“Possiamo vivere la vita che gli altri si aspettano da noi oppure sceglierne una basata sulla nostra verità. La differenza è tra una vita consapevole e una inconsapevole, tra vivere e non vivere”.
Con queste parole, Stephen Gough riassume il senso di ciò che gli sta accadendo. Non è un guru di qualche setta, né un signore eccentrico vecchio stile. Quest’uomo ha una sua idea di come la vita debba essere vissuta e ha deciso di andare fino in fondo. Sono ormai più di dieci anni che Gough gira a piedi nudo. Cammina a piedi senza vestiti perché il mondo è sbagliato, quello che pensa il mondo è sbagliato e noi siamo buoni e possiamo fidarci di noi, del nostro corpo nudo, degli altri. Questo è il suo pensiero. Potremmo ironizzare di quest’uomo che le prime foto ritraevano nel pieno del vigore fisico e che adesso mostra i segni del passare del tempo con forza e dignità. Potremmo sorridere pensando a questa figura un po‘ Forrest Gump un po‘ Gandhi. Potremmo scuotere la testa pensando a una provocazione vintage stile anni sessanta. L’uomo in realtà è uno che ti costringe a pensare. Non sempre gli è andata bene, insieme alla curiosità, all’ironia e all’indifferenza ha trovato anche chi lo ha picchiato e gli ha rotto il naso. Non sempre è stato facile. Gough ha avuto una compagna, ha dei figli, una anziana madre.
All’inizio era una cosa ma ora molti non capiscono o si sono stancati. Gli attivisti dell’ambiente naturista hanno smesso da tempo di supportarlo, ogni giorno è sempre più solo. Adesso poi, non riesce più a uscire dal carcere. I tribunali hanno deciso di adottare la linea dura e lui si è irrigidito nella ricerca della sua verità. Non si veste in carcere, non si veste per andare in tribunale, non si vestirà il giorno in cui lo rilasceranno e quindi sarà nuovamente arrestato. Lui vuole tornare a casa nudo e camminando. “Ho capito che nel mio profondo sono buono, che tutti siamo buoni e che ci si può fidare di questa parte di sé” ha dichiarato al giornalista Neil Forsyth, che lo ha intervistato recentemente per il Guardian nella prigione scozzese dove è detenuto. Gough è uno che ha dalla propria parte la forza delle sue convinzioni. Niente sembra fermarlo. Non il freddo del suo viaggio invernale verso John o’ Groats, l’ultimo villaggio a nord della Scozia, dove il cielo sembra così basso che ti viene da allungare la mano e raccogliere una manciata di stelle. Non il dover continuamente dare spiegazioni di ciò che sta facendo. Niente sembra fermarlo. E questo, immagino, sia ciò che spaventa.
È per questo che la società tiene dentro una cella uno come Gough. Non è questione di senso del pudore è che se Gough vincesse la sua battaglia, un granello di libertà potrebbe insinuarsi nell’ingranaggio del controllo sociale e incepparlo. Potrebbe rovinarsi quell’architettura di potere fondata sull’idea che l’uomo non è buono, che l’uomo deve difendersi sempre e comunque, che in nome di questa difesa egli debba rinunciare a perseguire la propria verità e debba abbracciare quella dominante. Tanto può un uomo nudo che cammina. La nudità ci ricorda la forza dell’assenza di difese, il cammino la potenza di avere una meta. Non sappiamo come finirà questa storia, se alla fine prevarrà in quest’uomo la stanchezza, se invece vincerà o resterà in prigione per il resto dei suoi giorni. Se avrà insinuato in noi il dubbio che sia giunto il momento di toglierci i vestiti e iniziare il nostro cammino, avrà già fatto molto.