La legione dei pacifinti.

La guerra in Libia sembra aver smosso le coscienze di tutti. È incredibile come ci siamo svegliati da un giorno all’altro pervasi da questa voglia di Pace sincera, dal desiderio che il conflitto si risolva subito, dal pensiero che la guerra è sempre ingiusta, sbagliata, “senza se e senza ma”.

Parole, chiacchiere, emozioni deboli vendute sul social network di fiducia, come se si stesse parlando di qualcosa di semplice, di stupido. Gli status sulla Pace abbondano, e tutti quelli che fino a venerdì sera erano impegnati a seguire gli eventi per il weekend, la discoteca o la trasmissione televisiva, pronti a diventare fan di questa o di quella pagina da ridere (simpatiche, per carità), si svegliano con la guerra a due passi e diventano tutti pacifisti. “Viva la pace”, “la guerra è sbagliata”, “stiamo facendo un’altra crociata per il petrolio” e così via.

Insomma, fino a una settimana fa tutti a incavolarsi (giustamente) con il dittatore pazzo Gheddafi perché ammazzava la sua stessa gente e ora che finalmente – con un ritardo mostruoso e colpevole, bisogna ribadirlo – l’Occidente si muove per fare qualcosa, tutti si lamentano dell’attacco. Ma signori, come lo vogliamo cacciare un leader completamente fuori di testa che uccide la sua stessa gente? Gli spediamo una scatola di cioccolatini? Davvero vi aspettavate che tutto si potesse risolvere con belle parole e con la diplomazia? Ma in che mondo vivete? Perché secondo voi l’occidente “salvatore” si è mosso per la Libia, se non per ragioni economiche? Lo scopriamo oggi, o è una cosa che già sapevamo da tempo?

E allora smettiamola con tutta quest’ipocrisia al contrario, smettiamola di muoverci solo per le mode del momento, smettiamola di trattare queste questioni con una leggerezza e una stupidità che affossano la nostra dignità umana. Siamo gente che ha il culo al caldo davanti a un PC, questo siamo. E questo modo di fare è una delle mode più becere e negative che abbiano portato i social network. Lo volete sapere in che mondo vivete?

Ve lo spieghiamo subito. Vivete in un mondo in cui ci sono attualmente cinquantuno stati coinvolti in conflitti di qualche tipo, più una miriade infinita di forze separatiste, cartelli della droga, terroristi, milizie tribali che si combattono ogni giorno, si scannano, si ammazzano. Alcuni di questi conflitti vanno avanti da trenta, quaranta, cinquant’anni. Questo è il mondo in cui viviamo. Allora se vogliamo riempirci la bocca della parola Pace, se vogliamo fare i pacifisti, gridiamolo ogni giorno lo sdegno nei confronti delle guerre, anche quelle più sperdute, quelle di cui non importa niente a nessuno. Non trasformiamo l’orrore della guerra in una moda passeggera. Abbiamo già dimenticato l’Iraq, l’Afghanistan, eppure anche lì le nostre truppe sono impegnate, i nostri soldati muoiono, e davvero noi non c’entriamo un cavolo.

Non ci sconvolgiamo troppo di fronte alla “incredibile” rivelazione che ogni guerra sia fatta per interessi economici. State tranquilli che non c’è un solo proiettile al mondo che venga sparato e che possa fregiarsi dell’aggettivo “umanitario”. Non esistono conflitti umanitari, è un ossimoro, è una negazione intrinseca. Il conflitto, la guerra, è sempre uguale. È un dramma, è un accadimento in cui muoiono le persone, è una delle più becere invenzioni dell’animo umano. Questo è la guerra, questo è ogni guerra.

E allora mettiamoci un po’ tutti una bella mano sulla coscienza, risfoderiamo le bandiere della Pace, usiamole sempre, ogni giorno della nostra vita, per tutte le persone che ogni giorno combattono sul nostro pianeta, anche quelle nello staterello che non ha né gas e né petrolio, lo staterello sfortunato del centro-Africa che non vedrà mai le forze occidentali portare loro umanità e salvezza, non vedrà mai gli Usa scaricare centodieci missili di potenza militare che ha urgenza di esprimersi in pochi istanti per risolvere un conflitto. E quando si tratterà di votare i nostri rappresentanti politici, di decidere chi deve governare e rappresentarci, pensiamoci dieci volte prima di mandare al governo gente che bacia le mani che si sporcano di sangue in questi giorni. Facciamo i pacifisti anche quando accadono queste cose, quando i dittatori li accogliamo a braccia aperte, per poi ritrovarci nell’imbarazzante condizione di non poter prendere una decisione netta, perché chissà quali accordi e macchinazioni sono stati fatti in precedenza. Mandiamo a casa la gente che continua a tenere i soldati in Iraq e Afghanistan, mandiamo a casa chiunque dica di sì a una sola singola guerra, chiunque non si voglia battere ogni giorno per il piccolo staterello del centro-Africa, e non solo per il pozzo di petrolio mediorientale.

Questo significa essere pacifisti sempre, e non soltanto con un “mi piace” su Facebook.

Smettiamola di trattare la guerra e la Pace come due mode del momento. La Pace è una cosa seria, molto seria. Cerchiamo di mantenere almeno un minimo di rispetto e di dignità umana, noi che la Pace ce l’abbiamo garantita solo per fortuna di nascita.

In questo sito trovate un aggiornamento di tutti i conflitti attualmente presenti sul nostro pianeta: Guerre nel Mondo.

Questo invece è il sito di Emergency, che si occupa di tutte le situazioni terribili che accadono nelle guerre di tutto il mondo.

 

Roberto Saviano a Firenze presenta “Vieni via con me”

Il pomeriggio di mercoledì 16 marzo ero a casa quando, in una pausa dallo studio, mi sono ricordato che quella sera Roberto Saviano sarebbe stato a Firenze per presentare il suo ultimo libro “Vieni via con me”.  Incuriosito, non ci ho pensato due volte: ho preso la macchina e mi sono avviato. La presentazione era organizzata alla libreria Feltrinelli di Via de’Cerretani, alle ore 21. Appena arrivato, accanto a Piazza Duomo intorno alle 20, ho subito notato una fila infinita di persone in coda e il piacevole suono di “Redemption Song” di Bob Marley in sottofondo. Mi sono avvicinato e, parlando con un gruppo di ragazzi, questi mi hanno raccontato che qualcuno era lì dalle 18 e che la fila alle loro spalle era di 500 persone, anche se a dire il vero a occhio nudo ne contavo almeno il doppio.

Ho notato subito due particolari. Il primo era il fatto che c’erano davvero tantissimi giovani, più di quanti potessi immaginare, i quali componevano indubbiamente la parte più sostanziosa delle persone presenti, il secondo che tanti spettatori non erano accompagnati, si erano recati in libreria da soli. Vi sembrerà una banalità, ma nella mia testa questo significava qualcosa. Ho pensato che tante di quelle persone erano lì perché vedevano in Saviano non soltanto un giovane e coraggioso scrittore ma anche un modello, per alcuni addirittura una speranza. Appena è arrivato, come al solito circondato una mezza dozzina di guardie del corpo, la folla lo ha accolto con un grande, lunghissimo applauso. Quando ho visto intorno a me illuminarsi e brillare gli occhi di tante persone che lo osservavano quasi impietrite, ho capito che le mie sensazioni non erano sbagliate. Non ero tra le 300 persone che lo attendevano nella libreria, dato che costoro erano lì da almeno 3 ore, ma mi sono dovuto accontentare di un posto, in mezzo alla strada, davanti al maxischermo appositamente predisposto dal Comune, insieme a circa altre 3000 persone. Saviano  ha raccontato come tornare in libreria a presentare il suo libro sia stata la prima condizione posta all’editore per pubblicare “Vieni via con me”.  Questo perché, “la libreria è un luogo di approfondimento e riflessione che terrorizza il potere”. La camorra non ha paura di me e delle mie parole, ma di chi mi legge, perchè con i lettori la parola diventa azione” Saviano, poi, ha speso due parole sulla differenza tra delegittimare e criticare. Parlando della critica ha sottolineato come questa sia l’elemento fondante della democrazia e del confronto, mentre soffermandosi sulla delegittimazione ha affermato che questa non significa altro che dire: ”siamo tutti uguali, tutti la stessa schifezza”. Del resto, la libreria è il luogo dove le parole, le storie, i racconti si diffondono e vengono conosciuti, per poi trasmettersi tra i lettori. Mai sono state pronunciate parole più vere di quelle dell’autore, quando ha detto:  “La camorra non ha paura di me, ha paura di chi mi legge, questo fa paura ai potenti”. Saviano ha ricordato di essere stato qui a Firenze 5 anni fa, nel  maggio 2006, per presentare Gomorra e, senza nascondere una risata, ha raccontato che quella volta c’erano soltanto 3 persone ad ascoltarlo… Mercoledì ce n’erano 3000. Le parole di Saviano sono state particolarmente forti e apprezzate quando, proprio a proposito di delegittimazione, ha ricordato alcune persone distrutte, secondo l’autore, da quella che egli stesso ha definito la “macchina del fango” come le figure di Pippo Fava, padre Puglisi, don Peppe Piana, Giancarlo Siani e Giovanni Falcone.

Ma ciò che più di ogni altra cosa ha colpito la mia attenzione è stata la frase con la quale si è congedato, per poi andare a firmare le copie del suo libro all’inverosimile numero di fan che erano lì con la loro copia personale in mano. Infatti, prima di perdersi tra le note di “Vieni via con me” di Paolo Conte, Saviano ha chiuso il suo intervento citando una frase di un autore americano, “se lo puoi sognare, lo puoi realizzare…”, omettendo volontariamente chi fosse l’autore, quasi invitando il pubblico a scoprirlo non appena ritornati a casa. Ogni spettatore, come me del resto, ascoltando quella frase avrà immaginato qualcosa di diverso, qualcosa di strettamente personale. Sono altrettanto certo, però,  che tutti quelli che appena tornati a casa hanno scoperto che quella frase è stata detta da Walt Disney, avranno accennato un sorriso e, soprattutto, avranno apprezzato immensamente quella volontaria omissione.

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