Correva il 58, si fermò a Sepang

“Se ne vanno sempre i migliori”, si è soliti sentire. Non è vero. Non se ne vanno sempre i migliori, è che quando se ne vanno i peggiori non ti interessa più di tanto proprio perché sono i peggiori. Se invece a morire è un ragazzo di ventiquattro anni, famoso, che ti risulta simpatico dopo mezzo secondo per la sua genuinità ed il suo modo di fare, allora ci rimani malissimo. Purtroppo è esattamente quanto è accaduto nel Gran Premio di Malesia di motociclismo, a Sepang, dove ha perso la vita Marco Simoncelli, per tutti il “Sic”, ovvero l’acronimo con cui appariva nei riquadri in sovraimpressione che durante le corse segnalano le posizioni e i distacchi fra i piloti. Nato a Cattolica nel 1987, vive da sempre a Coriano, in provincia di Forlì (e chi lo ha sentito parlare se ne sarà accorto con la stessa velocità con cui lui affrontava i rettilinei in pista).

Una vita dedicata alla moto, con un campionato europeo classe 125 vinto già a quindici anni ed il debutto nel circuito mondiale, dove fra alti e bassi comincia a farsi notare per le sue qualità tecniche ed anche umane. Nel 2006 passa alla 250 e in soli due anni si laurea campione del mondo, strabiliando tutti e convincendo gli appassionati che ci si trova davanti al “nuovo Valentino Rossi” (la parlata aiuta non poco). Si arriva alla MotoGp, dove all’esordio si piazza ottavo. Il suo secondo anno testimonia la sua crescita costante, visto che non commette più gli errori di gioventù commessi in passato. Nel penultimo Gran Premio dell’annata però, arriva la tragedia: cade in pista al primo giro della gara e Colin Edwards involontariamente lo investe in pieno. L’impatto è talmente violento da sfilargli il casco e Sic muore in seguito ai traumi riportati alla testa, al collo e al torace.

Fatalità. Si, ripeto, fatalità. Perchè è vero che quando scegli quella professione sai bene che fra gli avversari c’è anche la morte, ma è altrettanto vero che di incidenti ne capitano a vagonate ogni stagione e raramente qualcuno esce veramente malconcio, visto che i piloti indossano tute speciali, ignifughe e con tutte le protezioni del caso. Il 70% degli incidenti che capitano a loro sarebbero mortali se capitassero in strada (ancor di più perchè c’è ancora chi si ostina ad andare senza casco, ma questa è un’altra storia), ma purtroppo l’imprevisto può capitare anche ai grandi campioni. Bastava cadere mezzo metro più in là, oppure non al primo giro dove i distacchi sono così ridotti, oppure non essere colpiti nell’unico punto così vulnerabile. Il Sic muore sul colpo, inutile girarci intorno, l’orario della morte è posticipato per evitare il sequestro del circuito. La bandiera rossa che sospende la gara è un atto dovuto. Le lacrime di Rossi (che era suo grande amico, lo considerava un fratello minore) anche. La notizia si diffonde ed immediatamente un velo di tristezza pervade gli appassionati, ma non solo. La mia prima impressione quando vengo a conoscenza della cosa è “No, non è possibile”. La pagina 103 di Televideo purtroppo me lo conferma. Ci resto uno schifo, non perché aveva 24 anni, non perché era un pilota, non per il modo in cui è capitato.

Ci resto male perché era un ragazzo di 24 anni che nonostante fosse diventato ricco e famoso continuava ad essere incredibilmente simpatico e capace di andare a mangiare piadine con gli amici di sempre, quelli che aveva fin da piccolo. Ci resto male perché la mia imitazione del Sic (a parer mio neanche tanto riuscita) ha divertito sempre i miei cugini. Ci resto male perché perfino mia madre sapeva perfettamente chi fosse (lei che non ha idea di chi siano Ibrahimovic o Di Natale) ed ha pianto per questo. Non se ne vanno sempre i migliori, ma purtroppo quando se ne vanno ti accorgi che davanti alla morte c’è rispetto per tutti, ma i sentimenti che la gente prova la dicono veramente tutta su chi sei e su come hai vissuto. Mi mancheranno le pubblicità di cui era protagonista, mi mancheranno i suoi saluti alle telecamere prima e dopo le gare, mi mancheranno le sue interviste, mi mancheranno il suo accento e la sua simpatia. Ciao Sic.

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F1 Gp della Malesia – Ancora Vettel.

Vince ancora Sebastian Vettel, in maniera meno netta rispetto alla gara in Australia.  Il campione del mondo non riesce a scappare durante la corsa ma la sensazione è che il potenziale della Red Bull non sia stato del tutto espresso: lo testimoniano l’inutilizzo del kers e una condotta di gara generalmente conservativa. Qualche preoccupazione per il tedesco è sorta quando dopo metà giri Hamilton può teoricamente concludere senza ulteriori stop montando le gomme dure, a differenza di Vettel che ha ancora quest’obbligo. Nel timore di subire il sorpasso con la sosta ai box, Vettel spreme la vettura infliggendo immediatamente distacchi pesanti, senza l’ausilio del kers. Il tedesco, con tono preoccupato, richiede più volte via radio di poter  utilizzare il dispositivo ma dai box gli rispondono: ” We will not discuss anymore”.  Poi con Hamilton che rientra ai box per sostituire le inefficaci dure, il tedesco può rasserenarsi, effettuare il cambio gomme e concludere primo senza ulteriori preoccupazioni.

 

La gara è stata condizionata dall’eccessivo degrado delle gomme;  nei valzer dei pit stop (minimo 3 soste per pilota) ci sono stati diversi rovesciamenti di classifica di cui ha approfittato Jenson Button. Il pilota con una condotta sorniona, com’è suo solito, si piazza al secondo posto. Grazie alla sua guida pulita egli è bravo a gestire gli pneumatici e a farli durare più di Lewis Hamilton, che per il degrado, ha dovuto subire i sorpassi di Heidfeld, ottimo terzo posto per la Renault, e di Webber, quarto. Per non finire la gara sui cerchioni, Lewis rientra forzatamente ai box e così dal podio scivola fino al settimo posto.

 

 

 

La Ferrari ha un passo gara molto efficace per cui è stato possibile sperare in un piazzamento da podio. Domenicali nel difendere la pessima qualifica ha alluso alla tattica del catenaccio, ossia la (solita) scelta conservatrice di puntare tutto sulla gara, a scapito della prestazione sul giro secco. Sebbene in corsa si facciano i punti, tuttavia dovrebbero spiegare al team principal che inseguire i rivali procura una costante pressione che può far sbagliare; ed oggi, purtroppo, due errori fatali hanno condizionato il risultato finale: il primo lo commettono ai box con Massa nel problema di montaggio dell’anteriore sinistra, che ha relegato il brasiliano nelle retrovie; il secondo errore, piuttosto grave,  è di Alonso che negli ultimi giri di gara sbaglia la valutazione di distanza nella battaglia con Hamilton, terzo in quel momento, piombandogli addosso e distruggendo l’ala anteriore. Alla fine Massa ed Alonso si piazzano quinto e sesto, con un po’ di rammarico per gli sbagli commessi ma con l’auspicio che una crescita di prestazioni vi sia anche in qualifica, nel prossimo week-end di gara in Cina.

Gran Premio della Malesia: la rivincita della Red Bull

La terza prova del mondiale di F1 vede la doppietta Red Bull, con Vettel vittorioso su Webber. Rosberg, Kubica e Sutil a seguire. Per trovare un altro pretendente alla vittoria mondiale scendiamo al sesto posto con Hamilton, partito 20°, seguito da Massa e il campione in carica Button. Primi punti per Alguersuari su Toro Rosso e Hulkenberg su Williams. Alonso e Schumi ritirati. Red Bull in ottima forma e “no problem at all”, come dichiara un felice Chris Horner, team principal, a fine gara. C’è stata molta competizione dal sesto posto in giù; noia davanti e bagarre dietro, questo il fattore comune alle tre gare sin ad ora disputate.

Risultati
via | gazzetta.it

Le Ferrari purtroppo hanno pagato dazio per le qualifiche disastrose, a causa di un errore di valutazione a cui non siamo nuovi dal dopo Todt. In breve è successo: la giornata di sabato è piovuto e nel primo turno di qualifica, spinti dalle previsioni meteo che davano il calare della pioggia, le Ferrari – ma soprattutto Alonso – hanno aspettato troppo tempo ai box. La pioggia invece si è intensificata, compromettendo le qualifiche – e risultato in gara. Difatti i ferraristi hanno avuto grosse difficoltà nel rimontare e Massa ha concluso soltanto settimo, soffrendo per lunghi tratti chi lo precedeva. Ha avuto il merito di compiere un bel sorpasso su Button (finalmente!), verso fine gara. Per Alonso, reo-confesso della strategia disastrosa in qualifica – scelte sbagliate anche in gara: rispetto a Massa ritarda il pit stop nella speranza della pioggia, ma nemmeno una goccia; sprofonda in nona posizione rimanendo dietro a Button. Nel tentativo estremo di superarlo il motore di Alonso esala l’ultimo respiro; tuttavia per due punti persi i rimpianti non sono poi così tanti.  Il rammarico c’è per scelte scellerate in qualifica, dove davvero non capiamo un azzardo del genere, assolutamente inutile.

Se analizziamo la classifica (via gazzetta.it), possiamo apprezzare il sistema di punteggio introdotto quest’anno, che rende i ranghi molto serrati. Come testimonia la posizione di Vettel, basta una vittoria per rientrare in corsa al mondiale.  Sarà un mondiale dove conta anche andare continuamente a punti tra i primi cinque, come testimoniano le posizioni di Rosberg e di Kubica, l’outsider di questo primo scorcio di mondiale.  Una buona gara si costruisce dalla posizione in qualifica e questo in Ferrari lo sanno bene, perché gli errori si pagano davvero caro. Anche in questo circuito la Ferrari poteva piazzare i due piloti tra i primi, ma sono mancati i nervi saldi per gestire situazioni mutevoli e la Red Bull, questa volta, è stata lei ad approfittare delle debolezze degli avversari.