando Scalzi.it ?” bcolor=”4682b4″ bgcolor=”9fdaf8″ cbgcolor=”2f587a”]Collaborare con la blogzine è facile. Inviateci i vostri articoli seguendo le istruzioni che trovate qui. Siamo interessati alle vostre idee, alle vostre opinioni, alla vostra visione del mondo. Sentitevi liberi di scrivere di qualsiasi tematica vogliate. Vi aspettiamo numerosi.[/stextbox]