Un uomo solo (era) al comando

Lo storico telecronista del ciclismo Ferretti amava aprire le sue telecronache con una frase: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Già, perche Coppi volava ed era sempre solo, in positivo. All’Inter invece c’era un altro uomo solo al comando, purtroppo per lui, però.

Gian Piero Gasperini ha concluso la sua avventura sulla panchina interista senza gloria e con tanto rammarico da parte sua, galantuomo apparso subito inadatto ai colori nerazzurri. Senza esperienza in una grande si dirà, ma non soltanto quello. Vediamo cosa ha portato Moratti e compagni a puntare su di lui. Innanzitutto, c’è da premettere che evidentemente per allenare i nerazzurri ci vuole una persona smaliziata. Mourinho è il re in questo e di conseguenza si è rivelato perfetto, Benitez molto meno e difatti non ha avuto vita facile. Allo spagnolo non hanno lasciato tempo, del resto raccoglieva una eredità pesantissima (ma non dimentichiamoci che parliamo di un tecnico che portava con facilità il Liverpool in finale di Champions League, mentre ora i “reds” navigano in cattive acque) ed il suo gioco diverso da quello del portoghese non ha potuto far dimenticare ai tifosi lo “Special one”. Leonardo in pratica non ha fatto altro che riproporre quello che era il gioco della vecchia Inter di Mou.

Ora, cosa accade quest’estate? Semplice, in pochi vogliono prendersi la patata bollente ed a sedersi su una panchina già rovente è uno che era fra le seconde scelte (immaginate come si possa sentire la persona in questione) quindi già non ci siamo. Doveva andare al Napoli ma poi viene rispedito al mittente dopo il chiarimento fra Mazzarri e De Laurentiis (tanti i tifosi azzurri che hanno tirato un sospiro di sollievo). Il curriculum del Gasp però sembrava buono: giovanili alla Juventus (cosa poco gradita ai tifosi interisti) con un Torneo di Viareggio vinto, esordio col Crotone portato incredibilmente in Serie B e mantenuto poi in cadetteria per due anni. Approda al Genoa e riporta il “grifone” in Serie A, venendo confermato, lanciando Milito e meritandosi addirittura la “panchina d’oro”, premio assegnato al miglior allenatore dell’anno dai suoi colleghi. Diviene il primo allenatore della storia rossoblù a vincere tre derby consecutivi, ma poi il suo rapporto con la città ligure si interrompe con un esonero.

Ok, i presupposti per ritenerlo un buon allenatore di Serie A ci sono tutti. Da grande? Uhm, difficile. Innanzitutto per il suo gioco troppo alternativo per una Inter che non ha mai giocato con la difesa a tre. Un mercato strano, con partenze eccellenti come quella di Eto’o (che dice di credere nel progetto della sua nuova squadra russa, con venti milioni di buone ragioni all’anno) e conferme in extremis come quella di Sneijder, da subito apparso inadatto al suo modulo. Arriva Forlan, ma il sei agosto è già tempo di derby. Supercoppa Italiana, col Milan che capisce che in caso di vittoria non solo porta a casa il trofeo ma mette già sotto pressione una diretta concorrente allo scudetto. Segna proprio Sneijder, ma gioca fuori ruolo e quando i Campioni d’Italia cominciano a fare sul serio sono dolori: prima sconfitta e primi mugugni. La difesa non convince ed un mese dopo a Palermo all’esordio in campionato è tragicomica: quattro reti rosanero e i mugugni diventano proteste. Contro il Trabzonspor, squadra turca dal nome impronunciabile, arriva uno stop casalingo in Champions che ha del ridicolo, con incredibili gol falliti (a tradirlo proprio il “suo” Milito) e nessuna scusa: con una team del genere non puoi perdere nemmeno se giochi in otto. Uno zero a zero con la Roma lo porta sul baratro ed un ko con il Novara (che mancava in A da oltre mezzo secolo) è davvero troppo.

Di chi sono le colpe? Di tutti. Della società, che ha dimostrato inadeguatezza nella scelta sia facendolo sentire da subito un ripiego sia nel non capire cosa veramente servisse. Dei giocatori, con alcuni senatori che hanno remato contro forse (lo scopriremo a breve) ma che sicuramente non si sono dannati l’anima. Del tecnico, perchè troppe scelte sono apparse veramente assurde, ma dettate dalla mente di qualcuno che si sente veramente, ma veramente solo. Fin dall’inizio, contro tutti. Per reggere ci vogliono qualità che Gasperini al momento non ha (magari le avrà in futuro), ma una cosa è sicura: questa storia è cominciata male, è proseguita peggio ed è finita…bah, diciamo solo che è finita.

E adesso? Adesso c’è Ranieri, l’uomo perfetto per l’Inter di oggi. Ai nerazzurri serve tranquillità e l’ex-tecnico di Roma e Juventus porta esattamente quello. Purtroppo nulla di più, visto che è stato battezzato “l’eterno secondo”, ma i presupposti per risalire la china ci sono tutti. Innanzitutto sono arrivate subito due vittorie a risollevare campionato e coppa, poi lo stile di gioco più consono alle caratteristiche dei giocatori ed ultimo ma non ultimo…i giocatori stessi. Perchè a quanto pare Ranieri è al comando, ma a differenza del suo predecessore non è… solo.