Una Coppa ritrovata

Probabilmente in molti ricorderanno un famoso Reggina-Chievo, partita valida per gli ottavi di finale della Coppa Italia 2006-2007, giocata ad ora di pranzo in infrasettimanale per esigenze televisive (e già qui si può sorridere) e che vide nel settore ospiti uno degli striscioni più memorabili visti in uno stadio di calcio.

Tre, e ribadiamo tre, tifosi del Chievo che avevano attraversato tutto il paese esposero un drappo con su scritto: “Non avevamo un ca… da fare“. Eloquente, non c’è che dire. Già, perchè quello fu un segnale chiarissimo di come la manifestazione fosse diventata davvero un fastidio. Per tutti, le grandi e le piccole. Le grandi per un calendario già intasato dalle competizioni continentali e le piccole perchè non avevano rose adatte a così tante partite. Un primo cambiamento avvenne già l’anno successivo, con la prima finale in gara unica da tempo immemore: Roma-Inter 2-1, in uno stadio “Olimpico” stracolmo. Da qui la decisione di far disputare sempre la finale a Roma in stile Wembley (evidentemente c’è sempre un modello inglese da seguire!). Sul fatto che si giochi sempre nello stesso stadio e che sia quello di due delle principali squadre di Serie A che hanno l’opportunità di giocare la finale in casa se ne può discutere perchè difatti è una stupidaggine colossale (a Wembley infatti non gioca nessun club) ma l’idea di fondo è corretta.

L’allora presidente della Lega Calcio Matarrese esportò nel 200/2009 il modello della Coppa di Francia, con una serie di turni preliminari in gara unica (chi gioca in casa lo decide il sorteggio) e con le “teste di serie” (le prime otto classificate del campionato precedente) che subentrano negli ottavi di finale giocando nel proprio stadio, “obbligando” le big a disputare solo cinque match (finale compresa, visto che solo le semifinali rimangono con la vecchia formula andata-ritorno) per alzare la Coppa. Sembra aver funzionato. Match molto più spettacolari e molta più voglia di andare avanti nella competizione (ok, non come in altri paesi ma è già qualcosa). Per un curioso fenomeno solo l’anno scorso si è avuta una finale senza una squadra romana impegnata (quindi fino a quel momento era ovvio avere lo stadio pieno) ma l’invasione pacifica dei palermitani ha dimostrato che ottantamila persone sono fattibili anche se sono impegnati due team che arrivano dai capi opposti del nostro paese.

Anche l’edizione attuale sembra confermare l’andazzo. Si sono viste partite molto spettacolari, come Milan-Lazio, Napoli-Inter e Juventus-Roma, più la sorpresa Siena arrivata fino alle semifinali e ad un passo da una incredibile qualificazione all’Europa League (la Coppa Italia assegna un posto nella seconda competizione europea). Memorabile anche la doppia sfida fra le attuali dominatrici del campionato di Serie A, Milan e Juventus, conclusasi solamente ai tempi supplementari dopo due incontri “veri”. E la finale? Napoli-Juventus. Si, siamo ad aprile e se ne parla già da settimane. Richiesta di biglietti oltre ogni più rosea aspettativa, con consequenziale polemica del presidente azzurro De Laurentiis che voleva far disputare l’atto finale a Milano. Polemiche sul sistema di vendita (la tessera del tifoso andrà anche in pensione ma continua a far discutere oltremisura) e su eventuali prelazioni, così è facile prevedere una vera e propria “caccia al tagliando”.

La Coppa Italia sembra aver riacquistato l’antico prestigio dunque. Ci sono altre proposte per cercare di renderla ancora più appetibile, come ad esempio assegnare un posto in Champions League a chi la vince, ma per il momento può andar bene così. Con buona pace di quei meravigliosi tre tifosi del Chievo.

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Mi dia un Ibrahimovic: pacchetto completo

Zlatan Ibrahimovic, nato a Malmo il tre ottobre del 1981 è senza dubbio uno dei migliori giocatori del mondo. Dotato di un talento sopraffino e di un fisico imponente, riesce a riassumere in un solo giocatore classe e potenza. Per questi ed altri motivi è nella top-five mondiale. Ma perchè allora ha così tanti detrattori? Perchè è antipatico a tanti ed è spesso nell’occhio del ciclone? Semplice. Il buon Zlatan ha un rovescio della medaglia: il suo carattere bizzoso ed eccessivamente impulsivo che lo porta a compiere gesti inconsulti e diciamolo…tremendamente antisportivi. Ricordiamo i suoi numeri in positivo e negativo, per avere un quadro completo. Ibrahimovic ha vinto lo scudetto ogni anno, in tutte le squadre in cui ha giocato (Ajax, Juventus, Inter, Barcellona, Milan), segnando con una media impressionante (oltre un gol ogni due partite) e portando a casa per sei volte il Guldbollen (premio assegnato al miglior giocatore svedese). D’altro canto però ha collezionato ben otto espulsioni, quasi tutte per stupidaggini commesse in campo.

Cominciò la sua serie di “follie” con la maglia della Juventus, il venti aprile del 2005, quando rifila un colpo proibito all’interista Cordoba che gli costa tre giornate di squalifica con la prova televisiva (ma i piemontesi ottengono tre vittorie in sua assenza). Prosegue sempre in bianconero contro il Bayern Monaco in Champions League il due novembre 2005, uscendo per doppia ammonizione saltando solo una partita (vinta dai suoi compagni). In nerazzurro sfoggia il peggio di lui, con tre espulsioni in tre mesi: il ventisette settembre 2006 ancora col Bayern viene cacciato per doppia ammonizione, il dodici novembre contro il Parma e due settimane dopo contro la Lazio per comportamento non regolamentare (allo stadio Olimpico calcia un pallone mentre l’arbitro fischia la fine del primo tempo). L’Inter però in sua assenza le vince tutte. Passiamo al Barcellona: il sei novembre 2010 il team di Guardiola sta vincendo ma lui rifila un calcio ad un avversario a terra e il giudice sportivo lo ferma per un turno (il Barca vinse nel turno successivo). Arriviamo ai tempo recenti: prima il cazzotto allo stomaco a Marco Rossi del Bari (tre giornate ridotte a due in appello, con una vittoria ed una sconfitta per il Milan), poi gli insulti al guardalinee a Firenze (tre giornate e tre vittorie rossonere, compreso il decisivo derby che vale il diciottesimo scudetto) ed infine lo schiaffo ad Aronica.

Cosa si evince da tutto ciò? Innanzitutto che scaramanticamente parlando è un bene quando è squalificato, ma tornando seri è palese il suo non sapersi controllare e cadere spesso in comportamenti deprecabili. C’è chi tira in ballo il suo essere di origine slava, ma sarebbe pretestuoso e stupido sostenere che sia per quello. Vero è però che un ragazzo nato e cresciuto in Svezia che passa l’adolescenza a rubare biciclette, litigare con tutti (amici, nemici, allenatori) e tifare contro la nazionale svedese in quanto nelle altre ci sono giocatori che gli piacciono di più (come racconta lui stesso nella sua autobiografia) sicuramente lo rende perlomeno diverso dal tipico stereotipo dello svedese. La realtà è che se una squadra compra un giocatore del genere deve essere disposta ad accettare i due volti del ragazzo: il talento cristallino ed il carattere ingestibile. Il pacchetto completo in pratica. Non c’è da stupirsi se “Ibra” realizza reti straordinarie, calciando con una potenza inaudita e scagliando il pallone alle spalle degli estremi difensori avversari, ma purtroppo per lui non bisogna stupirsi nemmeno se rifila uno schiaffo in maniera del tutto gratuita e stupida ad un avversario. “You can leave the ghetto, but the ghetto never leaves you”: questa è una frase che Ibrahimovic cita molte volte e si sposa perfettamente con il suo modus operandi. C’è poco da fare, chi nasce tondo non muore quadro. Finchè giocherà lo svedese di origine bosniaca continuerà a riempire le prime pagine dei quotidiani sportivi, nel bene e nel male. Lui è “Ibra”.

Alla ricerca del ranking perduto: le italiane a caccia del passaggio del turno

L’urna ha nuovamente parlato. Il sorteggio degli ottavi di Champions League ed i sedicesimi di Europa League ha stabilito chi saranno le avversarie delle italiane. Partiamo dalla competizione più importante. Tutto sommato è andata abbastanza bene. Gli spauracchi spagnoli, Barcellona e Real Madrid, sono stati evitati da Napoli e Milan, che voleranno a braccetto (anche se a distanza di una settimana) a Londra. Sicuramente poteva andare meglio, ma misteriosi presagi indicavano che l’Apoel Nicosia, squadra miracolata con un primo posto nel girone a dir poco clamoroso, sarebbe toccata ad una francese (infatti se la vedrà col Lione, dopo lo scandalo del sette a uno in trasferta a Zagabria con tanto di occhiolino truffaldino). Chelsea per la truppa di Mazzarri e Arsenal per quella di Allegri, con la speranza di estromettere già agli ottavi tutte le squadre inglesi dalla competizione. Si, difficile, ma non impossibile. Il Milan parte senza dubbio favorito, sia perchè la lezione col Tottenham (dove era fuori mezza squadra) è stata appresa e sia perchè i “gunners”…non sono più quelli di una volta. Il Napoli invece deve fare un’impresa, contro una squadra sicuramente più forte ma che perde pezzi causa litigi (Torres verrà ceduto, Drogba ed Anelka non vedono l’ora di cambiare aria causa dissapori con Villas Boas). Con le spagnole gli azzurri partivano battuti in partenza, con i “blues” invece le chance ci sono.

L’Inter paradossalmente ha pescato male. Da prima nel girone poteva avere un accoppiamento più facile mentre invece troverà il Marsiglia, squadra talentuosa che ha in attacco i figli di Abedì Pelè, in panchina una vecchia volpe come Didier Deschamps e soprattutto tanti santi in Paradiso a causa della provenienza. I nerazzurri però possono farcela quindi non è da folli sperare in un tre su tre. Il tutto anche per guadagnare punti nel maledetto Ranking Uefa che ci ha fatto perdere la quarta squadra in Champions per qualche anno. E le tedesche? Nostre principali avversarie? Il Bayer Leverkusen può solo mordersi le mani per aver gettato nel water il primo posto, trovandosi adesso…contro il Barcellona. Discorso opposto per il Bayern Monaco, che trova il sorprendente Basilea. Si, possiamo fare più punti di tedesche ed inglesi. Difficile fare meglio delle spagnole, visto che sono candidate alla vittoria finale, ma fortunatamente la figura di melma del Villarreal ed il flop del Valencia attutiscono la cosa.

Ma l’esame non sarebbe completo se non si contasse anche la competizione minore, quella dove da anni facciamo letteralmente schifo e che ha fatto precipitare il nostro ranking: l’Europa League. Tralasciando la Roma (stendiamo un velo pietoso) sono da applaudire le affermazioni di Udinese e Lazio, che approdano ai sedicesimi. Nell’urna avrebbero potuto trovare incredibilmente le due squadre di Manchester ma così non è stato. Anzi, proprio il City e lo United hanno avversari durissimi (rispettivamente Porto ed Ajax) e che in un certo senso ci aiuta. Già, perchè bisogna guardarsi anche dalle portoghesi, che l’anno scorso erano in tre su quattro in semifinale ed in futuro potrebbero darci noie. Quindi meglio “gufare” le tre lusitane rimaste (e si, anche il Benfica in Champions) e tifare per capitolini e friulani. Come hanno pescato? Benino. Il Paok Salonicco per Guidolin e l’Atletico Madrid (che era proprio nel girone dell’Udinese) per Reja. Bianconeri favoriti, biancocelesti perlomeno alla pari. Se affronteranno la competizione come hanno fatto finora ci sono ottime speranze. Sunto: le inglesi potrebbero arrivare in fondo, le francesi fortunatamente hanno già toppato alla grande, le spagnole…dipende molto dalla Lazio (appunto). C’è sempre un modo per rendere interessante qualsiasi sfida in campo europeo, basta ricordarsi che se arrivi quarto in campionato poi ti mangi le mani pensando a quando sfottevi gli amici tifosi di altre squadre eliminate nelle coppe.

Un uomo solo (era) al comando

Lo storico telecronista del ciclismo Ferretti amava aprire le sue telecronache con una frase: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Già, perche Coppi volava ed era sempre solo, in positivo. All’Inter invece c’era un altro uomo solo al comando, purtroppo per lui, però.

Gian Piero Gasperini ha concluso la sua avventura sulla panchina interista senza gloria e con tanto rammarico da parte sua, galantuomo apparso subito inadatto ai colori nerazzurri. Senza esperienza in una grande si dirà, ma non soltanto quello. Vediamo cosa ha portato Moratti e compagni a puntare su di lui. Innanzitutto, c’è da premettere che evidentemente per allenare i nerazzurri ci vuole una persona smaliziata. Mourinho è il re in questo e di conseguenza si è rivelato perfetto, Benitez molto meno e difatti non ha avuto vita facile. Allo spagnolo non hanno lasciato tempo, del resto raccoglieva una eredità pesantissima (ma non dimentichiamoci che parliamo di un tecnico che portava con facilità il Liverpool in finale di Champions League, mentre ora i “reds” navigano in cattive acque) ed il suo gioco diverso da quello del portoghese non ha potuto far dimenticare ai tifosi lo “Special one”. Leonardo in pratica non ha fatto altro che riproporre quello che era il gioco della vecchia Inter di Mou.

Ora, cosa accade quest’estate? Semplice, in pochi vogliono prendersi la patata bollente ed a sedersi su una panchina già rovente è uno che era fra le seconde scelte (immaginate come si possa sentire la persona in questione) quindi già non ci siamo. Doveva andare al Napoli ma poi viene rispedito al mittente dopo il chiarimento fra Mazzarri e De Laurentiis (tanti i tifosi azzurri che hanno tirato un sospiro di sollievo). Il curriculum del Gasp però sembrava buono: giovanili alla Juventus (cosa poco gradita ai tifosi interisti) con un Torneo di Viareggio vinto, esordio col Crotone portato incredibilmente in Serie B e mantenuto poi in cadetteria per due anni. Approda al Genoa e riporta il “grifone” in Serie A, venendo confermato, lanciando Milito e meritandosi addirittura la “panchina d’oro”, premio assegnato al miglior allenatore dell’anno dai suoi colleghi. Diviene il primo allenatore della storia rossoblù a vincere tre derby consecutivi, ma poi il suo rapporto con la città ligure si interrompe con un esonero.

Ok, i presupposti per ritenerlo un buon allenatore di Serie A ci sono tutti. Da grande? Uhm, difficile. Innanzitutto per il suo gioco troppo alternativo per una Inter che non ha mai giocato con la difesa a tre. Un mercato strano, con partenze eccellenti come quella di Eto’o (che dice di credere nel progetto della sua nuova squadra russa, con venti milioni di buone ragioni all’anno) e conferme in extremis come quella di Sneijder, da subito apparso inadatto al suo modulo. Arriva Forlan, ma il sei agosto è già tempo di derby. Supercoppa Italiana, col Milan che capisce che in caso di vittoria non solo porta a casa il trofeo ma mette già sotto pressione una diretta concorrente allo scudetto. Segna proprio Sneijder, ma gioca fuori ruolo e quando i Campioni d’Italia cominciano a fare sul serio sono dolori: prima sconfitta e primi mugugni. La difesa non convince ed un mese dopo a Palermo all’esordio in campionato è tragicomica: quattro reti rosanero e i mugugni diventano proteste. Contro il Trabzonspor, squadra turca dal nome impronunciabile, arriva uno stop casalingo in Champions che ha del ridicolo, con incredibili gol falliti (a tradirlo proprio il “suo” Milito) e nessuna scusa: con una team del genere non puoi perdere nemmeno se giochi in otto. Uno zero a zero con la Roma lo porta sul baratro ed un ko con il Novara (che mancava in A da oltre mezzo secolo) è davvero troppo.

Di chi sono le colpe? Di tutti. Della società, che ha dimostrato inadeguatezza nella scelta sia facendolo sentire da subito un ripiego sia nel non capire cosa veramente servisse. Dei giocatori, con alcuni senatori che hanno remato contro forse (lo scopriremo a breve) ma che sicuramente non si sono dannati l’anima. Del tecnico, perchè troppe scelte sono apparse veramente assurde, ma dettate dalla mente di qualcuno che si sente veramente, ma veramente solo. Fin dall’inizio, contro tutti. Per reggere ci vogliono qualità che Gasperini al momento non ha (magari le avrà in futuro), ma una cosa è sicura: questa storia è cominciata male, è proseguita peggio ed è finita…bah, diciamo solo che è finita.

E adesso? Adesso c’è Ranieri, l’uomo perfetto per l’Inter di oggi. Ai nerazzurri serve tranquillità e l’ex-tecnico di Roma e Juventus porta esattamente quello. Purtroppo nulla di più, visto che è stato battezzato “l’eterno secondo”, ma i presupposti per risalire la china ci sono tutti. Innanzitutto sono arrivate subito due vittorie a risollevare campionato e coppa, poi lo stile di gioco più consono alle caratteristiche dei giocatori ed ultimo ma non ultimo…i giocatori stessi. Perchè a quanto pare Ranieri è al comando, ma a differenza del suo predecessore non è… solo.

Adesso parla il campo… ma parliamo anche noi

Abbiamo parlato dello sciopero dei calciatori, come era giusto fare. Adesso finalmente la parola è passata al campo, visto che si è giocato. Ci si può dunque sbizzarrire e discutere di calcio giocato, facendo anche una analisi a lungo termine. Innanzitutto è bene segnalare una cosa: il tanto bistrattato calcio italiano nella sua prima giornata (la seconda a dirla tutta, ma tant’è…) ha sfornato match molto molto godibili, a cominciare da Milan-Lazio, passando per Cesena-Napoli e Juventus-Parma, fino a Palermo-Inter. Trentacinque gol, non succedeva dal 1955 (anche se era un torneo a diciotto squadre), l’anno del boom delle crociere e di Elvis che stava per diventare “The King”. Qualche sorpresa, tante conferme che più che altro tramutano i sospetti in certezze. Cominciamo dalla prima fila. Milan e Napoli. I rossoneri si sono puntellati esattamente dove necessitavano, ovvero a centrocampo e soprattutto in difesa, dove mancava un centrale che sostituisse Thiago Silva e Nesta, che flirtano troppo con gli infortuni. Oltre a Mexes arriva anche un esterno sinistro interessante come Taiwo. Il team di Allegri rimane la squadra da battere, il match di apertura dimostra che la squadra c’è (l’anno scorso forse la partita l’avrebbe persa) perchè dopo uno sbandamento iniziale ha messo sotto una delle squadre che si è rinforzata di più. Il Napoli è cresciuto ancora dopo aver stupito tutti lo scorso anno: vero, avrà la Champions e non ci è abituato ma ha finalmente una panchina decente con una rosa più ampia. La vittoria in terra romagnola conferma che stiamo parlando di una squadra forte, che se avrà una difesa appena sufficiente potrà fare grandi cose.

Seconda fila per Juventus e Lazio. I bianconeri hanno investito tanto nel mercato, forse anche troppo e c’è abbondanza (quest’anno niente impegni europei). L’assenza dal calcio continentale potrebbe essere un vantaggio, ma molto dipenderà da Conte, che ha materiale umano interessantissimo, con un faro come Pirlo (tantissima voglia di dimostrare di essere ancora un campione), un bomber come Matri e tanti giocatori che possono essere importanti (Vucinic su tutti, senza dimenticare il sempreverde Del Piero). Non inganni la roboante vittoria con il Parma, ma c’è da dire che la squadra c’è. Per quanto riguarda i “Reja’s boys” è impressionante il cambio in attacco: Cissè e Klose sono sicuramente meglio di Floccari e Zarate (e se ne è accorto anche Nesta, non uno qualunque). La Lazio ha una squadra di tutto rispetto, che può davvero dire la sua, soprattutto se il tecnico riuscirà a mantenere il livello costante.

Può sembrare incredibile, ma al momento l’Inter è in terza fila. Sottolineamo, al momento. Perdere Eto’o è stato un colpo duro e sarà durissima per Forlan prenderne il posto. Milito sembra essere tornato ma in molti sono scettici e non comprendono l’attuale ruolo di “riserva di lusso” di Pazzini. Le idee di Gasperini sembrano inadatte ad una squadra del genere e forse l’ex-tecnico rossoblù è… troppo “buono” per allenare una squadra dove serve gente come Mourinho (e non Benitez, anche lui troppo docile). Zarate è oggetto misterioso, Sneijder fa l’adattato, la difesa a tre non ha convinto nessuno. I campioni ci sono e se c’è una squadra che può rimontare tante posizioni partendo così dietro questa è proprio l’Inter. Di fianco ai nerazzurri, ma con diversi secondi di distacco c’è l’Udinese. Senza Inler e Sanchez sarà durissima, il bel gioco c’è e l’assetto anche, ma a volte sono i calciatori a fare la differenza e senza “El niño maravilla” non è la stessa cosa. Incoraggiante però l’esordio ed anche l’aver fatto penare l’Arsenal ai preliminari di Champions (il sorteggio grida ancora vendetta).

Quarta fila per Roma e Palermo. Luis Enrique non ha ancora capito che purtroppo in Italia conta solo il risultato e tempo per gli esperimenti non ce n’è. I nuovi arrivati sembrano buoni, ma… c’è troppo nuovo, e non sempre il nuovo è meglio. Josè Angel può rimpiazzare Riise ma le altre facce nuove sono tutte scommesse ed alcune sono veri e proprio “coin flip” (per usare un termine del poker Texas Hold’em). Esordio senza punti ma c’è la possibilità di rifarsi, purchè…si faccia in fretta. I rosanero invece sognano dopo il botto con l’Inter che ha vendicato la finale di Coppa Italia di maggio: quattro gol con tutti e tre gli attaccanti a segno. Hernandez è ancora discontinuo ma ha talento, Miccoli oramai è una garanzia e Pinilla può fare davvero sfracelli se è in giornata. “Mangia ha ancora fame” era la battuta dopo l’esordio, se così fosse allora i tifosi possono sbizzarrirsi con la fantasia.

Ultimi qualificati alla terza sessione di prove sono Fiorentina e Genoa. I viola dovranno stringere i denti ma la rosa non è male e se Jovetic non si rompe possono fare una annata tranquillissima. La chiave sarà fare pace con gli scontenti tipo Montolivo e Gilardino, ma se il buongiorno si vede dal mattino i presupposti per fare una stagione decente ci sono. I liguri invece hanno tutto da dimostrare e Malesani è chiamato ad un vero e proprio salto di qualità rispetto alla passata stagione a Bologna.
Facendo un salto in coda c’è da dire che anche quest’anno sarà bagarre. Se ne chiama definitivamente fuori il Cesena che con l’arrivo di Mutu ed Eder ha un attacco agile e spettacolare, che come dimostra il match col Napoli può davvero fare benissimo. Nonostante la sconfitta i bianconeri hanno convinto e difficilmente non metteranno tre squadre alle loro spalle. Parma e Bologna non sono attrezzatissime ma sono comunque in grado di arrivare almeno alla seconda tornata di qualifiche evitando le ultime cinque piazze. L’Atalanta parte con un handicap pesante, dopo aver sostituito un motore per un guasto causato dal meccanico Doni, ma i cavalli di potenza li ha e potrebbe fare il miracolo. Troppo lenti in qualifica e probabilmente anche in gara appaiono Siena, Chievo, Novara e Lecce. Se i bergamaschi festeggeranno a maggio allora saranno tre di queste squadre a versare lacrime amare.

 

 

Il campionato più bello del mondo (e il concetto di bello)

Negli anni ottanta e novanta si sosteneva che la Serie A era il cmapionato più bello del mondo. Questo perchè era sempre molto difficile pronosticare chi avrebbe vinto (in quegli anni arrivarono lo scudetto del Verona, quelli del Napoli, quello della Sampdoria). C’è stato poi un predominio di Milan e Juventus, rotto da due titoli arrivati nella capitale a ridosso del cambio di millennio, ma probabilmente a far considerare il nostro calcio il top del top era anche il nostro dominare nelle competizioni europee, con numerosi successi enlla Coppa dei Campioni, nella Coppa Uefa e nella Coppa delle Coppe. Cosa è cambiato adesso? Tanto. I nostri club non sono più il meglio del continente ed infatti abbiamo perso la quarta squadra in Champions League per il ranking Uefa nonostante la vittoria dell’Inter. Complessivamente inglesi e spagnole ci hanno distanziato e le tedesche superato.

Ma cosa dire della nostra serie A? C’è una cosa da sottolineare. Il nostro campionato è forse ancora il più bello. Attenzione: cosa è per voi il bello del calcio? Cosa vi piace di più? Il Barcellona che vince cinque a zero con Messi e compagni che giocano un calcio champagne? Oppure una partita come Napoli-Lazio 4-3? Con la città partenopea che il giorno dopo non parla d’altro? Se la risposta è la prima allora è meglio la Liga, poco da dire. Se la risposta è la seconda allora è la nostra Serie A ad essere il miglior campionato. Pensateci. In Inghilterra vincerà il Manchester United, in Spagna il Barcellona (e se non vinceva la squadra di Guardiola lo avrebbe fatto il Real Madrid a mani basse). In Germania…ha vinto il Borussia Dortmund da dicembre.

Nessun altro campionato ha una squadra come l’Udinese che a otto partite dalla fine era vicina alla vetta e vista addirittura come una delle favorite. Chi fermerà la squadra di Guidolin? Semplice, il Lecce terzultimo. Doppietta di Bertolacci e tutti a casa. Milan, Inter, Napoli: tutte conservano ancora la possibilità di cucirsi lo scudetto sulla maglia. Chi ha il calendario più facile? La risposta: boh! Nella Serie A non si può mai dire. Il Napoli ha fatto risultati strepitosi, perdendo sei punti col Chievo, ed in casa ha vinto a stento col Lecce all’ultimo secondo ed ha pareggiato col Brescia. L’Inter nonostante la cura Leonardo ed una marea di vittorie sotto la sua guida ora è addirittura al terzo posto (solo un miracolo di Julio Cesar ed un gol contestato di Pazzini hanno permesso di evitare un passo falso coi salentini). Il Milan col Bari doveva vincere quattro a zero…per poco non perdeva, mentre quando era pronto il sorpasso dell’Inter…tre a zero nel derby e buonasera.

Ogni match rivela le sue insidie, nulla è da dare per scontato. Negli altri campionati succede? Molto meno, se vi piace giocare alla Snai allora puntate sui match esteri, che è più facile vincere la scommessa. In Italia i tre punti te li devi sudare ogni fine settimana. Se credete che una partita sia facile, chiedetelo a Pasquale Marino, l’allenatore…ah no scusate…ex-allenatore del Parma. Del resto affronti il bari, fanalino di coda della classifica. Sarà sicuramente una passeggiata. O forse no?

Il grande traditore (a detta dei tifosi)

Sabato alle ore 20.45 si gioca il derby di Milano. Milan contro Inter, per un match che può valere una stagione visto che le due squadre sono separate solamente da due punti in classifica. Ogni stracittadina è bella, perchè in quel momento che i tifosi tirano fuori il meglio (ed a volte purtroppo il peggio) di loro, con la tagliente ironia che solo un derby è in grado di generare. Le coreografie sono un “cult” in partite del genere, con degli sfottò che a volte sono veramente da applausi, ma che rimangono segretissime fino a qualche minuto prima. Un giornale sportivo (“Tuttosport”) ha però anticipato quella che dovrebbe essere la coreografia della curva Sud, quella degli ultrà milanisti, e che ci porta al nocciolo della questione. La suddetta coreografia dovrebbe avere proprio il tradimento di Leonardo come tema principale, verosimilmente si andrà più sull’ironia che sull’insulto (ma non sono escluse iniziative personali più pesanti) andando a toccare il “cuore” , organo molto spesso citato dall’allenatore per spiegare partite e atteggiamento in campo.

Ora, sul fatto che Leonardo abbia fatto bene o meno ad andare all’Inter se ne è parlato tantissimo. Personalmente non lo ritengo certo “colpevole”, visto che nel calcio si parla comunque di squadre-azienda (non credo che se uno passi dalla Toyota alla Honda venga etichettato come “traditore”) e soprattutto non ha infranto promesse e cose del genere, ma è comprensibile la rabbia del popolo rossonero. La cosa però ci fornisce un interessante spunto per parlare di quelli che sono considerati i grandi “traditori” del mondo pallonaro.

Lionello Manfredonia

Il popolare giornale spagnolo “Marca” ha pubblicato tempo fa una lista con i venti più grandi “tradimenti”, piazzando al primo posto Luis Figo, trasferitosi dal Barcellona al Real Madrid, ed accolto con lancio di oggetti (fra cui una testa mozzata di maiale) al suo ritorno da avversario al “Camp Nou”. C’è al secondo posto Roberto Baggio, per un “passaggio” che i tifosi fiorentini non dimenticheranno mai: dalla squadra gigliata all’odiatissima Juventus. Ce ne sono tanti altri, come Sol Campbell (dal Tottenham all’Arsenal), Romario (dal Flamengo al Fluminense) e Hugo Sanchez (dall’Atletico al Real, a Madrid ovviamente). Del nostro calcio ci sono altri due giocatori in classifica, ovvero Serena e Tardelli, ma mancano alcuni dei più recenti.

Senza scomodare Lionello Manfredonia, che causò addirittura una spaccatura nella curva della Roma e la formazione del G.A.M. (Gruppo Anti-Manfredonia) per il suo passato laziale, si possono citare i vari cambiamenti di sponda sempre in quel di Milano (Ibra e Ronaldo, mai perdonati dai nerazzurri). Ma ogni squadra ha il suo ex mai dimenticato e per questo mal digerito con un’altra casacca. Ci sarà sempre qualcuno accolto malissimo al suo ritorno allo stadio che lo ha consacrato, che verrà chiamato “ingrato”, “traditore” (ovviamente usando solo parole non volgari, eheh). Accadrà sempre. Parliamo però di una questione comunque interessante. Quindi dite la vostra: qual’è stato per voi il più grande “tradimento calcistico” della storia?

 

Gufata dopo gufata…il ranking è sceso: ecco perchè

Ed adesso c’è rimasta solamente l’Inter, che tra l’altro ha poche possibilità di passare il turno, nonostante sia superiore al Bayern Monaco. Quest’anno potremmo rimanere a bocca asciutta in Europa e non ne beneficia certo il nostro oramai famoso Ranking Uefa. Ma cos’è e come funziona questo ranking? Si tratta di un sistema per classificare squadre e nazionali a livello europeo e decidere quante e di quali paesi avranno l’accesso alle competizioni come Champions League ed Europa League. Il coefficiente UEFA per le squadre di club è determinato dai risultati ottenuti da ogni squadra nelle competizioni europee delle ultime cinque stagioni. Il punteggio totale si ottiene sommando ai punti conquistati da ogni squadra un coefficiente fisso, pari al 20% del coefficiente nazionale relativo alla stagione in corso. Per esempio, gli 11.375 punti del coefficiente dell’Italia, per la stagione 2008-09, hanno garantito 2.275 punti ad ogni formazione italiana, comprese quelle che non hanno preso parte alle competizioni europee in quella stagione.

I punti ottenuti da ogni squadra sono calcolati nella misura di 2 per ogni vittoria e 1 per ogni pareggio, cui vanno aggiunti i seguenti bonus: 4 punti (3 fino alla stagione 2008-09) per la qualificazione per la fase a gironi della Champions League,5 punti (1 fino alla stagione 2008-09) per il raggiungimento degli ottavi di finale della Champions League, 1 punto per il raggiungimento dei quarti di finale, delle semifinali e della finale di entrambe le competizioni continentali.

Perchè quindi abbiamo praticamente perso la quarta squadra in Champions? Semplice. Quest’anno l’annata meno recente che veniva presa in considerazione era quella del 2005/2006 (15357 punti per noi e 10437 per la Germania), ovvero quando il Milan arrivò in semifinale e Juventus ed Inter uscirono ai quarti, con le tedesche tutte fuori agli ottavi e nonostante la figuraccia in Europa League, col solo Livorno (!!) ai sedicesimi conservammo un bel vantaggio. Quel vantaggio che ci ha consentito di restare avanti quest’anno, ma il prossimo anno quell’annata non verrà più presa in considerazione. L’ultima sarà quella 2006/2007, che l’Italia ha comunque chiuso avanti grazie al Milan campione d’Europa (2-1 al Liverpool in finale) ma con un vantaggio più risicato, che non copre gli sfaceli delle ultime tre edizioni, dove la Germania è sempre andata meglio di noi. L’anno scorso i tedeschi hanno fatto un punteggio record, ovvero circa 18000, grazie ad una semifinalista in Europa League e una in finale di Champions League (che se il Bayern avesse vinto voleva dire già sorpasso).

Come  sono le prospettive per il futuro? Pessime. Sia perchè quest’anno abbiamo fatto nuovamente schifo e sia perchè man mano che scorrono le stagioni il nostro distacco aumenta sempre più, mentre la Germania fra due anni non avrà superato solamente noi, ma anche la Spagna (a meno che Barcellona e Real non facciano qualcosa di eclatante quest’anno). Otto punti di coefficiente da rimontare per noi sono tanti, ci potrebbero volere anche cinque anni per colmarli. Magari la prossima volta gli italiani ci penseranno due volte prima di “gufare” le altre squadre italiane per le quali non si fa il tifo.

Calciomercato: chi ha vinto e chi ha perso

Chi fa il fantacalcio si ritrova un giocatore che aveva preso per un certo motivo in un’altra squadra e magari gli scombina tutti i piani. Il calciomercato di gennaio non ha rispetto per chi ha fatto l’asta a settembre. Ma andiamo a vedere chi ha venduto o comprato meglio. Partiamo dalla capolista: il Milan che sembra avere l’obbligo morale di prendere solo giocatori che erano già nati quando Tardelli segnò il gol alla Germania nei mondiali in Spagna del 1982 porta nella città meneghina Emanuelson, Cassano, Van Bommel e Legrottaglie. Bel quartetto, con “Fantantonio” che sembra essere un arrivo azzeccato, almeno fino a quando non manderà a fare in…diciamo a quel paese Allegri in barese. Emanuelson a parte i tiri in curva contro la Lazio sembra essere buono e Van Bommel oltre a dare mazzate in campo può ancora dare qualcosa prima della pensione. Legrottaglie…uomo di fede, ma per prenderlo ce ne voleva di fede in lui.

L‘Inter si rinforza con Pazzini. E mica male. Il “Pazzo” arriva e vince da solo il match contro il Palermo. Nagatomo dovrebbe portare cross e yen, binomio interessante, visto che per ogni assist si moltiplica il numero di maglie che si venderanno nel paese de sol levante. Kharja…tranquilli, appena torna Sneijder scalderà la panchina o la tribuna. Ranocchia invece è una grande presa, e speriamo bene, visto che il futuro della nazionale per quanto riguarda la difesa è lui.

La Juventus si libera finalmente di Amauri, che fra poco festeggerà un anno senza segnare (in pratica me lo vedo in quei gruppi di recupero dicendo: “Sono Amauri…e sono trecentosessantacinque giorni che non segno!” e tuttu lo applaudono). Prende Toni e Matri, così Delneri non ha più alibi (sebbene Toni ha capito subito come funziona a Vinovo e si è infortunato). Barzagli è una presa importante in difesa, ma bisogna vedere se si ricorda come si difende in Italia.

Il Napoli…bene, non c’è che dire. Ruiz è forte e giovane, quindi anche un investimento per il futuro. Mascara è uno che può prendere il posto di Lavezzi ed Hamsik quando l’argentino si fa squalificare per me ammonizioni beote che prende e quando lo slovacco decide di prendersi pause troppo lunghe. C’è chi diceva che doveva arrivare qualcuno altrettanto forte…eh ma poi chi glielo spiega che deve fare panchina? “Peppiniello” invece può coronare il sogno di arrivare fra le prime quattro e fare anche qualcosa di buono in campo.

Le romane…quasi nulla. La Lazio prende Sculli per tutelarsi in attacco (no, non nel senso di essere protetti dalla ‘ndrangheta) e nonostante girassero nomi come Santa Cruz e Samaras il bomber se lo è ritrovato in casa: Libor Kozak. La Roma invece è riuscita a fare anche meno, non prendendo nessuno e concentrandosi sulla cessione più importante, ovvero quella della società (chissà se a stelle e strisce o con i turbanti).

Le genovesi…eh qui si ride. Il Genoa fa un supermegascambio col Parma…e si ritrova Paloschi rotto ed Antonelli a mezzo servizio. Soffia Floro Flores alla Juventus (ma forse è meglio dire che approfitta dello scarto) e perde Ranocchia e Toni. Mah! La Sampdoria invece cambia l’attacco, passando da Cassano-Pazzini a Maccarone-Macheda. I quattro palloni presi a Napoli dimsotrano che forse si poteva fare meglio. Povero Di Carlo!

La Fiorentina con la grana Mutu vede sfumare Barreto, il Parma prende appunto Amauri ma che dopo due allenamenti farà la riserva di Crespo, il Bari prova a dare una sterzata con Okaka e Rudolf ma probabilmente in B ci finirà lo stesso. Le altre cambiano poco, del resto i soldi da spendere non abbondano. Mica tutt sono come Abramovich, che dichiara di avere perdite per cento milioni di euro e poi prende Fernando Torres per cinquantotto.

Coppa del mondo o torneo dell'amicizia?

Si è discusso molto sulla vittoria dell’Inter ad Abu Dhabi. Non soltanto per il fatto che Benitez rischia comunque di essere esonerato dopo le se dichiarazioni ad effetto, ma più che altro per il fatto che in tanti, troppi, sostengono che sia una vittoria di cartapesta. Premettendo che a mio parere l’Inter stramerita la coppa, non tanto per quello che ha fatto negli Emirati Arabi (probabilmente avrebbe vinto anche il Cesena con un gol di Bogdani di testa su cross di Lauro in finale) ma semplicemente perchè al Mondiale per Club c’era, bisogna ricordare che non si tratta di un torneo estivo ad inviti, ma di una manifestazione che come la Confederations Cup mette di fronte tutti i campioni continentali. Ma vediamo levolversi della storia. La prima Coppa Intercontinentale si giocò nel 1960 perchè in molti sostenevano che per dirsi “la miglior squadra del mondo” il mitico Real Madrid avrebbe dovuto confrontarsi anche con le squadre sudamericane. Quelli che erano i veri “galacticos” lo fecero e vinsero, anche bene. Si giocava addirittura in gare di andata e ritorno (viaggi mica da ridere) con spareggio in casa della squadra che giocava la seconda partita in casa se vi fosse stata ancora parità nel punteggio totale (niente gol fuori casa che valevano doppio). Le squadre sudamericane però la videro come una vera e propria guerra e le sfide in terre argentine, uruguayane o brasiliane erano battaglie. Accolti malissimo, i club europei cominciarono a perdere (memorabile il racconto di George Best sulla sfida contro l’Estudiantes, che racconta di aver avuto paura di essere ammazzato, detto da uno che non era certo un codardo) finchè proprio l’Inter riportò la coppa in Europa. Negli anni settanta i club del vecchio continente cominciarono a vederla più come una rottura di scatole che come un traguardo da raggiungere e la manifestazione rischiò di sparire.

A salvarla furono i giapponesi della Toyota, che sponsorizzarono l’evento ed inventarono la finale in campo neutro (in Giappone ovviamente). Quanta nsotalgia per quelle sfide dicembrine col freddo e quel fastidiosissimo suono della trasmissione via satellite (altro che vuvuzuelas!!!) che diventarono davvero epiche. Poi l’idea di Blatter (rivoluzionario come sempre, specie se c’è da guadagnare). Ovvero aprire la competizione a tutti i continenti, non solo Europa e Sud America. Intendiamoci, lui l’ha fatto per un principio economico, ma l’idea di fondo per me è giusta. Perchè? Semplice. Mettiamo caso che una squadra dell’Oceania compri Messi,Cristiano Ronaldo ed altri quindici supermegacampioni. Come potrebbe dimostrare di essere la migliore del mondo se non confrontandosi con europee, sudamericane eccetera? In pratica è il principio che qualsiasi squadra del mondo possa diventare campione ad essere giusta. In barba a chi non è d’accordo è arrivato il Mazembe, che elimina l’Internacional de Porto Alegre e dimostra che non è per forza una sfida fra due soli continenti. Ripetiamo, il livello potrà essere quello che è, ma seguendo i valori sportivi la manifestazione è più che sacrosanta.