Tar Sands: sabbie bituminose in Congo

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Ritorniamo a parlare di ambiente!

L’autore dell’articolo di oggi è Luca Manes, giornalista pubblicista e responsabile della comunicazione della CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale).
La Campagna lavora per una democratizzazione e una profonda riforma ambientale e sociale delle istituzioni finanziarie internazionali che rimangono i principali responsabili dell’iniquo processo di globalizzazione che viviamo.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il loro sito.
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Un rapporto redatto dalla  Fondazione Heinrich Boell –al quale ha dato il suo contributo la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale- svela i controversi interessi dell’Eni nella Repubblica del Congo, soffermandosi in particolare sulla delicata questione dello sfruttamento delle sabbie bituminose.

Presente nel Paese dalla fine degli anni Sessanta, attualmente in Congo l’Eni sta pianificando un investimento multimiliardario su diversi fronti. Nel maggio del 2008, la compagnia del cane a sei zampe ha siglato un accordo “ombrello” – non reso pubblico per la clausola di confidenzialità – con l’esecutivo del Congo per un investimento di 3 miliardi di dollari nel periodo 2008-2012. L’ intesa, oltre a riguardare l’esplorazione delle sabbie bituminose, copre anche la produzione di olio di palma per alimentazione e biocombustibili e la costruzione di un impianto a gas da 350/400 megawatt.

Le sabbie bituminose e i biocombustibili sono due aree di investimento che suscitano molte perplessità. Numerose sono le organizzazioni della società civile internazionale e della comunità scientifica che mettono in dubbio l’efficacia delle due risorse, soprattutto a causa dei loro devastanti impatti sociali e ambientali e per le elevate emissioni di gas serra ad essi riconducibili. La produzione di un barile di sabbie bituminose rilascia nell’atmosfera dalle tre alle cinque volte più gas nocivi della quantità derivata dall’estrazione di petrolio convenzionale, oltre a causare livelli di inquinamento delle acque e della terra molto ingenti. L’unico Paese al mondo dove è attualmente in atto lo sfruttamento del tar sands è il Canada, nella regione dell’Alberta, dove il deterioramento ambientale è ormai in una fase critica. L’area interessata dalla attività dell’Eni in Congo si estende per 1.790 chilometri quadrati e dovrebbe portare alla produzione di 2,5 miliardi di barili di greggio, con altri 500 milioni possibili.

congo

La minaccia che lo sviluppo delle sabbie bituminose in Congo possa causare danni ambientali e sociali irrimediabili è seria e concreta: il rapporto pone l’accento sul fatto che la maggior parte del territorio incluso nella licenza è coperto da foresta tropicale primaria, mentre il rimanente è popolato da comunità locali di produttori agricoli su piccola scala. Inoltre, la seconda città del Paese, Pointe Noire, si trova a soli 70 chilometri dal luogo dove l’Eni sta attualmente effettuando le prime esplorazioni. Sebbene l’Eni abbia dichiarato che cercherà di “minimizzare gli impatti ambientali e di studiare le tecniche più appropriate di conservazione e recupero”, al momento sembra difficile pensare a una maniera sostenibile di sfruttamento delle sabbie bituminose. Le stesse comunità locali congolesi sono preoccupate per la mancanza di consultazioni, non solo per in merito alle sabbie bituminose, ma anche per lo sfruttamento petrolifero. Nel giacimento di M’Boundi, gestito proprio dall’Eni, la compagnia continua la pratica  del gas flaring, che consiste nel bruciare a cielo aperto gas naturale collegato all’estrazione del greggio, fonte di piogge acide e considerato una delle cause principali dell’effetto serra. I piani dell’Eni di trasformare questo gas in energia elettrica potrebbero essere i benvenuti, ma solo se i cittadini congolesi – per il 70% senza accesso all’energia – potranno beneficiarne, e se gli stessi saranno messi a conoscenza nel dettaglio delle politiche ambientali e sui diritti umani della multinazionale petrolifera.

Tar Sands
Tar Sands

Nonostante sia il quinto esportatore africano di petrolio, il Congo è uno dei Paesi più poveri del pianeta. Lì come in molti altri Paesi del Sud l’oro nero non ha portato benessere, eppure incide per il 90 per cento sugli introiti derivanti dall’export, per un totale che nel 2008 si è attestato intorno ai 4,4 miliardi di dollari. Il 70 per cento dei tre milioni di abitanti della Repubblica del Congo vive sotto la soglia della povertà. Si stima che solo un quarto della popolazione abbia accesso all’energia elettrica. Come se non bastasse, il Paese non ha adeguate normative ambientali né la capacità di metterle in atto. Nelle elezioni dello scorso luglio è stato confermato Presidente con circa il 78 per cento dei voti Denis Sassou Nguesso, ritornato in carica nel 1997 con un colpo di stato e che a parte qualche breve interruzione governa da quasi trent’anni. In realtà la tornata elettorale è stata pesantemente boicottata da tutti i partiti di opposizione, che lamentano la profonda mancanza di democrazia nel Paese. Come se non bastasse, nel 2007 la Ong Global Witness ha pubblicato sul suo sito web le prove che il figlio del presidente della Repubblica, capo della divisione marketing della compagnia petrolifera nazionale, aveva pagato dei beni di lusso impiegando dei conti offshore sui quali venivano trasferiti i proventi della vendita del petrolio.

La partita delle sabbie bituminose rischia di complicare ancora di più un contesto già molto complesso.

3 pensieri su “Tar Sands: sabbie bituminose in Congo

    • Già, lo sconforto è tanto.
      Le grandi multinazionali mondiali sfruttano le ricchezze (che sono tante…) dei territori del terzo mondo fino alle ossa, lasciando loro meno di zero, anzi un territorio ancor più devastato da quanto lo era in precedenza.

      Complimenti allo scrittore, e complimenti alla blog-zine che permette la stesura di questi articoli sull’ambiente, davvero molto interessanti.

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