Il grande traditore (a detta dei tifosi)

Sabato alle ore 20.45 si gioca il derby di Milano. Milan contro Inter, per un match che può valere una stagione visto che le due squadre sono separate solamente da due punti in classifica. Ogni stracittadina è bella, perchè in quel momento che i tifosi tirano fuori il meglio (ed a volte purtroppo il peggio) di loro, con la tagliente ironia che solo un derby è in grado di generare. Le coreografie sono un “cult” in partite del genere, con degli sfottò che a volte sono veramente da applausi, ma che rimangono segretissime fino a qualche minuto prima. Un giornale sportivo (“Tuttosport”) ha però anticipato quella che dovrebbe essere la coreografia della curva Sud, quella degli ultrà milanisti, e che ci porta al nocciolo della questione. La suddetta coreografia dovrebbe avere proprio il tradimento di Leonardo come tema principale, verosimilmente si andrà più sull’ironia che sull’insulto (ma non sono escluse iniziative personali più pesanti) andando a toccare il “cuore” , organo molto spesso citato dall’allenatore per spiegare partite e atteggiamento in campo.

Ora, sul fatto che Leonardo abbia fatto bene o meno ad andare all’Inter se ne è parlato tantissimo. Personalmente non lo ritengo certo “colpevole”, visto che nel calcio si parla comunque di squadre-azienda (non credo che se uno passi dalla Toyota alla Honda venga etichettato come “traditore”) e soprattutto non ha infranto promesse e cose del genere, ma è comprensibile la rabbia del popolo rossonero. La cosa però ci fornisce un interessante spunto per parlare di quelli che sono considerati i grandi “traditori” del mondo pallonaro.

Lionello Manfredonia

Il popolare giornale spagnolo “Marca” ha pubblicato tempo fa una lista con i venti più grandi “tradimenti”, piazzando al primo posto Luis Figo, trasferitosi dal Barcellona al Real Madrid, ed accolto con lancio di oggetti (fra cui una testa mozzata di maiale) al suo ritorno da avversario al “Camp Nou”. C’è al secondo posto Roberto Baggio, per un “passaggio” che i tifosi fiorentini non dimenticheranno mai: dalla squadra gigliata all’odiatissima Juventus. Ce ne sono tanti altri, come Sol Campbell (dal Tottenham all’Arsenal), Romario (dal Flamengo al Fluminense) e Hugo Sanchez (dall’Atletico al Real, a Madrid ovviamente). Del nostro calcio ci sono altri due giocatori in classifica, ovvero Serena e Tardelli, ma mancano alcuni dei più recenti.

Senza scomodare Lionello Manfredonia, che causò addirittura una spaccatura nella curva della Roma e la formazione del G.A.M. (Gruppo Anti-Manfredonia) per il suo passato laziale, si possono citare i vari cambiamenti di sponda sempre in quel di Milano (Ibra e Ronaldo, mai perdonati dai nerazzurri). Ma ogni squadra ha il suo ex mai dimenticato e per questo mal digerito con un’altra casacca. Ci sarà sempre qualcuno accolto malissimo al suo ritorno allo stadio che lo ha consacrato, che verrà chiamato “ingrato”, “traditore” (ovviamente usando solo parole non volgari, eheh). Accadrà sempre. Parliamo però di una questione comunque interessante. Quindi dite la vostra: qual’è stato per voi il più grande “tradimento calcistico” della storia?

 

Immigrati: lo show

Bloccata dall’incapacità di risolvere il problema dell’immigrazione, la rappresentanza del Governo che nei giorni scorsi hanno fatto tante chiacchiere e pochi fatti si è recata oggi in quel di Lampedusa, guidata dall’Impreatore Maximo B in persona.

È stato un vero e proprio show, uno di quelli a cui ci ha abituato il miracolato e miracoloso Silvio negli scorsi anni. E così come per il problema dei rifiuti a Napoli (ancora oggi irrisolto), il copione si ripete, con l’annuncio della soluzione del problema nel giro di 48-60 ore, insieme a tutta una serie di butade pubblicitarie degne del peggior venditore di materassi in TV. Il Premier è arrivato a Lampedusa per fare quello che sa fare meglio, propaganda elettorale. D’altronde i risultati degli scorsi anni gli hanno sempre dato ragione, non ha senso cambiare il copione. E così vengono fatte le solite promesse, un piano per ri-valorizzare Lampedusa dal punto di vista turistico, sgravi fiscali (questi non mancano mai), per finire con l’annuncio della casa acquistata su Internet in nottata dal Premier in persona, cosicché possa sentirsi anche lui un “lampedusano”. Addirittura ha parlato di “premio Nobel per la pace a Lampedusa”. Incommentabile.

E gli immigrati? E i problemi di questi giorni? Quali sono le soluzioni? Chi lo sa. Vengono date indicazioni poco precise, basate soprattutto sulla strategia del rimpatrio forzato (“fora da i’ bal”, come dice Bossi) e di accordi con il nuovo governo tunisino per riaccettare in patria i clandestini fuggiti. Insomma, la strategia del nostro Governo, che finora è stata assolutamente fallace e  poco risolutiva sotto tutti i fronti, con l’Italia che insiste per essere aiutata dall’Europa, che annuncia la collaborazione di tutte le regioni italiane per aiutare l’isola di Lampedusa (finora solo la Puglia ha accolto circa mille profughi), che propone soluzioni aleatorie, si trova ad un punto morto. Senza considerare le condizioni in cui risiedono i poveri cittadini lampedusani, abbandonati al loro destino, con un’isola che non può sostenere gli arrivi di migliaia di profughi senza un’opportuno “scambio” con altri centri, magari in tutta Italia, e che si ritrovano oggi il Premier tirato a lucido che fa promesse su promesse, ma che non propone alcun fatto concreto, se non un ipotetico rimpatrio a breve di parte degli immigrati. E ora c’hanno pure un abitante in più, l’Imperatore Maximo in persona (amara ironia).

E non dimentichiamo i poveri migranti, clandestini, profughi, gente che ha sfidato il mare, che ha investito i risparmi di una vita per fuggire da una realtà che non vuole vivere, madri incinte, ragazzi di vent’anni che vogliono un futuro in una nazione libera, che si ritrovano in condizioni disumane in un centro d’accoglienza che è pieno ormai oltre cinque volte la sua capienza. È questo il massimo che l’Italia può fare? L’Italia, quello stesso popolo che subito dopo la seconda guerra mondiale emigrò in massa in tutto il mondo, quello stesso Paese che si è trovato con quattro milioni dei suoi abitanti imbarcati con l’iconica valigia di cartone legata con lo spago, nascosti nelle navi, diretti a Libery Island negli USA, alla ricerca di un futuro, di una possibilità, trattati come capi di bestiame. Cosa abbiamo imparato da questa lezione del passato? Assolutamente nulla, stiamo trattando delle persone, degli uomini e delle donne come un fastidio, qualcosa che sta invadendo e “sporcando” la nostra penisola. Nel 2011 ancora non siamo in grado di fare una politica atta all’integrazione, ad una società multiculturale, moderna, figlia di questo mondo che sta cambiando, che è già cambiato. Senza contare che tanti di questi profughi che arrivano in Italia lo fanno solo di passaggio, le loro mete sono altre, la Francia, la Germania e il resto d’Europa. Evidentemente anche loro lo sanno che qua da noi non è che si stia così tanto bene se cerchi di cambiare la tua vita e fuggire da una situazione opprimente.

È un problema complesso, che va analizzato sotto tanti punti di vista, senza sottovalutare il fattore del rischio criminalità, ma anche lo sfruttamento del mercato dell’emigrazione da parte di chissà quali organizzazioni criminali che mettono delle persone su delle bagnarole per migliaia di euro, senza garantire nulla. Se ti va bene, sarai trattato come una bestia, e verrai forse addirittura rimandato indietro. Questa è l’unica garanzia. Eppure queste persone ci provano lo stesso.

Questo dovrebbe farci capire quanto hanno bisogno di andare via dalle loro nazioni.

I problemi non si risolvono con le chiacchiere ed i proclami. Non facciamoci abbindolare.

E nel frattempo oggi a Roma si discute sul processo breve. Come dire, facciamo casino da un’altra parte, cosicché si distolga l’attenzione. Benvenuti in Italia.

Polso di Puma – The University Deception

Anni spesi a inseguire un obiettivo, giornate trascorse a immagazzinare con rigore metodico date, nomi e formule, pomeriggi in cui un raggio di sole che batte sul bianco della scrivania e sui caratteri della pagina invita a una diserzione che non è altro che inseguire la vita.

Tanti di noi hanno dedicato agli studi universitari una parte importante della loro giovinezza, compressi da un sistema che ci ha rubato tempo e spazio, impedendoci spesso di guadagnare in libertà e apertura di pensiero. Quante lezioni nozionistiche e ripetitive abbiamo dovuto seguire per ottenere le parole che cercavamo, quelle che contavano, dalla bocca di un professore illuminato, però quanto ci hanno regalato quelle parole!

L’Università resta (perfino l’Università italiana) una formidabile palestra, ci fa crescere come cittadini, forma il carattere, oltre che le competenze professionali, accresce la consapevolezza di sé.

In un Paese in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 30% (dati ISTAT 2011), l’età media dei laureati specialistici è di 28 anni (dati Almalaurea 2011), circa 2-3 anni in più della media degli altri paesi europei. Quegli anni in più, quel tempo sprecato, è il tempo del nozionismo, dei pomeriggi passati a ripetere ciò che dopo non servirà più, ciò che non migliora la nostra formazione (e forse neanche la nostra memoria a breve termine).

Quei 2-3 anni in più ci rendono più stanchi e più lenti dei nostri colleghi europei, ci rendono meno pronti a cogliere le (rare) opportunità che si presentano.

In un mondo del lavoro paralizzato, e schiavo di clientele e raccomandazioni, i 2 anni persi sono il primo dazio pagato… Ne seguiranno altri: la lentezza a inserirsi, il salario più basso rispetto alla media europea, la minore possibilità di cambiare impiego.

Anni fa si cercò di ovviare a questo gap tutto italiano introducendo il sistema del “3+2”, con una laurea di primo livello e una laurea di secondo, in grado – almeno in teoria – di creare i presupposti per abbreviare il percorso formativo e inserire più velocemente i giovani nel sistema produttivo del Paese.

Cosa resta oggi di quel progetto?

Giovani che terminano il primo ciclo universitario a 23-24 anni, con lauree dai nomi spesso fantasiosi e dalla spendibilità lavorativa il più delle volte nulla. La parcellizzazione degli insegnamenti ha alimentato l’ego ipertrofico di rettori e professori, frantumando di fatto la struttura dei corsi universitari. Non ci è stata risparmiata una sola briciola di nozionismo (semplicemente suddiviso tra i due livelli), non è stato stimolato il pensiero logico, non è stata incentivata realmente la formazione sul campo, è solo cresciuto in modo irrazionale il numero degli esami da affrontare.

In una situazione così complessa si inseriscono le risposte della Politica: un ministro del Welfare che alcuni mesi fa dichiara che i giovani devono essere più umili e accettare qualsiasi tipo di lavoro per far fronte alla crisi. Parole pleonastiche, dato che da anni molti giovani si sobbarcano fatiche che non hanno niente in comune con ciò che hanno studiato per anni.

Chi è pronto, in politica, ad assumersi la responsabilità di una riforma (quella del 3+2) che ha compromesso il destino lavorativo di molti studenti?

Chi è pronto, nei vertici del mondo universitario, ad assumersi le responsabilità di aver spacciato agli studenti prospettive di lavoro fasulle ben nascoste dietro corsi di laurea dai nomi altisonanti?

Chi è pronto, tra ricercatori e professori, a diventare consapevole del grandissimo potenziale umano e sociale del proprio ruolo, rimettendo al centro lo studente e la sua formazione?

E noi… Noi saremo pronti, quando verrà il nostro turno di operare nelle stanze dei bottoni, a non dimenticare ciò a cui pensavamo nei lunghi pomeriggi da reclusi, illuminati dal sole primaverile, e ciò per cui ci battevamo quando affollavamo le aule della nostra amata/odiata Università?

gli articoli della rubrica polsodipuma sono presenti anche su www.polsodipuma.blogspot.com

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