A day at Anfield Road

Bella domenica calcistica. Il Mlan vince di slancio, il cuore del Napoli riacciuffa meritatamente la Roma al novantesimo, l’Inter è brava e fortunata ad Udine ed il Palermo fa il colpaccio a Torino.

Questa giornata però io me la sono persa. Eh si, perchè ero allo stadio, ma in Inghilterra, a Liverpool, nel mitico Anfield Road, per la gara interna dei Reds contro il Blackburn Rovers. Lasciate che vi parli un po’ di questo tanto famoso “modello inglese“, che si vuole prendere come modelloda imitare. Già il sabato vado a cercare di ritirare il biglietto che avevo comprato on-line con carta di credito (un’impresa farlo, solitamente i biglietti vengono esauriti dopo mezz’ora, lo stadio è sempre tutto esaurito) e per arrivare ad Anfield Road prendo lametro per Kirkaldy, che dista comunque un bel po’. Passo per una zona non certo residenziale e davanti allo stadio dell’Everton che dista meno di un chilometro in linea d’aria da quello del Liverpool. Scopro che la biglietteria è chiusa e dovrò prenderlo il giorno dopo prima della partita (mi preoccupo un po’), ma ne approfitto per andare allo store (molto bello) e fare foto (con la statua di Billy Shankly era d’obbligo). Non si può fare il tour dello stadio (fonte d’entrata eccezionale per il club) perchè una marea di turisti ha avuto la mia stessa idea ed è tutto prenotato per tutto il giorno. Quindi…tutto rimandato al football-day.

Arrivo verso mezzogiorno (calcio di inizio alle 3) e vado subito in biglietteria. Coda lunga, mi preoccupo. Steward disponiblissimi ci aiutano ed impiegati ancora più veloci fanno in modo che in cinque minuti io esca col biglietto in mano. Decido che per ingannare il tempo è il caso di comprare il “Programma della partita“, una rivista di un’ottantina di pagine riguardante il match ma che è collegata a quella precedente (tipo ogni numero parlano di un’annata dei Reds) col venditore che mi chiede se sono uno “yankee“. Mentre mi sorseggio una Carlsberg (ah Corona mia qunto mi manchi!) vedo gente che si ingozza di patatine e schifezze varie mentre il mio pranzo sono due barrette di cioccolato. Cerco di raggiungere la curva ma una folla tremenda mi si para davanti. Capisco che sta arrivando il pullman del Liverpool e bloccato fra ragazzine che urlano riesco solo a gridare qualcosa in spagnolo a Torres. All’una e mezza aprono i cancelli ed io sono in fila quando m’accorgo che di fianco a me stanno passando i tifosi del Blacburn, senza scorta e con sciarpe e maglie ben in vista. Tutto tranquillissimo, chiacchierano e ridono ed al loro ingresso li attende un cartello “Welcome Blackburn supporters“. Entro allo stadio, lo steward mi perquisisce e mi lascia passare. Rigorosa fila indiana, apoteosi dell’educazione e tutto fila velocissimo. Dentro lo stadio salgo le scale e mi sembrano uguali a quelle che c’erano al liceo Sbordone (liceo scientifico di Napoli, ndr), un clamoroso tuffo nel passato. Sopra nei corridoi…bar, agenzie di scommesse, televisori che trasmettono Sky e bagni incredibilmente puliti. Prendo poso in curva e mi scende una lacrima pensando a chi a volte si lamenta del clima dell’Italia del sud…pazzi che non sanno cosa sia “il freddo”. Con le mani atrofizzate leggo il programma, visto che fino alle tre meno dieci sono da solo (vedo alla mia sinistra gente che mangia a tavola come fossero al ristorante dietro ai palchi e la cosa mi rode non poco). Alle tre….stadio stracolmo. Canto le canzoni e quasi mi commuovo alla sciarpata di “You’ll never walk alone“.

Ma poi…finito. Tifo…poco, attimi di silenzio (in uno stadio!!!) tantissimi. Solo un indiano di fianco a me grida in continuazione cercando di coinvolgere tutti. Le bandiere compaiono solo all’inizio così come i teloni copricurva. Ci si alza quando c’è un’azione pericolosa (se uno non lo sa rischia di perdersi il gol) e ogni tanto si grida “Referee” (Arbitro) anche senza motivo. Il Liverpool vince, il Blackburn meritava il pari. Segnano Gerrard e Torres (due campioni) e si esce felici. Gli steward sono impeccabili, ma vi assicuro che quando anche il più scalmanato si comporta da gentiluomo non è difficile.

Non biasimerò mai più quelli che lo fanno in Italia, è davvero un altro mondo.

Col freddo che mi sta uccidendo riesco a tornare alla metro, convinto che i biglietti in Inghilterra sono cari ma assai proporzionati all’ottimo servizio ricevuto. La partita la vivi molto di più in Italia, ma molto molto molto di più. Anfield Road resta un mito, non immaginate quanti turisti c’erano a vedere la partita, ma vedere un Napoli-Roma ti emoziona maggiormente. Un’esperienza da fare comunque, assolutamente. Del resto…they’ll never walk alone.

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